Dall’autrice di “Niente lacrime per la signorina Olga” (che è stata anche la prima presentatrice della Rai) un nuovo giallo che ci porta nella Milano borghese e aristocratica – Su ilLibraio.it un estratto

Torna in libreria per Salani Elda Lanza con La bambina che non sapeva piangere: nel suo ultimo romanzo, la giornalista e scrittrice, famosa, tra l’altro, per essere stata la prima presentatrice della Rai, ci riporta nella Milano borghese e aristocratica, che fa da scenario alla sua prima opera, Niente lacrime per la signorina Olga. Max Gilardi viene contattato da un amico di famiglia, Giancarlo Rinaldi, perché si occupi di un caso che agli occhi dei media è già abbondantemente risolto. Si tratta di Gilla Floris, la madre della figlia di Rinaldi, accusata di aver ucciso il barone suo padre (che non vedeva da vent’anni), sparandogli tre volte nel giorno del loro ricongiungimento. Gilla è in una sorta di coma vegetativo dal momento dell’omicidio: è stata trovata urlante, abbracciata al cadavere insanguinato del padre e da quel giorno non guarda, non parla, non reagisce agli stimoli.

lanza

Per gentile concessione di Salani, su ilLibraio.it un estratto del romanzo:

Prologo

Prese l’iPhone e scrisse: ‘Amore…’ E non era per Paola.
Mentre girava la chiave nella serratura guardò l’ora: mezzanotte e quarantacinque minuti. Non lo sorprese quindi il buio che lo accolse, né il totale silenzio. Evidentemente Paola e i bambini erano già a letto e dormivano.

Accese la luce in soggiorno e lo stupì l’ordine inconsueto, come se mancasse qualcosa. Passò in cucina. Sulla porta che conduceva alle stanze di servizio apparve Liciuzza, avvolta in una vestaglia di spugna rosa, certo un regalo di Paola.
«È tornato, signor avvocato?»
«Direi di sì. Dormono tutti?»
Con un gesto impaziente Liciuzza si avvicinò all’acquaio.
«Lo beve un caffè?»
«Sì, grazie».
«Ma lei gli occhi dove li tiene, avvocato?»
«Traduci».
«Non si è accorto di niente? Paola ha traslocato».
«Traslocato, dove?»
«Be’, a casa dell’avvocato suo padre. Sono andati a stare lì… Ma che, non lo sapeva?»
«No! E quando sarebbe successo?»
«Al trasloco è un po’ che ci lavora, la conosce pure lei. Quando si mette una cosa in testa, è quella. Se lo ricorda il suo studio?»
«Allora?» Prese la tazzina del caffè e l’avvicinò al naso, aspirando: quel profumo almeno non era cambiato. «Allora?»
«Lì è diventato lo studio della signora Paola, che dorme nella sua stanza, se la ricorda? Ci hanno fatto una scaletta verso quello che era il solaio… Mi posso permettere, signor avvocato? Posso?» Gli stava mostrando un’altra tazzina di caffè che aveva versato per sé.
«Certo, sì… E tutto questo quando è successo? Io sono stato via una quindicina di giorni».
«Un po’ per volta, le ha dato una mano quel vostro amico architetto. Dove c’era il solaio ora ci sono le camere dei bimbi e di Anja, bagni, sala gioco… Vedesse, ’na bellezza. Hanno messo i giochi pure in giardino, non si riconosce. Tutta la parte che era dell’avvocato suo padre è rimasta tale e quale, nessun cambiamento, per non strambularlo, povero lui… Ma Domenica e Giocondo si sposano… Sono tutti pazzi, dico io».
«E la ragione di questo trasloco?» Si pentì della domanda. Che ne poteva sapere Liciuzza?
Invece lei rispose, seria: «Aveva paura della terrazza». Ritirò le tazzine e le appoggiò nell’acquaio. «Non ci poteva pensare prima, se aveva paura della terrazza, benedetta figliola?»
«Grazie del caffè, domattina vado a sentire. Tornatene a letto, va’…»
«Una cosa: e noi?»
«Ci pensiamo domani, buonanotte Liciuzza. Non ti preoccupare».
«Non mi preoccupo, no. Io non mi preoccupo, se resto con lei».

Quando Max Gilardi si infilò sotto le coperte allungò un braccio verso la parte vuota del letto e sorrise. Erano sposati da sette anni: è così che succede?
Prese l’iPhone e scrisse: ‘Amore…’ E non era per Paola.

(continua in libreria)

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