Il nuovo thriller psicologico di Ruth Ware, “Il gioco bugiardo”, è fatto di segreti sepolti nel tempo che tornano a galla per regolare i conti lasciati in sospeso, rimettendo in contatto quattro amiche che non si vedono da anni… – Su ilLibraio.it un capitolo

Sono passati diciassette anni da quando Isa viveva a Salten, in un tempo lontano che tutt’oggi getta un’ombra sulla sua vita. Quando riceve un messaggio nel cuore della notte e un cadavere viene ritrovato sulla spiaggia, Isa non può non tornare indietro, prendere la figlia con sé e andare a Salten, dove aveva trascorso gli anni del liceo con le sue migliori amiche, che non ha più visto da quando, molto tempo prima, tutte e quattro giocavano insieme al gioco delle bugie: la vincitrice era colei che fosse riuscita a inventare la storia più assurda possibile, e a farla credere a tutti gli altri.

Autrice de L’invito e La donna della cabina numero 10, Ruth Ware è la scrittrice britannica che, con Il gioco bugiardo (Corbaccio, traduzione di V. Perna e S. Puggioni), propone un nuovo thriller psicologico, fatto di verità che vengono a galla dopo essere state seppellite dal tempo e amicizie tradite.

Ware - Il gioco bugiardo

Per gentile concessione dell’editore, su ilLibraio.it pubblichiam un capitolo del libro:

Il Reach è remoto e silenzioso, stamattina, il cielo azzurro è solcato da nuvole con la pancia screziata di rosa, il mare poco profondo si frange indistinto nella lieve brezza, e così i latrati del cane squarciano il silenzio come spari, disturbando stormi di gabbiani che vorticano nell’aria lanciando strida acute.

Pivieri e rondini di mare si alzano in volo mentre il cane salta gioioso lungo l’argine, scorrazzando sulla riva del fiume dove le dune irte di erbe spinose lasciano il posto al fango da cui spuntano i canneti, e l’acqua esita tra il dolce e il salato.

In lontananza il Tide Mill si erge come una sentinella, nero e malconcio contro la fredda calma del cielo mattutino, l’unica struttura che reca la mano dell’uomo in un paesaggio che si sgretola lentamente arrendendosi alla forza del mare.

«Bob!» La voce della donna si alza sopra le salve di latrati mentre ansima cercando di star dietro al cane. «Bob, peste che non sei altro. Lascia. Lascia, ti dico. Che cos’hai trovato?»

Quando è più vicina il cane strattona ancora l’oggetto che spunta dal fango, cercando di tirarlo fuori.

«Bob, bestiaccia schifosa, sei tutto infangato. Lascialo andare. Oddio, non sarà mica un’altra pecora morta, eh?»

Con un ultimo, eroico strattone il cane barcolla all’indietro lungo la riva, tenendo in bocca qualcosa. Trionfante, risale
l’argine di corsa per deporre l’oggetto ai piedi della padrona.

Mentre lei se ne sta lì senza parole, con il cane che ansima ai suoi piedi, il silenzio, come la marea, torna nella baia.

Regola numero uno

Racconta una bugia

Il suono è quello di un SMS in arrivo, un sommesso bip bip nella notte che non sveglia Owen, e non avrebbe svegliato me se non fosse che ero già sveglia, sdraiata a fissare il buio, con la piccola attaccata al seno che succhia senza troppa convinzione.

Rimango lì a pensare al messaggio, chiedendomi chi potrebbe essere. Chi scriverebbe a un’ora del genere? Nessuno dei miei amici è sveglio… a meno che non sia Milly entrata in travaglio… oddio, non può essere Milly, vero? Avevo promesso di prendere Noah se i genitori di Milly non ce l’avessero fatta ad arrivare in tempo dal Devon per occuparsene, ma non avevo creduto davvero che…

Dalla posizione in cui sono non riesco a raggiungere il telefono, così alla fine stacco Freya mettendole un dito in bocca e la giro sulla schiena, sazia di latte, gli occhi che si rovesciano all’indietro come se fosse stordita. La guardo per un momento, con la mano appoggiata al suo corpicino compatto, sentendole pulsare il cuore nella piccola gabbia toracica, poi mi giro per controllare il telefono, con il battito cardiaco lievemente accelerato come in una debole eco di quello di mia figlia.

Mentre inserisco il PIN strizzando gli occhi per la luminosità dello schermo, mi dico di non essere sciocca: a Milly mancano quattro settimane al termine, probabilmente è spam, HAI MAI PENSATO DI CHIEDERE UN RIMBORSO DELLA POLIZZA ABBINATA AL TUO FINANZIAMENTO?

Ma quando sblocco il telefono, non è Milly. E l’SMS è di sole quattro parole.

HO BISOGNO DI VOI.

Sono le tre e mezzo del mattino e io sono sveglissima. Cammino avanti e indietro sul pavimento freddo della cucina e mi mordicchio le unghie nel tentativo di soffocare la voglia di una sigaretta. Non fumo da quasi dieci anni, ma il desiderio di una sigaretta torna di soppiatto nei momenti di stress e paura.

HO BISOGNO DI VOI.

Non è necessario chiedere che cosa significa… perché lo so, proprio come so chi me l’ha mandato, anche se viene da un numero che non riconosco.

Kate.

Kate Atagon.

Basta il suono del suo nome perché ne avverta la presenza vivida come se fosse lì davanti a me: il profumo del suo sapone, le lentiggini sul naso, una spruzzata di cannella sulla carnagione olivastra. Kate. Fatima. Thea. E io.

Chiudo gli occhi e le rievoco tutte quante, con il telefono ancora tiepido in tasca, in attesa che arrivino i messaggi.

Fatima starà dormendo accanto ad Ali, rannicchiata contro la sua schiena. La sua risposta arriverà verso le sei, l’ora in cui si alza per preparare la colazione a Nadia e Samir, per poi portarli a scuola.

Thea… Thea è più difficile da immaginare. Se lavora di notte sarà al casinò, dove allo staff è proibito tenere il cellulare, che rimane chiuso nell’armadietto fino alla fine del turno. Staccherà alle otto del mattino. Poi berrà qualcosa con le altre ragazze e mi risponderà, elettrizzata da una notte passata con i clienti a raccogliere puntate, tenendo d’occhio i bari e i giocatori di professione.

E Kate. Kate dev’essere sveglia… mi ha scritto l’SMS, no? Sarà seduta al tavolo di lavoro del padre – che ora suppongo sia il suo – accanto alla finestra che dà sul Reach, con l’acqua che diventa grigio chiaro nella luce che precede l’alba, riflettendo le nuvole e la grossa sagoma scura del Tide Mill. Starà fumando, come sempre. Avrà lo sguardo puntato sulle onde, sul loro frangersi incessante, una visione che non cambia mai eppure non è mai la stessa… esattamente come Kate.

Avrà i lunghi capelli tirati indietro a rivelare le ossa sottili e le rughe che trentadue anni di vento e mare le hanno ricamato agli angoli degli occhi. Avrà le dita macchiate di pittura a olio, penetrata sotto le unghie e radicata nelle cuticole, e i suoi occhi saranno del blu ardesia più scuro, profondo e insondabile. Starà aspettando la nostra risposta. Ma sa già cosa diremo, cosa abbiamo sempre detto tutte le volte che abbiamo ricevuto quel messaggio, quelle quattro parole.

Arrivo.

Arrivo.

Arrivo.

(Continua in libreria…)

Abbiamo parlato di...