Tra i vicoli di Gaza. colpita dalle bombe, un uomo continua a tenere aperta la sua libreria. Quando un fotografo gli chiede di fargli uno scatto, il libraio accetta, in cambio di un orecchio a cui raccontare la propria storia… – Su ilLibraio.it un estratto del romanzo “Il libraio di Gaza” di Rachid Benzine, figura di spicco dell’islamismo liberale

Forse, regalare un’opera di Shakespeare quando fuori c’è la guerra, è tra gli atti più radicali che una persona possa compiere. E se a farlo è un libraio che ogni giorno sfida i bombardamenti nella sua città, il gesto assume un valore simbolico maggiore.

Rachid Benzine, nato in Marocco e cresciuto in Francia, firma per Corbaccio Il libraio di Gaza (traduzione di Lucia Corradini Caspani), un toccante libro che parla di libri, ambientandolo in uno scenario di guerra. Gaza, infatti, è attorniata dalla distruzione, ma questo non impedisce al protagonista, Nabil, di aprire ogni giorno il suo negozio, fatto di volumi antichi e più recenti.

copertina de Il libraio di Gaza

Così l’autore, islamista e ricercatore presso il Fonds Ricoeur, accompagna lettrici e lettori tra le stradine più nascoste della città nella Striscia, assieme a Julien Desmanges, un fotografo francese inviato a Gaza. Un mattino, il fotografo si imbatte in una libreria stranamente aperta, con un uomo seduto davanti. Julien capisce subito che quello sarebbe uno scatto perfetto e domanda all’uomo il permesso di fotografarlo.

E così Il libraio di Gaza, romanzo in corso di pubblicazione in 11 paesi, con un bicchiere di tè alla menta in mano, racconta al fotografo la sua storia, dall’esodo alla prigione, dall’impegno alla disillusione politica, dall’amore ai figli, dagli studi al teatro, dalle speranze al dolore di vedere soffrire chi si ama.

Il racconto è disseminato di testi che hanno segnato l’esistenza di Nabil, da William Shakespeare a Primo Levi, passando, tra gli altri, per il poeta palestinese Mahmud Darwish.

L’autore, figura di spicco dell’islamismo liberale, aperto al dialogo con il cristianesimo, dopo numerosi saggi e la sua opera di narrativa Canto d’amore a mia madre (Corbaccio, Alba Bariffi) ritorna con “la storia di un uomo che ha deciso, attraverso i libri, di non aggiungere dolore al mondo”.

Su ilLibraio.it, per gentile concessione della casa editrice, proponiamo un estratto dall’introduzione:

Una giornata come tante. Ieri, due attacchi hanno ucciso quattro ragazzi, colpevoli unicamente di giocare a pallone sulla spiaggia. Ti svegli nella stanza che ti hanno assegnato il giorno prima, nello stesso albergo dove alloggia una parte della stampa internazionale. Avresti preferito stare a casa di qualcuno, ma la tua agenzia ti ha convinto a privilegiare la sicurezza. I quartieri che si salvano sono veramente pochi, e intere famiglie scompaiono perché abitano, senza saperlo o perfettamente consapevoli, in prossimità di un gruppo clandestino. I bombardamenti chirurgici risentono spesso degli errori medici.

Rachid Benzine

Rachid Benzine nella foto di ABACAPRESS / Alamy

L’ennesima tregua dovrebbe lasciarti qualche giorno per catturare istanti di quotidianità, le foto che ami, scevre di sensazionalismi. Il tuo capo invece preferisce i bambini in lacrime in mezzo alle macerie, i soldati feriti vicino a un carro armato, gli edifici squarciati dai razzi. La vita banale non piace ai giornali.

Esci dall’albergo. È mattina. Troppo presto, o forse tardi, chissà. Qui il tempo non gira come altrove, lo dicono tutti, qui accelera o rallenta, invischiato in un’attesa interminabile. E tutt’a un tratto fila via.

Il sole proietta ombre profonde a terra e sui muri, le sagome dei passanti si stagliano nitide. Dopo tante immagini che sembrano provenire soltanto dal cielo, scopri per la prima volta questa città. Sul marciapiede, le bancarelle approfittano della calma per attirare i clienti. I colori risplendono alla luce. Il rosso dei pomodori, il verde dell’insalata, il giallo dei limoni. Banchi straripanti di vita, la gente che si accalca tutt’attorno con lo sguardo acceso, e si riempie le mani. I bambini strillano, le donne si affrettano, è tutto in movimento. Il venditore si dà da fare, pesa, discute, imballa la merce. Eppure, dallo sforzo di ogni gesto, traspare una stanchezza. L’uomo sa che la pace, qui, è sempre provvisoria. Vuol vendere subito, vuol vendere tutto. Come se il domani potesse sparire per sempre. La polvere, onnipresente, ricopre ogni cosa. Una sensazione terrosa, la gola secca.

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Ti incammini per i vicoli sottostanti. Il quartiere è rimasto intatto. Scendi gli ultimi gradini di pietra, sconnessi: generazioni di palestinesi li hanno calpestati, posandovi parole offerte al vento, provando i primi turbamenti amorosi, rifacendo il mondo come se racchiudesse la speranza e come se ci fosse ancora un qualche interesse nei loro confronti. Le strade sono piene di vita, ma di una vita messa tra parentesi, come se tutto rischiasse di franare alla minima scossa. Le insegne dai nomi cancellati dal sole e dai crolli, le lettere sbiadite dal tempo. Qui si tinteggia una porta, là si lustra una vetrina, come se ogni piccolo gesto di riparazione o di mantenimento potesse scongiurare la malasorte. Gaza è una città da riscrivere costantemente. Ognuno segue la propria ispirazione, i propri puntini di sospensione. Tutti temono l’istante di quel gesto che potrebbe sfuggire al loro controllo, scrivendo la parola fine.

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Pile di abiti, scarpe sparse in giro. Generi di prima necessità. Tutto disposto in un disordine sistematico. Il proprietario, seduto dietro un bancone di legno, armeggia con il suo inventario come fosse un archivista. Ogni oggetto in un angolo preciso. E quei poveretti che rovistano nei suoi mucchi di stracci, non li guarda nemmeno più.

Il clacson di vecchie automobili, un rumore stridente, come una lamentela prolungata. Il suono metallico dei carretti sospinti sul selciato irregolare, mentre si levano le voci dei venditori e quelle dei passanti, sbalordite, a volte eccitate, spesso calorose. Dietro l’angolo, si respira l’odore del sale e il piacere della brezza portata dal vento.

D’improvviso, ti trovi in uno dei quartieri devastati. Sembra l’inferno sputato dalle viscere della terra…

(continua in libreria…)

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