Arnau Estanyol è tornato. Il protagonista de “La cattedrale del mare”, l’esordio-bestseller del 2006 di Ildefonso Falcones, è il perno de “Gli eredi della terra”, il nuovo romanzo storico dello scrittore. In una lunga intervista con ilLibraio.it, l’ormai ex avvocato svela il suo metodo di scrittura e parla, tra le altre cose, del successo della narrativa spagnola negli ultimi anni…

Arnau Estanyol è tornato. Il protagonista de La cattedrale del mare, l’esordio divenuto un bestseller da 700mila copie, in vetta alle classifiche italiane per 40 settimane nel 2007, è il perno del nuovo romanzo storico dello scrittore, ormai ex avvocato, Ildefonso Falcones (nella foto di Yuma Martellanz), Gli eredi della terra pubblicato da Longanesi.

Dopo i riconoscimenti ottenuti con La mano di Fatima (2009), che nel 2010 ha vinto il premio Roma, e La regina scalza (2013), l’autore barcellonese ritorna nella sua città, ma nel Quattrocento, per riprendere il racconto de La cattedrale del mare, ma con nuovi personaggi e vicissitudini. Tra le terre profumate di vino della Catalogna, negli anni turbolenti del Concilio di Costanza in una società effervescente ma imbrigliata da una nobiltà volubile e corrotta, emerge la lotta di un uomo per una vita che non sacrifichi dignità e affetti.

Intervistato da ilLibraio.it Falcones svela il suo metodo di scrittura, che parte sempre dalla scelta di un’epoca storica, sviscera le origini del suo amore per la storia e per l’analisi delle ingiustizie sociali, sebbene non creda che sia possibile che la narrazione del passato possa essere “uno specchio vero e proprio, un’allegoria del presente”, fino a formulare la sua tesi sul segreto del successo della narrativa spagnola negli ultimi anni.

Con Gli eredi della terra ritorna dopo anni nella Barcellona medioevale de La cattedrale del mare. Da dove è nata l’esigenza di portare avanti una storia che evidentemente aveva ancora qualcosa da dire?
“Non parlerei di esigenza vera e propria, ma di sicura attrazione. Era straordinariamente allettante ritornare in quella Barcellona, tirare le fila di quella storia, di quei personaggi e di quella città medioevale. Alla domanda: ‘Quale potrebbe essere il prossimo libro?’ una delle opzioni era sicuramente questa, e credo sia stata vincente”.

Ritroviamo Arnau Estanyol che questa volta aiuta il 12enne Hugo Llor, che resta orfano del padre. Come ha rivisto e ridisegnato, a distanza di tempo, la figura di un personaggio tanto amato dai suoi lettori e che lascia spazio a un nuovo protagonista?
“Si tratta di una ragione quasi fisiologica, in quanto lasciamo alla fine de La cattedrale del mare un Arnau ultra 60enne, dunque un personaggio quasi esaurito per l’epoca e che non avrebbe più potuto fungere da protagonista. C’è un importante intervento nella nuova storia da parte sua, e solamente grazie ad Arnau si scatena un nuovo ventaglio di avventure che lasceranno il testimone al nuovo protagonista”.

falcones

A differenza di altri scrittori che amano lasciarsi condurre dal flusso della storia, lei sostiene che con una materia così articolata e con tante avventure ed elementi, sia importante avere uno schema e sapere fin dall’inizio dove porterà il racconto. Come lavora, dal punto di vista metodologico, dalla fase della ricerca a quella della messa a punto della scaletta?
“In primis scelgo un’epoca storica in cui ambientare la storia che voglio narrare. Ovviamente questa epoca storica risponde alla storiografia e non può essere sottoposta ad alcun tipo di dibattimento. Da lì mi concentro sui fatti più salienti di quel periodo e la trama fittizia, la parte immaginaria, deve adeguarsi a quella prettamente storiografica. Non si tratta di un allacciamento così facile o scontato, ma si può rendere più semplice o più complesso, scegliendo determinati eventi, piuttosto che altri. Nel momento in cui si mette a punto la trama fittizia, devo assicurarmi che questa trama non sia in contraddizione con gli eventi storici del periodo, anzi, devo fare in modo che siano gli eventi storici a scatenare le vicende della trama immaginaria, influendo sulla vita dei personaggi di fantasia. Quindi, quando ho imbastito questo telaio iniziale, so come voglio far cominciare la storia e anche come voglio farla finire e so individuare anche quelli che saranno i punti salienti ed intermedi. Messa a punto questa scaletta di massima, posso iniziare con la redazione del romanzo e continuare a documentarmi al contempo”.

barcellona

Anche un’altra scrittrice spagnola, Clara Sánchez, è ritornata con l’atteso seguito de Il profumo delle foglie di limone, il suo romanzo di maggior successo. Risponde alla volontà di accontentare i lettori che reclamavano una nuova vita per quei personaggi tanto amati, all’attrazione personale dell’autore per certi temi e ambientazioni o a un richiamo del mercato letterario?
“Penso che tutte queste ragioni insieme possono avere un loro ruolo, quale più, quale meno. Gli eredi della terra, più che un seguito de La cattedrale del mare, più che un secondo tempo, ha come filo conduttore la città di Barcellona. I personaggi sono nuovi e si dedicano a qualcosa di nuovo rispetto alla vicissitudini del precedente romanzo. In quest’ultimo ha grande spazio il vino e la sua coltivazione. È vero, ci sono personaggi secondari che scaturiscono da La cattedrale del mare, ma io proseguo più che altro nella descrizione di una Barcellona che è una delle regine del Mediterraneo. Non è dunque un sequel, ma piuttosto una continuazione cronologica”.

cattedrale del mare - barcellona

E proprio Barcellona è sempre al centro, non solo come emblema di libertà, ma come società in grado di dare una possibilità, pur non senza fatica, di compiere un’ascesa sociale come avviene ad Arnau ne La cattedrale del mare. Una città della opportunità in epoca medioevale. Ma oggi come appare Barcellona?
“Fino a poco tempo fa Barcellona era ancora una città aperta, cosmopolita, rivolta verso l’esterno. Nel corso del XX secolo ha promosso la creatività all’insegna della ricettività di chiunque volesse arrivare, accogliente verso tutte le culture, sviluppando correnti artistiche straordinarie. Adesso, per ragioni di natura politica, tutto questo sta venendo un po’ meno. La Barcellona del passato che io descrivo, che era un grande mercato – e questo avviene per tutte le potenze commerciali –aveva bisogno di manodopera e quelli che oggi chiamiamo sans papier, clandestini, immigrati, in quell’epoca risiedendo in città per un anno e un giorno ottenevano lo status di cittadini barcellonesi. Fino a pochissimo tempo fa aveva ancora questa vocazione universale. Oggi vorremmo che fosse così, ma non lo è più”.

La bellezza della storia è quella di poter trovare dinamiche che hanno ancora eco nel presente. E ciò avviene anche leggendo i suoi romanzi. Pensiamo a La mano di Fatima e all’intolleranza religiosa o alle ingiustizie sociali. Che cosa la affascina così tanto della storia? E quanto un romanzo storico può restituire del presente, come specchio o allegoria?
“Forse uno degli aspetti che mi attraggono di più dello studio della storia sono le relazioni sociali, in che modo si stabilivano i rapporti umani all’epoca, gli usi, i costumi, le tradizioni, la mentalità delle persone. Un aspetto su cui spesso non ci soffermiamo a pensare è che all’epoca era assolutamente normale che i genitori vedessero morire i propri figli. E oggi per noi è un pensiero inconcepibile. C’erano diversi elementi radicali della vita che erano totalmente diversi in termini concettuali: la vita stessa, il sesso, la morte. Se le paragoniamo con la nostra attualità suscitano un grande impatto per il contrasto che rappresentano. Credo che uno specchio vero e proprio, un’allegoria del presente attraverso la narrazione del passato non sia possibile. Perché ci sono delle situazioni che possono essere vagamente riconducibili o paragonabili per i mali che esprimono o in termini di ingiustizie, ma non potremmo mai arrivare agli estremi delle ingiustizie del Medioevo. All’epoca la gente comune non aveva diritti, era una popolazione silente, rassegnata, non aveva una consapevolezza sociale di sé che poi invece l’ha indotta e obbligata a lottare. All’epoca era considerata normale la schiavitù, così come la morte dietro ogni angolo di strada. Oggi noi siamo coscienti di dover combattere contro tutto ciò e la differenza fondamentale è proprio la nostra consapevolezza di fronte alla loro rassegnazione”.

barcellona

La questione delle ingiustizie subite e della lotta per superarle è un filo comune dei suoi romanzi. La sua estrazione di avvocato ha a che fare con questo?
“Forse. In realtà credo che più che con la esperienza come avvocato, abbia a che fare con la mia prospettiva di vita come persona che ha dovuto lottare per sé e per la propria famiglia e che si è sempre preoccupata di questo aspetto nella propria esistenza, seppure senza vivere disgrazie estreme come quelle che affliggono i protagonisti dei miei romanzi. Tuttavia credo che faccia parte della vita di tutti noi oggi: combattere per andare avanti, per lavorare e per difendere ciò che abbiamo”.

Qualche anno fa quando le chiedevano se si sentisse più avvocato o scrittore lei rispondeva: “È ancora presto per definirmi scrittore, visto che ho passato la maggior parte della mia esistenza come avvocato”. Oggi?
“Ho chiuso con l’avvocatura”.

La vita da scrittore è più attraente?
“Non solo, mi era proprio diventato impossibile conciliare le due cose”.

Un autore e drammaturgo francese Alphonse Daudet ha scritto: “Il romanzo è la storia degli uomini. La storia è il romanzo dei re”. Lei cosa ne pensa?
“Io preferirei dire che la storia è il romanzo dei popoli”.

Dopo essere stato nella Barcellona del Medioevo, nella Siviglia del 1700 e ancora in Andalusia nella seconda metà del Cinquecento, quale nuovo periodo storico dobbiamo aspettarci per il prossimo romanzo?
“Bisogna fare questa domanda all’editore e non credo si sbilancerà troppo…”.

A proposito di editore, come definisce il suo rapporto con Longanesi?
“Abbiamo un rapporto straordinario e tra tutti gli editori stranieri, credo che il rapporto con Longanesi sia paragonabile a tutti gli effetti a quello che ho col mio editore castigliano che è il primo che ha creduto in me. Dal primo momento c’è stata grande fiducia e un operato formidabile volto a promuovere e sostenere il romanzo. E sarebbe bello avere in tutti i paesi una relazione interpersonale così con tutta l’équipe della casa editrice”.

La cattedrale del mare avrà una sua realizzazione televisiva. Lei ha partecipato alla sceneggiatura? A che punto è?
In realtà la mia partecipazione alla trasposizione televisiva è stata nulla. Io non me ne intendo di mezzi audio-visivi e non ho idea di cosa comporti trasferire ciò che è su carta sullo schermo, piccolo o grande che sia. Quello che so è che la casa di produzione che ha acquistato i diritti è ottima, il cast è grandioso e credo ci siano le risorse economiche necessarie per fare un buon lavoro. Soprattutto mi pare di cogliere un grande entusiasmo da coloro che sono coinvolti in questa realizzazione. Lo stanno girando adesso e con i tempi tecnici del caso tra un anno dovrebbe essere in tv”.

Lei una volta ha dichiarato: “Io non voglio fare letteratura. Scrivo per altro”.
“L’ho sempre detto: io scrivo per l’intrattenimento e per il diletto del lettore che è il mio unico obiettivo. È ciò che mi piace come lettore e che desidero offrire come scrittore. Tutte le considerazioni a latere relative alla letterarietà o meno della mia scrittura mi importano poco. La buona accoglienza da parte del pubblico è ciò che mi interessa. Il resto mi sembra faccia parte di una giungla di pretesti inventati e artificiosi messi in piedi da altri autori o presunti intellettuali per difendere le loro posizioni o forse il loro lavoro”.

La narrativa spagnola in questi ultimi anni sta avendo molto successo, in particolar modo in Italia, e attraverso forme diverse: lei, Clara Sanchez che abbiamo citato, Carlos Ruiz Zafón, Javier Cercas e molti altri. Secondo lei qual è il motivo alla base di questo periodo d’oro per la narrativa spagnola?
“Non saprei dire se c’è un filo conduttore o un motivo che accumuni tutti o alcuni degli autori che lei ha citato. Io so per certo che per tanti anni la letteratura spagnola è stata oggetto di censura da parte del regime franchista. Dopo il venir meno della dittatura, la letteratura ha potuto per così dire prendere il volo, evolversi ed esprimersi liberamente e quindi credo che questo sia sufficiente per giustificare come negli ultimi 10-15-25 anni siano arrivate alla fama e siano state apprezzate così tante opere”.

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