Michele Ruol nell’esordio “Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia” conduce nell’intimità dei suoi personaggi attraverso le impronte lasciate sugli oggetti della casa in cui abitavano, riuscendo a far continuamente ricredere sull’idea che ci siamo fatti su ciascuno di loro – e forse anche su quella che abbiamo di noi stessi… – Su ilLibraio.it un estratto dal romanzo

Nella storia di Madre e di Padre ci sono degli avvenimenti che determinano un prima e un dopo. La nascita di Maggiore e poi quella di Minore, ad esempio, o l’incidente che li coinvolge, ma anche episodi apparentemente marginali dirottano le loro esistenze, come le nostre: delle mani che si sfiorano per caso e poi si trattengono appena più del dovuto, o l’apertura casuale di una chat altrui.

Michele Ruol, medico anestesista che scrive per il teatro e ha pubblicato racconti sulle riviste letterarie Inutile ed Effe – Periodico di Altre Narratività, nell’esordio Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia (TerraRossa) conduce nell’intimità dei suoi personaggi attraverso le impronte lasciate sugli oggetti della casa in cui abitavano, riuscendo a far continuamente ricredere sull’idea che ci siamo fatti su ciascuno di loro – e forse anche su quella che abbiamo di noi stessi.

L’autore è presente anche in raccolte a più voci, come L’amore ai tempi dell’apocalisse (Galaad), a cura di Paolo Zardi, e Il Veneto del futuro (Marsilio), a cura di Alessandro Zangrando. Il testo Betulla, prodotto dal Piccolo Teatro di Milano per il podcast Abbecedario per il mondo nuovo, è stato pubblicato nel libro omonimo edito da Il Saggiatore.

Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia è il suo esordio come autore di narrativa. Il lettore ideale? Chi ha il coraggio di contemplare un incendio e soprattutto, dopo, di smuoverne la cenere; chi ama ascoltare negli oggetti l’eco delle storie di chi li ha posseduti…

Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia di Michele Ruol

Per gentile concessione dell’editore, su ilLibraio.it pubblichiamo un estratto del libro:

29. tastiera qwerty nera

Era trascorsa una settimana dal funerale, Madre non riusciva a dormire. Andando in cucina per bere un po’ d’acqua aveva visto una luce azzurrognola venire dalla camera di Minore.

Minore aveva passato ore a giocare a GTA su quel computer: era acceso giorno e notte.

Madre aveva staccato la spina e si era presa le gocce. Da allora era rimasto spento.

L’aveva riavviato più di un anno dopo, la mattina in cui si era decisa a mandare le carte al commercialista per chiudere la partita IVA. Dopo aver spedito la mail non si era sentita meglio, ma in qualche modo alleggerita, svuotata. Era rimasta con lo sguardo fisso sul monitor per diversi minuti. Poi, senza sapere cosa cercare, aveva cliccato su esplora risorse. Sceglieva file in ordine sparso, a seconda di quello che le ispiravano i nomi e le date: aveva trovato foto delle gite scolastiche, tesine, regolamenti di giochi di ruolo.

Poi si era accorta che il browser si apriva con una lista di siti usati di frequente. Madre aveva cliccato sopra la prima icona. Le era comparsa la home page di un social network: le aveva chiesto la conferma della password salvata, lei aveva premuto invio. Per un attimo le erano tornate in mente le volte in cui per punizione gli aveva ritirato il cellulare, e la facilità con cui Minore aveva aggirato il suo embargo.

Madre aveva passato il resto della mattinata a scrollare la sua pagina. Era piena di foto che non aveva mai visto, luoghi in cui non pensava fosse stato, con persone che non sapeva che frequentasse. La maggior parte però erano foto di dettagli che, tolti dal loro insieme, diventavano quasi astratti – la pelle morta di una vescica, un gelato sciolto, una mattonella sbeccata, la zampa di un peluche che sbucava dal cassonetto. Non sapeva dire se fossero belle: erano immagini disturbanti, ma in qualche modo anche suggestive.

Madre aveva letto tutti i commenti, scorso i nomi delle persone che avevano messo un like. Stava per chiudere tutto, quando si era accorta di una sezione dedicata alle chat. C’erano diversi messaggi inviati a Minore non ancora visualizzati.

Molti erano uguali, dicevano:

RIP.

E poi:
Fa’ buon viaggio fratello.
Insegna agli angeli a giocare a GTA.
Tienimi un posto in ultima fila.
Sarai sempre con noi.

L’ultimo messaggio non letto era una domanda.

Qual è la cosa che ti fa più paura al mondo?

Madre aveva ripercorso a ritroso i messaggi che si erano mandati. Si capiva che si conoscevano, che c’era intimità, o c’era stata: Madre faceva fatica a mettere a fuoco il tipo di rapporto. I messaggi di lei arrivavano a cadenze irregolari, agli orari più strani. Erano foto, frasi di poche parole o di decine di righe. Le risposte di Minore erano spesso taglienti, ironiche. Di solito rilanciava con altre domande – personali, frivole, filosofiche.

Il giorno prima dell’incidente lei gli aveva scritto:

Grazie per ieri.
Potevi non esserci, e c’eri.
Ci sarai?

E che è, un’interrogazione di grammatica?

Fanculo.

Resteremo sempre amici.

Fanculo al quadrato.
A volte vorrei non averti conosciuto per poterti conoscere da capo.

Se vuoi ripartiamo.
Mare o montagna?

Mare.
Colore preferito?

Verde petrolio.
Meglio un giorno da leone o cento da pecora?

Da pecorina.

1 a 0 per te.
Non ti capita mai di pensare che sei nata nel periodo sbagliato? Tipo come se sei sfasata, in ritardo, e ti saresti trovata meglio a vivere negli anni ’70, o nel Rinascimento, per dire.

Tutti i giorni. A me sarebbe piaciuto vivere nell’antica Grecia. Avrei fatto la sacerdotessa e avrei passato le giornate a farmi le canne e a dare risposte assurde a chi chiedeva oracoli al santuario.
Tu?

Boh. Anche il Medioevo sarebbe stato figo. Come secondogenito avrei fatto il cavaliere, o male male avrei imparato a distillare alcolici in un convento.

Qual è la cosa che ti fa più paura al mondo?

Madre si era trattenuta qualche minuto, poi d’impulso aveva scritto:

I pioppi.

(continua in libreria…)

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