“La valle dei fiori”, romanzo dell’autrice groenlandese Niviaq Korneliussen, racconta la storia di una giovane donna senza nome, che abita a Nuuk – capitale della Groenlandia – ma sta per iniziare la sua carriera universitaria in Danimarca. Attraverso di lei passa il cuore del libro: il racconto del triste primato dei questo Paese, la nazione con il più alto tasso di suicidi al mondo, e della completa assenza di un sistema di prevenzione dei suicidi (e dell’adeguato supporto psicologico)…

Per i suicidi in Groenlandia esiste una pagina Wikipedia, che racconta di come questo paese detenga lo straziante primato di nazione con il più alto tasso di suicidi al mondo. Quella stessa pagina l’ha cercata anche la protagonista de La valle dei fiori (Iperborea, traduzione di Francesca Turri), romanzo di Niviaq Korneliussen, prima autrice groenlandese pubblicata da Iperborea e a essere letta da un vasto pubblico oltreconfine.

La valle dei fiori iperborea

I numeri dicono, a noi e alla protagonista, che ogni anno quasi il 25% dei giovani groenlandesi tra i 15 e i 24 anni tenta il suicidio. E quasi il 2% ci riesce.

La Groenlandia arriverebbe a 82 suicidi per 100mila abitanti. Apro diversi link, provo a capire perché l’Istituto Groenlandese di Statistica non riporti i dati dei suicidi degli ultimi anni, perché a queste perdite non corrisponda nemmeno un numero”. È su questo silenzio che si fonda La valle dei fiori, sull’assenza del sistema e su quella di molte famiglie.

Niviaq Korneliussen dà forma alla sua protesta attraverso la storia di una protagonista di cui non conosciamo il nome. Sappiamo, però, che è una giovane donna che vive a Nuuk – capitale della Groenlandia – che ha una ragazza che la ama molto e che sta per iniziare la sua carriera universitaria in Danimarca, paese da cui la Groenlandia dipende ancora politicamente. È grazie a lei, alle sue relazioni, alle sue ricerche e al suo sguardo, che impariamo a conoscere la Groenlandia – nei suoi aspetti più manifesti e in quelli più nascosti.

Intanto: da lettrici e lettori italiani, leggere di paesi artici è già di per sé un continuo viaggio di scoperta. Dalle usanze alla lingua, sono tanti gli aspetti che non conosciamo e con i quali raramente veniamo in contatto. E, per la possibilità di accedere a queste storie, dobbiamo un grande grazie a Iperborea. Niviaq Korneliussen, poi, sceglie di mantenere all’interno della sua narrazione molte parole in groenlandese occidentale e altrettante in inglese. “L’uso massiccio della lingua inglese potrebbe in parte essere ricondotto alla volontà dell’autrice di inserirsi in un contesto più internazionale […]. Non va certo dimenticato, però, che l’utilizzo di espressioni anglofone è già di per sé diffusissimo in ambito nordico, perfino in contesti quotidiani”, precisa la traduttrice Francesca Turri, che ha assecondato le volontà linguistiche dell’autrice. 

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Oltre alle questioni formali, impariamo che secondo le statistiche – per quanto povere e non aggiornate – i suicidi in Groenlandia raggiungono il picco nelle lunghe e luminose giornate estive.

Dunque, pensare che a indurre la depressione sia l’assenza di luce prolungata tipica dei paesi artici è riduttivo. Un articolo uscito sul New York Times cita la dottoressa Karin S. Bjorksten del Karolinska Institutet di Stoccolma, che ha raccontato di come la costante esposizione alla luce solare possa portare al delirio e al suicidio, inducendo un’interruzione del ciclo del sonno e uno squilibrio nel neurotrasmettitore della serotonina.

La mancanza di sonno può essere la chiave“, ha detto, “è molto pericoloso quando le persone non dormono abbastanza”.

Nonostante un’emergenza che è reale, la Groenlandia non offre adeguati servizi di prevenzione dei suicidi. Ed è questo il vero cuore del romanzo.

La protagonista de La valle dei fiori si scontra con l’assenza dello stato più volte durante la sua storia. “Potrebbe mandarmi in un ospedale psichiatrico?” chiede in un momento pieno di dolore. “Purtroppo non è così semplice. Avremmo tutti bisogno di un po’ di supporto psicologico, ma sfortunatamente non ci sono abbastanza psicologi per tutti“. E ancora: “Non è che possiamo riempire l’ospedale di giovani che prendono pillole, non c’è abbastanza posto”. “Non potete aiutare dei giovani, dei bambini, che vogliono morire?”. “Quassù ce ne sono fin troppi! Quindi no, non possiamo aiutarli tutti!”.

Da questi dialoghi impariamo le mancanze che l’autrice ha scelto di denunciare e che ha ribadito anche all’interno del suo discorso pronunciato in occasione del conferimento del Premio del Consiglio Nordico proprio per La valle dei fiori e contenuto in appendice.

La stessa struttura del romanzo ha la forma di una denuncia: ogni nuovo capitolo è un suicidio inascoltato. “33. Ragazza. 17 anni. Si è impiccata nel capanno del padre, che l’ha trovata al mattino”. E poi si prosegue con la storia della protagonista. I numeri dei capitoli vanno a ritroso – dal 45 all’1 – come a dire che, per molti giovani groenlandesi, la vita è un conto alla rovescia verso un finale già scritto.

La valle dei fiori è una lettura che richiede tanto a chi la scelga – nonostante il linguaggio della protagonista sia spesso divertente e provocatorio. È, insieme, una lettura che ci dà la possibilità di entrare in un mondo al quale raramente abbiamo accesso e che merita, invece, di essere ascoltato. Ad accompagnarci è la voce precisa e schietta di un’autrice che, a ragione, il New Yorker ha definito “l’inaspettata stella groenlandese“.

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Fotografia header: Niviaq Korneliussen © Simone Lilmoes, 2021