Cosa fare quando il peso della vita diventa insostenibile, tanto da spingere a pensare che sarebbe meglio porre fine alla propria esistenza piuttosto che continuare a soffocare nel malessere e nell’incertezza? Su ilLibraio.it un capitolo da “Lascia che la vita accada”, primo romanzo di Sara Colombo che, con uno stile che ricorda il realismo isterico dei narratori postmoderni, mescola il proprio vissuto alla finzione letteraria

Cosa fare quando il peso della vita diventa insostenibile, tanto da spingere a pensare che sarebbe meglio porre fine alla propria esistenza piuttosto che continuare a soffocare nel malessere e nell’incertezza?

È questa la domanda che si pone Luca, il protagonista del primo romanzo di Sara Colombo, Lascia che la vita accada (Ponte alle Grazie), quando si risveglia su una barella in una sala di rianimazione, dopo aver tentato il suicidio. Da questo momento inizia per lui un percorso doloroso, ma anche di profonda trasformazione.

Grazie al costante dialogo con il suo saggio alter-ego, all’incontro con una serie di persone che cambieranno la traiettoria della sua vita, al confronto-scontro con i genitori e alle sedute di psicoterapia, Luca intraprende un viaggio interiore che lo condurrà alla riscoperta di sé stesso e del suo equilibrio.

Con uno stile che ricorda il realismo isterico dei narratori postmoderni, Sara Colombo, nata a Monza nel 1994, “utilizza la scrittura come una lama capace di squarciare il buio della depressione“. L’autrice (che si è diplomata in studi classici, ha studiato pianoforte, composizione e oboe, e che ha approfondito la medicina vibrazionale e specificamente la cantoterapia) mescola il proprio vissuto alla finzione letteraria, dando vita a una storia che esplora la sofferenza mentale.

Lascia che la vita accada Sara Colombo

Sara Colombo presenterà il suo primo romanzo, con Mattia Insolia, alla Libreria Colibrì di Milano, il 9 giugno, alle ore 19.

Su ilLibraio.it, per gentile concessione della casa editrice, proponiamo un estratto:

(…) Si sveglia piangendo. Quanto aveva pianto oggi? Rannicchiato a letto, Luca aveva immaginato una mano che gli carezzava la schiena. E che lo stringeva in un abbraccio. E poi aveva immaginato che in quell’abbraccio si sarebbe concesso di riaddormentarsi.

Ma desiderare troppo quello che ancora non c’è aumenta la sensazione di vuoto. Quindi decide che ormai è sveglio e ha delle cose da fare. Quante? Troppe. Importanti? No. L’ansia delle cose da fare – perché di giorno ci deve sempre essere qualcosa da fare – lo spinge a sollevarsi dal cuscino. È domenica. Guarda verso la finestra. Le persiane chiuse filtrano luce calda. Vuol dire che oggi, autunno avviato, c’è il sole. Fitta al petto. Fuori è limpido, dentro piove. Piange. Non ho tempo di fare tutto quello che devo fare. Cioè? Tirare fuori i vestiti invernali e mettere negli scatoloni quelli estivi, svuotare il lavello dalle pile di piatti, un paio di lavatrici, e lavorare, perché non è che se è domenica non mi do da fare. Si alza, si scalda dell’acqua e c’immerge una bustina di tè. Apre il frigo: vuoto. Pesca dalla ciotola sul tavolo una delle due mele rimaste. L’altra la tiene per il pomeriggio, per i pasti principali pasta in bianco. Quello. Piuttosto che uscire di casa e fare la spesa. Già sono uscito l’altro ieri. Siamo matti? Non ho urgenza. Mi farò tre chili di pasta a pranzo e uguale a cena.

Addenta la mela, si siede, sorseggia il tè. Al secondo tiro di sigaretta un altro pianto. Questa volta più intenso di quello a letto. Scrive un WhatsApp all’angelo caduto: posso chiamarla oggi? Ha pensieri da sgarbugliare e in più vuole parlare del sogno della notte prima.

Scopri il nostro canale Telegram

Seguici su Telegram
Le news del libro sul tuo smartphone

Ogni giorno dalla redazione de ilLibraio.it notizie, interviste, storie, approfondimenti e interventi d’autore per rimanere sempre aggiornati

Inizia a seguirci ora su Telegram Inizia a seguirci ora
Sara Colombo

Sara Colombo, fotografia di Anna Maria Tulli

Aveva sognato che stava dormendo e che nel cuore della notte qualcuno scassinava la serratura della porta d’ingresso. Ladri? Non proprio. Alieni ladri. Ma questo non lo sapeva. Nel sogno sentiva che gli scassinavano la porta e che doveva alzarsi per chiuderla ma non aveva forza. Dai alzati se no ti entrano in casa. Non ho voglia, lasciami dormire. Alla fine si alza e all’ingresso di casa trova un gruppo di persone con occhi grandi tre volte i suoi allungati fino alle tempie. Erano travestiti da umani. Ma Luca non se la beve. Gli agguanta le mani e sfila via dalle dita il travestimento. Siete alieni! E non erano alieni alleati. Luca credeva agli alieni. Ti pare che non esiste mezza forma di vita nell’universo? Please. Il punto è che i tizi che forzavano la serratura della porta erano alieni, diciamo, come direbbe Luca, «non evoluti»: falsi, disonesti, approfittatori.

Non ricorda nient’altro del sogno ma è il caso di analizzare. Quindi l’angelo caduto gli risponde: va bene tra un’ora? Sì va bene.

Gli mancano quaranta pagine di un mattone di libro iniziato mesi fa. Oggi lo finisco. Luca guarda fuori dalla finestra. Nei giorni precedenti era venuta giù una cascata d’acqua. Le chiome degli alberi si erano sfoltite ancora. Le foglie rinsecchite restavano sui rami per miracolo traballando al primo alito di vento. Il panorama, allineato al suo stato d’animo, lo conforta: Luca si tuffa sul divano e prosegue la lettura. Quello che dovrò fare lo farò dopo, ho tutto il giorno. Telefonata con l’angelo caduto. Pasta in bianco per pranzo. Che fame. Non ho voglia di uscire. La traiettoria del sole gioca brutti scherzi. Alle 11 ti senti in un modo. Dalle 14 in un altro. Inizia il declino. La malinconia preme.

Sebbene le parole che aveva scambiato con l’angelo caduto fossero servite, una parte di Luca si sentiva violata? Non proprio. Una sorta di dispersione energetica. Come quando ammucchi i vestiti nell’armadio aggrovigliati uno sopra l’altro. Un conto è tenerli nell’armadio con le ante chiuse, un conto è vederli fuori dall’armadio sparsi per tutta la camera. In più la malinconia aumenta, sono le 15 e lui non ha ancora fatto un cazzo di quello che doveva fare. Vai di lavatrice. Cazzeggia su Youtube e il tempo passa. Piange. Sarà stato il finale del libro? Sarà stato che il libro l’ha rincuorato meno delle sue aspettative? Delusione? Non ci siamo? Perché piangi?

Lo so perché piango ma non te lo dico. Non ho il coraggio di dirlo all’angelo caduto e non lo dico a te. Tanto lo sai perché piango. Perché ho pianto stamattina. Il pianto si sfoga, si esaurisce. Ancora un giro su Youtube. Altri social? Che domande! Lo senti? Ha protestato pure il campanile. Per carità, mi sono disintossicato, grazie. Fai quel lavoro che dovevi fare! Ma è domenica! Col cazzo, le prestazioni non vanno in ferie. Ma è domenica! Bah, senti, al massimo domani quando arrivo in ufficio e mi chiedono se ho lavorato gli risponderò che era domenica e non mi stressino. Già avrò una valanga di cose da fare domani, concentriamo la fatica là di lunedì, e poi dopo il lavoro quando torno a casa laverò i piatti nel lavello. Il traguardo della lavatrice è più che sufficiente.

Fuori imbrunisce. Grazie sole, bravo, vattene, lasciami in pace pure tu. Va’, proviamo a fare ’sto lavoro. Sistema le carte sulla scrivania, accende la lampada. Due minuti e parte un nuovo pianto. Questo è ancora più forte perché fuori è buio, sono le 18 e mi sento solo. Abbracciami! Non sta in piedi, si distende per terra. Singhiozzi. Suppliche. Superstizioni. Superstizioni? Mica tanto, ormai ci crede: chiude gli occhi, li stringe, zampillano lacrime, prega, invoca, pensa alla nonna defunta, aiutami, ascoltami. I genitori? Il campanile. Non lo senti?! L’angelo caduto? Non ho il coraggio di dirglielo. Accasciato, non riesce ad alzarsi. Si chiude la zip della felpa fino al mento e nasconde la faccia nel cappuccio. Il cielo è buio, imbavagliato, non vede niente, gli occhi sono chiusi serrati. Più distanziato dal mondo di così non si può. Aiutami. Il pianto, come dopo una lunga corsa, s’indebolisce, il corpo s’indebolisce. Non ha neanche più la forza di piangere. Non ce la faccio con la pasta anche stasera. Ho fame. Ordinati qualcosa. Si accende una sigaretta.

Scopri la nostra pagina Linkedin

Seguici su Telegram
Scopri la nostra pagina LinkedIn

Notizie, approfondimenti, retroscena e anteprime sul mondo dell’editoria e della lettura: ogni giorno con ilLibraio.it

Seguici su LinkedIn Seguici su LinkedIn

Fa per mettersi alla scrivania, vediamo se intanto che arriva il cibo riesco a sbrigare qualcosa. Suona il telefono. Uno scampanellio: messaggio. Chissà chi è? Chi può essere? Aveva silenziato le chat più frequenti. Si avvicina al telefono e gli viene un presentimento e poi un colpo. Fa’ che non siano quei messaggi promozionali. Di rado nel silenzio il telefono scampanellava. Luca si affacciava speranzoso sullo schermo e: la compagnia telefonica «passa a tal dei tali!» Anche in quel momento Luca si avvicina al telefono dando per scontato che potrebbe essere il solito «solo oggi offerta esclusiva». WhatsApp. Da chi? Il suo vicino. Non l’aveva minimamente calcolato. Ah. E che vuole? Non sarà per il baccano della musica, spero, visto che non suono mai. No. Il vicino gli chiede come stai, è da un po’ che non ci incrociamo, tutto bene? Luca, deluso. L’avrà sentito piangere poco fa? Maledette pareti di cartongesso. Cosa vuoi rispondergli? Be’, che gentile, almeno ti sente piangere e non fa finta di niente. Ma non stavo strillando. Credo. Chi se lo ricorda. Ero pure imbacuccato nella felpa con la faccia contro il pavimento, pensavo avessi attutito. Che vuoi che gli dica? Come sto? La verità? Figurati, come faccio?

Quando Luca mesi prima era stato trasportato per il ballatoio in sedia a rotelle, il vicino lo aveva notato e giorni dopo gli aveva scritto come stava e Luca aveva risposto: un attacco di appendicite. Tanto se gli dicessi che non sto bene mi chiederebbe il perché e dovrei fare la fatica di inventarmi due particolari credibili su un generico stato di malessere tipo problemi al lavoro. Ma così perderei tempo a raccontare cazzate e poi non ho voglia di dire la verità al mio vicino. Privacy. Ho tutto il diritto di tenermi i fatti miei per me. Non è il caso di divulgare informazioni troppo personali.

L’ordine su Deliveroo è partito, tra una mezz’ora arriva il rider. Luca si butta sotto la doccia. L’acqua scende, sgorga, lava, pulisce. Ma non guarisce il pianto. Però le lacrime si sono esaurite. Per oggi. Sicuro? Credo. È esaurito lui. Mangia. È tardi, domani si va al lavoro. Posso andarmene a letto finalmente. Un paio di pastiglie non guastano. Le solite gocce e il sonno è assicurato. Il sole ha compiuto la sua traiettoria quotidiana. L’orologio segna le ventidue. Luca, come si è svegliato, si addormenta.

(continua in libreria…)

Scopri le nostre Newsletter

Iscrizione alla Newsletter
Il mondo della lettura a portata di mail

Notizie, approfondimenti e curiosità su libri, autori ed editori, selezionate dalla redazione de ilLibraio.it

scegli la tua newsletter Scegli la tua newsletter gratuita

Fotografia header: Sara Colombo, fotografia di Anna Maria Tulli

Libri consigliati