Dopo il successo de “L’assassinio di Pitagora”, Marcos Chicot torna in libreria con un nuovo thriller storico, “L’assassinio di Socrate”, che ruota intorno a una delle menti più importanti della filosofia occidentale. In un’intervista a ilLibraio.it, l’autore parla del ruolo delle figure femminili nei suoi romanzi: “Volevo dare la possibilità di guardare al mondo anche attraverso gli occhi delle donne”, concentrandosi sulla figura di Santippe, la moglie di Socrate, “una donna intelligente, che non accettava di sottostare al volere di un uomo”. Spiega, tra le altre cose, quanto sia importante la ricerca storica nei suoi libri, che “non cambiano mai nulla di quello che realmente è accaduto”

“Un giorno, partito per Delfi, Cherefonte ebbe
l’ardire di chiedere all’oracolo se vi fosse al
mondo un uomo più sapiente di Socrate.
La Pizia gli rispose che non ce n’era nessuno.”
Platone, Apologia di Socrate

Marcos Chicot, nato a Madrid nel 1971, si è fatto strada nel thriller storico con il suo primo libro, L’assassinio di Pitagora (Salani), con il quale ha unito la sua passione per la storia a quella per la psiche dell’uomo. Dopo il salto temporale del suo secondo romanzo Il Teorema delle menti (Salani), che che l’ha portato in Spagna, ai giorni nostri, per il suo terzo romanzo, L’assassinio di Socrate, sempre edito Salani, torna nella Magna Grecia.

Grecia, V secolo a.C. Le parole dell’oracolo di Apollo non sono mai mutate: Socrate sarebbe morto di morte violenta, per mano dell’uomo dallo sguardo chiaro. Tra lo sconcerto dei suoi seguaci, il filosofo sembra l’unico a non esserne scosso. Mentre la guerra fra Atene e Sparta infuria, i destini generali e personali si intrecciano con le vicende storiche: madri che combattono per difendere i figli, amanti che lottano in difesa del loro amore, soldati portati a dare la stessa vita in nome della propria identità e dell’amor patriae. E al misterioso vaticinio, accompagnato dall’accusa di un padre spartano contro il suo stesso figlio, un neonato dagli occhi chiarissimi. Un thriller adrenalinico, che dipinge un vivido affresco della civiltà greca, e mescola con abilità realtà e finzione, con il quale è stato finalista del Premio Planeta 2016.

Chicot, vien da chiedersi a quando un romanzo su Platone? Sembra di capire che sia uno dei suoi personaggi preferiti…
“Da più di un anno sto lavorando su Platone, studiandolo approfonditamente, ma non ho ancora la trama: la cosa più importante per me è riuscire a ricostruire il mondo che descrivo in tutti i suoi aspetti, dai personaggi ai fatti storici, ragion per cui la prima cosa da fare è imparare tutto quello che c’è da sapere su quel mondo, devo studiarlo, conoscerlo a fondo”.

Quindi la veridicità storica viene prima della finzione?
“Per me sì. Solo quando ho assimilato tutto quello che c’è da sapere posso lavorare sulla trama, perché gli eventi finzionali devono connettere tra di loro i fatti storici. I miei romanzi non cambiano mai nulla di quello che realmente è accaduto”.

Qual è il segreto per scrivere un romanzo storico, di settecento pagine, in cui al lettore non viene lasciata la possibilità di annoiarsi?
“Credo che il segreto stia nell’immedesimarsi nel lettore: quando scrivo è come se il mio cervello e i miei pensieri fossero divisi in due parti: da un lato scrittore, dall’altra lettore. Devo poter sentire il testo come lettore, emotivamente, deve coinvolgermi, appassionarmi, anche mentre scrivo. Inoltre, quando leggo, apprezzo molto quei libri che danno la possibilità di imparare qualcosa, e penso che ogni lettore ami imparare, senza sforzo: a nessuno piacciono le spiegazioni, ma a tutti piace imparare. Io voglio che i miei lettori imparino senza rendersene conto”.

Nel suo libro lei affronta un tema delicato: la supremazia spartana del figlio perfetto, in salute, privo di difetti. Inoltre, parte del ricavato del suo libro andrà a un’associazione benefica in favore dei bambini con disabilità. Ce ne vuole parlare?
“Sono uno scrittore, ma anche un economo e uno psicologo, ho una figlia affetta dalla sindrome di down e, quando è nata, ho deciso di mettere tutto da parte per dedicarmi a due cose soltanto: mia figlia e la scrittura. Volevo scrivere il miglior romanzo possibile, per lei. Oggi ho due obiettivi nella vita, il futuro di mia figlia e fare il possibile per aiutare tutte le persone con disabilità, per questo ho scelto di devolvere parte del ricavato del mio libro alle associazioni che se ne occupano”.

Il suo romanzo lascia ampio spazio alle figure femminili, in un periodo storico predominato dagli uomini. Sarebbe possibile scrivere una storia analoga da un punto di vista femminile?
“È quello che ho cercato di fare: nel corso della storia, le donne sono sempre state, numericamente, una parte importante della popolazione, la metà circa, ma non sono mai state rappresentate politicamente, non avevano il potere di scegliere e di partecipare alla vita pubblica, che apparteneva all’altra metà della popolazione, quella maschile. Non sono nei libri di storia, ed è assurdo”:

Come se non fossero esistite.
“Non erano considerate pari agli uomini, non erano ritenute all’altezza, eppure hanno sempre avuto le stesse capacità, le speranze, gli stessi sogni e le stesse paure degli uomini; per questo volevo che il mio romanzo desse la possibilità di guardare al mondo anche attraverso gli occhi delle donne”.

Parliamo di Santippe, la moglie di Socrate.
“Santippe compare in diversi aneddoti legati a Socrate, di solito in una luce negativa, ma credo che fosse una donna intelligente, che non accettava di sottostare al volere di un uomo, voleva fare le sue scelte, per questo ho cercato di rappresentarne l’aspetto più umano, dalle difficoltà quotidiane alle discussioni con il marito: discutono di per questioni pratiche, perché Socrate vive assorto nei suoi pensieri, che non coinvolgono certo la casa, il cibo e la famiglia. Eppure non era solo un filosofo, era anche un padre, un soldato e un marito, con tutte le difficoltà quotidiane che questo comporta; per questo ho cercato di dare voce a Santippe”.

Quando legge, quale genere preferisce?
“Mi piace leggere qualsiasi cosa, apprezzo ciò che è scritto bene: dalla poesia alla saggistica, fino ai romanzi di ogni genere. Con i miei libri è la stessa cosa, non voglio scrivere un romanzo d’amore o di guerra, storico o filosofico, voglio che nei miei libri ci siano tutti questi aspetti; mi capita che i librai mi chiedano in che sezione devono mettere i miei romanzi, tra la narrativa storica piuttosto che nella sezione thriller, ma io non scelgo un’etichetta quando scrivo un libro, cerco di comprendervi tutto quello che la scrittura può esprimere”.

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