Basta uno sguardo all’indietro ed ecco riapparire l’Italia degli anni CinÂquanta tra le pagine di “Mitologia d’infanzia. Figure, intrecci di vita, Storia”, nuovo libro di Laura Bocci, in cui la germanista, traduttrice e scrittrice dà forma a posteriori ai tanti ricordi d’infanzia della sua protagonista…
In che misura i ricordi e le costruzioni immaginarie si mescolino nell’inconscio nessuno può dirÂlo: l’infanzia resta misteriosa, e sta a noi darle una forma a posteriori. Proprio in quest’ultima operazione ha deciso di cimentarsi la germanista, traduttrice (ha vinto il PreÂmio Nazionale per la Traduzione del MIBACT nel 2005) e autrice romana Laura Bocci nel nuovo libro Mitologia d’infanzia. Figure, intrecci di vita, Storia (Vallecchi Firenze).
Uno sguardo all’indietro ed ecco riapparire il mondo di un’infanzia vissuta negli anni CinÂquanta del secolo scorso. La bambina di ieri ha costruito la propria genealogia femminile sulle figure delle due nonne, dalle personalità opposte; con esse, si apre un intenso squarÂcio sulle loro piccole storie private e sulla loro condizione ben prima del femminismo, tra sottomissione e albori di consapevolezza, ancora in pieno patriarcato rurale. I nonni, invece, prendono parte alla Grande Storia attraverso la guerra ’15-’18, il Fascismo e l’utopia anarchica, pur essendo, come tutti, solo delle vittime.
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Alla fine dell’infanzia, un segreto esploderà come una bomba, stravolÂgendo i rapporti familiari. E pur tra durezze, difficoltà e contrasti, che lasciano tracce proÂfonde sull’esistenza della bambina, in seguito quelle figure faranno da fondamento a una vera e propria mitologia personale, Penati e Lari, a cui guarderà con partecipe pietas.
Bocci, che come scrittrice ha già pubblicato Di seconda mano. Né un saggio né un racconto sul tradurre letteratura (Rizzoli, 2004; DMG ed., 2016), Sensibile al dolore (Rizzoli, 2006) e La Seconda India (Piero Manni ed., 2012), libri con i quali ha vinto diversi premi, ricostruisce in questo romanzo la lingua toscana dei nonni nelle singolari comÂbinazioni di forme linguistiche a tratti buffe, rendendole l’indelebile colonna sonora del suo “film in bianco e nero“.