Ne “Il pastore d’Islanda” di Gunnar Gunnarsson la natura violenta e rapace è scommessa a superare l’insondabile, sfida a non cedere a vacui pensieri
Il pastore d’Islanda, pubblicato da Iperborea, nasconde, dietro a un intreccio semplice, una profondità spirituale. In un’atmosfera crepuscolare, il protagonista Benedikt, insieme a un cane e a un montone, affronta la bufera invernale per mettere in salvo animali dispersi.
Porta con sé i sogni urlati alla montagna, fugaci miraggi di ipotetiche realtà. La sua vita è “un servizio imperfetto, sostenuto dall’attesa e dalla speranza”. Una frase che nel corso della narrazione illumina il testo di simbologie archetipiche.
Sentiamo l’indugio di un’anima in continua ricerca e la fiducia nel sentirsi parte del creato. La sacralità dei luoghi, i colori della purezza accentuano il mistero della comunione. L’uomo diventa artefice e ideatore di una percorso redentivo.

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Gunnar Gunnarsson attraversa la solitudine trasformandola in presenza metafisica. La natura violenta e rapace è scommessa a superare l’insondabile, sfida a non cedere a vacui pensieri.
La postfazione di Stefánsson offre una riflessione sulla universalità della letteratura. Nello scontro di forze invisibili si sviluppa la conoscenza del proprio limite. Superarsi e andare avanti con il desiderio di cercare uno scopo. Nella straniante bellezza del paesaggio il viaggio è “come una poesia, con rime e parole magnifiche”, che si stampano nel cuore e danno pace.
L’AUTRICE – Maria Anna Patti, appassionata lettrice siciliana, è l’ideatrice di @CasaLettori, punto di riferimento su Twitter per chi ama i libri. Qui la nostra intervista.