“Le storie d’amore non mi sono mai piaciute”, riflette Raffaele Cataldo, e poi rimescola tutte le sue certezze, guidandoci in un percorso di lettura che racconta storie d’amore non convenzionali, raccontate – a volte – in maniera non convenzionale. L’autore, al debutto con il romanzo “Di me non sai”, passa da “Via col vento”, a “Epepe”, passando dai racconti di Guy de Maupassant e altre opere: “Se penso ai libri che più mi hanno coinvolto, turbato, commosso, si tratta sempre di storie che parlano anche d’amore. Un amore spesso non canonico, sottotraccia, che si fa strumento per raccontare qualcos’altro, e illumina parti di noi rimaste insondate”

Le storie d’amore non mi sono mai piaciute. Quando dissi al mio relatore che volevo scrivere una tesi su Dino Buzzati, lui mi rispose che potevo scrivere tutto quello che volevo, subito dopo ha tirato una lunga boccata dalla pipa e ha sbuffato: “ma lascia perdere Un amore”. Era quasi schifato.

Anche nella mia famiglia “amore” è sempre stata una parola poco usata, se non accompagnata da una smorfia di derisione. Per questo, mentre lavoravo al mio romanzo d’esordio, Di me non sai, edito da Accento, la mia più grande paura era che qualcuno potesse definirlo “un romanzo d’amore”.

Eppure, se penso ai libri che più mi hanno coinvolto, turbato, commosso, si tratta sempre di storie che parlano anche d’amore. Un amore spesso non canonico, sottotraccia, che si fa strumento per raccontare qualcos’altro, e illumina parti di noi rimaste insondate. Ciò che accomuna molte delle mie letture preferite, vecchie e nuove, è proprio l’amore, ma nelle sue forme più imprevedibili, bastarde: l’amore come appiglio nella disperazione, ad esempio, o l’amore come co-dipendenza, l’amore come travisamento, l’amore come fame inestinguibile, e persino l’amore che proviamo controvoglia.

Epepe di Ferenc Karinthy: l’amore è una lingua franca

Epepe (Adelphi)

Desdemona si innamora di Otello grazie alle sue parole, resta affascinata da lui mentre ascolta i suoi racconti di guerra. Ma la loro storia sarebbe nata lo stesso se non fossero stati in grado di capirsi? In Epepe (Adelphi, traduzione di Laura Sgarioto), l’ungherese Ferenc Karinthy racconta un incubo: quello in cui precipita Budai, illustre professore di linguistica che, scendendo da un aereo che credeva diretto a Helsinki, si ritrova in una città sconosciuta in cui tutti parlano una lingua per lui indecifrabile. Disorientato, non può fare altro che vagare per il dedalo di strade di questa metropoli, in cerca di qualcuno che provi a capirlo o che, almeno, non lo guardi come un pazzo da cui tenersi alla larga. L’unica che si interessa a lui, pur non riuscendo a capirlo, è una ragazza che fa l’addetta agli ascensori in un hotel e che forse si chiama “Epepe”. Questa fragile relazione, fatta di gesti e suoni inarticolati, è tutto ciò a cui Budai può aggrapparsi, l’unico frammento di senso in un mondo intraducibile. Epepe è soprattutto un thriller linguistico, ma è anche un romanzo su un amore sincero e incomprensibile, capace di fermare per un attimo l’angoscia di una vita di cui non conosciamo le regole.

Autoritratto newyorkese di Maurizio Fiorino: l’amore è un vicolo cieco

Autoritratto newyorkese - Fiorino (E-O)

Sentirsi soli in mezzo alla folla è anche la condizione del protagonista di Autoritratto newyorkese (e/o), l’ultimo romanzo di Maurizio Fiorino. Come molti emigranti diretti a New York, un ragazzo italiano si trasferisce nella Grande Mela per inseguire un sogno, quello di diventare fotografo, ma i suoi piani si interrompono quando inciampa in Lou, che invece nella vita non ha alcun sogno né obiettivo. Tra i due inizierà una relazione per molti versi disfunzionale. In una città piena di spigoli come New York, Lou e il protagonista raschieranno insieme il fondo della povertà e dell’autodistruzione. Per quanto si tratti chiaramente di una coppia “sbagliata”, il loro essere “noi due soli contro il mondo” sin dalle prime pagine mi ha portato a fare il tifo per i due protagonisti come raramente mi è capitato di fare per una coppia letteraria. A questo si aggiunge la scrittura tagliente, il linguaggio ridotto all’osso di Fiorino, vicino al parlato quotidiano. Leggerlo è come vivere nell’appartamento accanto ai ragazzi della storia, di sentire le loro voci attutite attraverso le pareti, mentre litigano, ridono, fanno l’amore.

Mysterious Skin di Scott Heim: l’amore è un equivoco

Mysterious skin (Playground)

Un altro romanzo in cui l’amore assume forme inconsuete, ingannevoli, è Mysterious Skin di Scott Heim (Playground, traduzione di Carlotta Scarlata), cult della letteratura americana contemporanea da cui è stato tratto anche un film del 2004 con la regia di Gregg Araki. Il libro si apre con un trauma difficile da sanare: due bambini, Neil e Brian, subiscono gli abusi sessuali del coach della loro squadra di baseball. Crescendo, elaboreranno in maniera molto diversa ciò che hanno vissuto. Brian rimuoverà il ricordo degli abusi, si chiuderà in se stesso e nelle sue sempre più strane fantasie. Neil, invece, che vive la sua omosessualità come una provocazione, idealizzerà la figura del coach, trasformerà l’Uomo Nero nel Grande Amore della sua vita, un amore perduto che cercherà in ogni uomo che incrocerà nella sua strada, con conseguenze pericolosissime. Insieme le storie di Brian e Neil creano un doppio romanzo di formazione potentissimo, in cui le immagini violente convivono con la poesia.

Via col vento di Margaret Mitchell: l’amore si odia

Via col vento (Neri Pozza)

Parlando di amori fuori dagli schemi, può sembrare strano inserire nella lista anche Via col vento di Margaret Mitchell (Neri Pozza, traduzione di Annamaria Biavasco e Valentina Guani). Quello che più ho amato di questa monumentale soap letteraria, però, non è tanto la passione di Scarlett (o Rossella) per il biondo e tentennante Ashley, né l’amore turbolento tra Scarlett e Rhett, quanto piuttosto il rapporto tra lei e la sua rivale di una vita intera: Melanie. Scarlett prova in tutti i modi a portarle via il marito, la disprezza, le dà della stupida e della svenevole, eppure Melanie è sempre buona con lei, buona al limite del fastidioso, vuole bene a Scarlett come e più di una sorella. Si può dire che sia l’unica che la ami davvero, sempre e comunque. Scarlett vorrebbe odiare Melanie con tutta se stessa, ma di fronte all’amore incrollabile, generoso, immeritato che riceve da Melanie, non può che ritrovarsi a singhiozzare al suo capezzale. Francamente, io non ho dubbi che sia la storia d’amore più interessante di tutto il romanzo.

Idillio di Guy de Maupassant: l’amore è la gentilezza di un estraneo

Racconti e novelle - Guy de Maupassant (Garzanti)

Ci può essere amore in un incontro fugace tra estranei? Io sono convinto di sì, e a raccontarlo meglio di tutti, in pagine piene di grazia, per me, è Guy di Maupassant nel racconto Idillio (in Racconti e novelle, Garzanti, traduzione di Mario Picchi). È la storia di un breve viaggio in treno dal Piemonte alla Francia. I profumi della primavera entrano dal finestrino dell’ultima carrozza, dove ci sono solo due passeggeri: un uomo e una donna. Sembrano tranquilli, si scambiano sguardi, qualche parola di circostanza. Eppure ciascuno di loro è in preda a un tormento segreto. Mentre il viaggio prosegue, infatti, scopriamo che la donna – una balia di professione – ha il seno gonfio di latte. È passato troppo tempo dall’ultima volta che ha allattato, e allora suda, respira a fatica. Ogni minuto deve allentare la stretta del corpetto. Ogni secondo che passa aumenta la smania di liberarsi dal peso che la opprime. L’uomo seduto davanti a lei, intanto, sta soffrendo anche lui. È un contadino disoccupato, e sta morendo di fame. Idillio conta solo poche pagine, ma in ognuna risuona un ronzio continuo, crescente, che lentamente diventa sempre più assordante fino a scoppiare in una scena di assoluta, blasfema gioia. Forse condividere un breve tragitto in treno non può dirsi una storia d’amore, ma Idillio sicuramente lo è.

Rileggendo questi miei consigli, forse è ora che riconsideri quello che ho detto all’inizio: le storie d’amore credo proprio che mi piacciano. È da un po’ che non sento il mio relatore, non so se nel frattempo abbia cambiato idea, ma Un amore di Buzzati poi l’ho letto, e riletto, e ho amato anche quello.

Di me non sai di Raffaele Cataldo, (Accento)

L’AUTORE E IL LIBRORaffaele Cataldo è nato nel 1991 in Puglia. Si è laureato in Lingue e Letterature Moderne a Bari e ha frequentato la Scuola Holden a Torino, dove vive.

Di me non sai, il suo primo romanzo, in libreria per Accento edizioni, racconta la storia tra Lucio e Davide: Lucio si innamora “del ragazzo” ancora prima di conoscerlo: gli basta osservarlo dalla finestra del suo ufficio, mentre aspetta il treno diretto a Scappagrano, per ossessionarsi. Quando inizia a frequentarlo scopre che ha un nome, Davide, che è ben più giovane di lui (sta ancora studiando), e che ha amato un uomo sparito nel nulla, Lorenzo. Per due mesi Lucio e Davide cenano insieme, fanno sesso, vanno al mare, spesso drmono a casa di Lucio. Davide invece non si innamora. Continua a cercare Lorenzo, di cui conserva solo una foto pixellata sul cellulare; fa sesso con sconosciuti in mezzo ai campi in cambio informazioni su di lui. Di Lucio non sopporta la saliva, i baci, le mani pronte a frugarlo la notte; si accoccola nella quotidianità di una Coca-Cola pronta per lui in frigorifero, nelle gite in spiagge isolate. Quando si stufa, inizia a eclissarsi.

Di me non sai racconta una relazione vissuta in modo opposto, incompatibile, la cui natura si disvela al lettore solo con lo scorrere del romanzo. Alternando i punti di vista dei due protagonisti in capitoli brevi, a volte brevissimi, Cataldo mostra il disallineamento dei sentimenti e le conseguenze dolorose che può avere, la lentezza delle estati calde pugliesi, e gli amori ossessivi (presenti e assenti) che come i semi d’avena infestante si attaccano a capelli, scarpe e vestiti.

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Fotografia header: Raffaele Cataldo, foto di Alberto Nidola

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