Il romanzo della scrittrice Scholastique Mukasonga, candidata al Nobel e due volte finalista al National Book Award per la letteratura in traduzione, porta negli anni trenta del ‘900, quando un vasto movimento di conversione al cristianesimo investe l’Africa orientale…

Negli anni trenta del ‘900, un vasto movimento di conversione al cristianesimo investe l’Africa orientale. In Ruanda i missionari cattolici invocano la discesa dello Spirito Santo, perché possa annientare il paganesimo indigeno.

Il reverendo Marcus, pastore afroamericano giunto dagli Stati Uniti, fonda assieme a una guaritrice, Sister Deborah, una missione evangelica in territorio ruandese. Nei suoi sermoni l’uomo annuncia l’arrivo ormai prossimo di un salvatore. È proprio Sister Deborah a precisare che non solo il messia sarà di colore, ma addirittura una donna.

Le ruandesi iniziano allora a scioperare, abbandonano i campi, tengono lontani i mariti, convinte che, dopo mille anni di infelicità, una nuova epoca di gioia e prosperità attenda le donne. I disordini si diffondono, ma sono rapidamente repressi dalle truppe coloniali. Sister Deborah scompare e la sua vita si sublima in leggenda.

Non tutto, però, è perduto. Ikirezi, una bambina ruandese che un tempo la suora ha miracolosamente curato, infondendo in lei il suo potere taumaturgico, è nel frattempo diventata una brillante accademica africanista e si mette sulle tracce della sua benefattrice. Riuscirà a ritrovarla? E, se sì, prima o dopo che una donna nera, messia di un’era nuova, rivoluzioni il mondo?

Arriva in libreria per Utopia (nella traduzione dal francese di Giuseppe G. Allegri) Sister Deborah di Scholastique Mukasonga, autrice candidata lo scorso anno al Nobel, tra le voci di punta della narrativa africana contemporanea.

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Nata in Ruanda nel 1956, Scholastique Mukasonga fin dall’infanzia ha vissuto la violenza e l’umiliazione dei conflitti etnici che hanno scosso il suo paese e che l’hanno costretta, in quanto tutsi, ad abbandonare gli studi e a fuggire all’estero. Dopo un periodo in Burundi, si è stabilita in Francia nel 1992, pochi anni prima che avesse inizio il genocidio del Ruanda. Trentasette membri della sua famiglia sono stati massacrati in quei mesi.

Le sue opere, apprezzate dalla critica internazionale e tradotte in molte lingue (sono in corso di pubblicazione nel catalogo di Utopia), hanno ottenuto riconoscimenti in tutto il mondo. Nel 2021 ha vinto il premio Simone de Beauvoir e in due occasioni, nel 2019 e nel 2022, è arrivata in finale al National Book Award per la letteratura in traduzione.

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