Dopo il successo de “La casa sul mare celeste” (tra i libri più popolari su BookTok), TJ Klune torna per raccontare la storia di Wallace, avvocato di successo appena morto, e di Hugo, il suo traghettatore, nel viaggio che lo attende alla fine della vita. In una trama dalle tinte pastello l’autore ripercorre un suo dolore personale trasformandolo in un racconto che non ha la pretesa di essere una risposta, ma che si conferma come una storia della buonanotte capace di stringere il cuore

“Alla prima tazza di tè, siamo due estranei.
Alla seconda tazza di tè, sei mio gradito ospite.
Alla terza tazza di tè, siamo una famiglia”.

Tè bianco, tè giallo, tè fermentato. Sencha, rosa, mate, senna, rooibos, polvere di chaga, camomilla. Quando Wallace, il protagonista di Sotto la porta dei sussurri (Mondadori, traduzione di Benedetta Gallo), arriva al Passaggio di Caronte Tè e Dolcetti è solo uno dei tanti spiriti di passaggio nella sala da tè.

sotto la porta dei sussurri

Mei e Hugo hanno il compito di rendergli la morte reale, un dato di fatto, una singola tappa di un più lungo percorso. In quanto mietitrice e traghettatore devono assicurarsi che il nuovo arrivato abbia tutto il tempo che gli serva, prima di scegliere di attraversare la Porta che lo condurrà altrove. Wallace però è stato un avvocato di successo, un uomo a cui nessuno era capace di dire di no, e non è in grado di credere che un misero infarto per un chili di troppo abbia troncato di netto la sua vita perfetta.

Hugo riconosce quasi sempre il giusto gusto di tè per ogni spirito che deve accompagnare e sa sempre da dove iniziare: nel caso di Wallace si tratta di menta piperita. Il primo tè da estranei è il primo passo verso il cambiamento. Wallace non è stato una brava persona, non lo è stato per niente, al punto che persino la sua ex-moglie, al suo funerale, non ha problemi a ribadirlo.

«Da quando ho ricevuto la notizia, ho passato giorni cercando di individuare un singolo ricordo della nostra vita insieme che non mi riempisse di rimpianto o apatia o di una rabbia così incandescente che mi sembrava di guardare il sole in faccia. Ci è voluto un po’ di tempo, ma alla fine ci sono riuscita. Una volta Wallace mi ha portato un piatto di zuppa mentre ero malata. Io gli ho detto grazie. Dopodiché è uscito per andare al lavoro e per i successivi sei giorni non si è fatto rivedere».

Dopo una vita intera, il protagonista ha ancora molto da imparare, perché affogando nella quotidianità si è dimenticato di curare se stesso e gli altri. La morte per Wallace diventa quindi uno specchio. Costretto a condividere la sua non-vita con Hugo e la sua famiglia tra quelle quattro mura della sala da tè, nell’attesa di essere pronto per andare oltre, il protagonista si rivede per quel che era e a poco a poco inizia la sua metamorfosi.

È in quell’attesa che il cuore di Wallace sboccia per una nuova vita. Quella lentezza lontana dalla sua esistenza frenetica, quel rituale condiviso, i clienti con tutte le loro miserie e le loro gioie e Hugo che vive a metà tra il mondo dei morti e quello dei vivi. Tutti servono a Wallace per ricordargli cosa vuol dire essere gentili.

«Non sei stato un uomo gentile, Wallace, e nemmeno un uomo giusto. Eri egoista e crudele. Magari non crudele come ritieni che sia io, ma quasi. In te non riconosco quell’uomo. Non più. La morte ti ha aperto gli occhi. Ora vedo tanto buono in te, in quello che sei disposto a fare per coloro a cui tieni. Perché tu tieni a loro, non è così?»
«Sì» rispose brusco Wallace.
«Immaginavo. E ti assicuro che capisco perché. Sono senza dubbio… unici».
«Certo che lo sono. Nessuno è come loro».

È un passo dopo l’altro, fino a immergersi, abbandonarsi a un abbraccio. Wallace si lascia andare e l’amore lo avvolge da ogni lato, entra sottile sotto la sua pelle di ectoplasma fino al cuore, dove si nasconde il capo di quel filo che lo lega a Hugo. Tra tazze e teiere il protagonista si riappropria della sua vita, nonostante questa sia ormai arrivata al termine. In una normalità che non ha nulla di consueto, Wallace si ridefinisce, redimendosi dalla persona che è stata. Il suo posto nel mondo è quella sala da tè immersa nella foresta, con un cane fantasma, un nonno brontolone, una mietitrice e un traghettatore. Ha dovuto aspettare solo la morte per poter ritrovare la vita.

«Avrei voluto incontrarti prima. Non qualcuno simile a te. Avrei voluto incontrare proprio te». Hugo inspirò profondamente. Per un attimo, Wallace temette di essersi spinto troppo oltre, ma poi Hugo disse: «Anche io avrei voluto incontrare te».
«Che assurdità, vero?»
«No, io non credo».
«E adesso cosa facciamo?»
«Non lo so» ammise Hugo. «Quello che possiamo, direi».
«Sfruttiamo al massimo il tempo che ci resta» sussurrò Wallace.
E Hugo rispose: «È l’unica».

TJ Klune ci regala una storia molto personale. Ci restituisce la magia del La casa sul mare celeste (Mondadori, Traduzione di Benedetta Gallo), ma la tinge delle cupe tinte della morte, per affrontare un suo dolore personale. Sotto la porta dei sussurri è una storia che sa di tè e di tenerezza, un modo per raccontare un lieto fine che si perde nel più grande enigma della vita. La morte e l’amore per Klune sono due lati della stessa medaglia e la storia di Wallace e Hugo è una storia eterna, che racconta di come due persone possano tenersi per mano anche quando la vita si spegne.

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