Da almeno 40 anni l’industria petrolifera conosce gli effetti dei propri prodotti sul clima, ma è sempre riuscita a insabbiare tutto. Il libro-inchiesta di Marco Grasso e Stefano Vergine spiega come ha fatto

Nel dibattito di questi anni sui cambiamenti climatici, pochi evidenziano un dato macroscopico: la responsabilità enorme dell’industria petrolifera. Recenti ricerche scientifiche hanno infatti dimostrato che il 75% delle emissioni cumulate di gas serra dal 1988 al 2015 dipende da un centinaio di compagnie petrolifere. Eppure, malgrado i numeri siano chiari, quasi nessuno sembra combattere la madre di tutte le battaglie. Perché l’industria dell’oil & gas non paga per i danni commessi?

tutte le colpe dei petrolieri

Soprattutto, perché finora è riuscita a evitare l’attribuzione di ogni tipo di responsabilità, anche grazie al finanziamento di iniziative e ricerche di stampo negazionista. Quanti soldi e interessi stanno dietro il mantenimento dello status quo?

Tutte le colpe dei petrolieri (Piemme), libro inchiesta del professor Marco Grasso (docente di geografia economica e politica alla Bicocca di Milano, dove si occupa di politiche ambientale e di governance del clima) e del giornalista Stefano Vergine (ex Espresso e attuale firma del Fatto Quotidiano, co-autore del libro-inchiesta Il libro nero della Lega, che ha fatto parlare anche all’estero del Russiagate italiano, e co-autore dell’inchiesta sui Panama Papers, vincitrice del Pulitzer) e racconta cosa sia oggi e come funzioni l’industria petrolifera globale; come agisca sullo scacchiere internazionale e nella politica nazionale di ciascun paese. Per poi concentrarsi sulle responsabilità accertate e sui possibili risarcimenti di cui dovrebbe farsi carico.

Modificare l’intero sistema economico e industriale su cui si è retto il pianeta fino a oggi e avviare un processo di ristrutturazione che progressivamente porti all’abbandono dei combustibili fossili in favore delle energie rinnovabili non sarà indolore, ma è tecnicamente possibile e auspicabile e non comporterà necessariamente un impoverimento, ma anzi potrà rappresentare uno stimolo importante per l’economia mondiale del futuro.

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