“Glitch Feminism”, il manifesto femminista anti-corpo di Legacy Russell, disegna futuri fluidi all’interno dello spazio digitale grazie alle opere di artisti che, con il loro attivismo, hanno esplorato il tema dell’identità andando oltre i propri confini fisici

Le categorie ordinano il mondo: danno forma, disegnano confini, tirano linee di demarcazione. Le categorie che tentano di descrivere l’identità spezzano, escludono, rompono, limitano. C’è una falla nel sistema ed è da quella che nasce Glitch Feminism: A Manifesto (Giulio Perrone Editore, traduzione di Gaia Giaccone) con l’obiettivo di delineare un futuro fluido, che prenda forma a partire dalla dimensione digitale.

Glitch Feminism è, appunto, un manifesto, traduzione nero su bianco di una necessità sempre più urgente: indagare uno spazio che non ha limiti, quello dell’identità, creando scenari che fuggano le solite categorie di mondo che di limiti, invece, ne hanno troppi. 

Glitch Feminism

Il glitch è un errore, uno sbaglio, una falla appunto. Nella tecnocultura, il glitch è un aspetto dell’ansia meccanica, la spia che qualcosa è andato storto”. È dal glitch che Legacy Russell – curatrice museale, autrice e attivista per i diritti delle persone QTPOCI+ (Queer & Trans, People of Color, Indigenous) – parte per definire il suo femminismo.

Il femminismo glitch è uno strumento di rifiuto, una strategia di disobbedienza […]. Esprime il punto di vista di artisti che, nel loro lavoro e nella loro ricerca, offrono risposte per quella roba inquieta che è il corpo”.

Il corpo, categoria al centro del dibattito sull’identità. Il rifiuto alla base del glitch è diretto verso il corpo o, almeno, verso il corpo inteso come sistema binario e finito. Il corpo glitch rifiuta i pronomi, rifiuta le definizioni di uomo o di donna, di bianco o di nero. L’identità è uno spettro multiforme e in continua evoluzione e, per questo, impossibile da contenere dentro i confini di un’entità immutabile come un corpo. Entità, per Legacy Russell, confezionata e mercificata a favore del capitale. 

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E così si arriva a internet. Per fuggire dal corpo binario e per trovare uno spazio di espressione abbastanza ampio da accogliere l’identità esiste l’online.

Legacy Russell nasce a New York in un corpo Nero, cisgender, femme e queer. Cresce nel cuore dell’East Village che, negli Anni ‘90, è abitato “da giovani punk che si riunivano sugli scalini d’ingresso di casa mia, da drag queen che si esibivano sul palco dello Stingy Lulu’s e una volta l’anno sfilavano al Wigstock in Tompskins Square Park, ma anche dalla cultura portoricana”.

L’unione di queste identità ha plasmato quella di Legacy Russell che, per riuscire a esprimerne ogni sfumatura, ha creato per sé un avatar digitale: LuvPunk12. Lo spazio virtuale è diventato così un campo di prova, dimensione in cui indossare corpi diversi, vestire più identità una dopo l’altra, o una insieme all’altra, teatro in cui interpretare personaggi sempre nuovi. Ma non solo: lo spazio virtuale è diventato il panorama ideale in cui immaginare, proporre, progettare e costruire futuri nuovi, più inclusivi, fluidi, liberi, nella convinzione che non esista distinzione tra online e offline, entrambi luoghi reali.

E qui entra in gioco l’arte, ultimo passo ma anche primo nell’opera di Legacy Russell. L’autrice dà forma al suo manifesto attraverso le opere di artisti che si muovono proprio all’interno dello spazio digitale portando avanti questo attivismo anti-corpo che, ora lo sappiamo, possiamo chiamare glitch. Tra loro ci sono boychild, artista performativa che, nelle sue opere, unisce elementi fisici a elementi virtuali; Juliana Huxtable che si autodefinisce una cyborg e Crystal LaBeija, drag queen che, nei suoi autoritratti, si rappresenta sotto forma di avatar. 

Il risultato è, sì, un manifesto ma è anche una protesta, nei confronti di un’idea di corpo stretta, soffocante, controllata; è un dialogo fatto di parole nella consapevolezza che, quando si tratta di identità, le parole non bastano mai; è una riflessione sull’online come spazio multiforme, foglio bianco per progettare un futuro glitch ma anche dimensione reale quanto l’offline, regolata dallo stesso ordine fallace che regola la vita AFK (“Away From Keyboard”, cioè “lontano dalla tastiera”); è un incontro con la pluralità umana, con le molteplici identità che abitano il nostro mondo, spesso ai suoi margini, ma che esistono e si muovono per farsi spazio, per essere riconosciute; è un invito ad andare più a fondo, nella conoscenza dell’altro e di sé, senza accontentarsi di categorie già fatte ma interrogandosi sulla complessità. 

Glitch Feminism è una riflessione necessaria, una lettura che, come quelle capaci di spostare il mondo, suscita domande più che dare risposte e, nello spazio di esse, crea la possibilità di un futuro in grado di accogliere sette miliardi di identità fluide e multiformi.

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