“Lettere inutili” raccoglie una serie di lettere inedite firmate dallo scrittore grossetano Luciano Bianciardi (1922 – 1971) nel corso della sua breve esistenza. In questi testi destinati ai familiari si delineano la cifra e i caratteri distintivi dell’autore e traduttore: l’ironia, lo sguardo disincantato sulla realtà, il gusto per i giochi di parole e l’inconfondibile capacità profetica – Su ilLibraio.it un estratto
Giornalista, traduttore (tra gli altri, di Miller, Faulkner, Steinbeck e London) e scrittore di culto, Luciano Bianciardi (Grosseto 1922 – Milano 1971), è l’autore di opere ancora oggi attuali e apprezzate come Il lavoro culturale (1957), L’integrazione (1960) e La vita agra (1962).
ExCogita, casa editrice fondata e diretta dalla figlia dello scrittore, Luciana Bianciardi, porta ora in libreria Lettere inutili, primo di una serie di tre volumi, a cura di Arnaldo Bruni (già ordinario di Letteratura italiana all’Università di Firenze, e che a Bianciardi ha dedicato dei saggi), che raccoglie una serie di lettere inedite firmate dallo scrittore grossetano nel corso della sua breve esistenza.
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Nel primo volume, dedicato alle lettere ai familiari, emerge inevitabilmente un Bianciardi “estremamente privato”. C’è spazio, in particolare, per gli anni del servizio militare, per i primi impieghi, per la quotidianità minuta e per molte informazioni – anche inedite – sul lavoro editoriale e di scrittura.
Come emergerà ancora di più nei volumi successivi – ad amici, editori, traduttrici e traduttori etc. –, si delineano in queste lettere la cifra e i caratteri distintivi dello scrittore: l’ironia, lo sguardo disincantato sulla realtà, il gusto per i giochi di parole e l’inconfondibile capacità profetica.
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Su ilLibraio.it, per gentile concessione della casa editrice, proponiamo una delle lettere:
Milano, 14 dicembre 1962
cara Laura,
mi giunge come un gran bel regalo pei miei quarant’anni la tua letterona. Grazie di cuore. Già mamma mi aveva scritto che aspetti un bambino, e così finalmente riesco a diventare zio vero.
Ringrazia di questo il tuo Luciano. Certo non riesco a immaginarti donna d’affari, e sii certa che se passo dalle tue parti ti cerco e mi fermo. Di me cos’altro dirti? Quello che avevo in corpo l’ho messo nel libro. Ora la vita agra sembra finita, il libro mi sta fruttando, oltre che un po’ di quattrini, amicizie, più o meno disinteressate, offerte di lavoro migliore (anche da parte del Corriere della sera), inviti a parlare di qua e di là, a mangiare, a fare gite.
Mi ha fruttato anche una tardiva vacanza a Ischia, dove sono rimasto dieci giorni in un albergo di Rizzoli. Mi è stata offerta una parte in un film partigiano, dopo l’exploit televisivo che avrai visto. Potrò lavorare di meno, con meno ansia, con animo meno agro. Il libro verrà tradotto in Inghilterra di sicuro, quasi di sicuro in Francia e in Germania. Sono in corso le trattative.
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Credi pure, non m’aspettavo né tanto successo, né tanti unanimi consensi. Avevo scritto un libro incazzato e speravo che s’incazzassero anche gli altri. E invece è stato un coro di consensi, pubblici e privati, specialmente a Milano. Dice Giancarlo Fusco che se questa città tu l’aggredisci da buon pugile, la città è leale, accetta il combattimento, e dopo ti stringe la mano.
Io non ci credo. Questa città è vile, perché prende a calci in bocca chi sta male e si fa generosa con chi ha fortuna. Ora staremo a vedere. Per adesso non so proprio che altro libro scrivere. Non sono capace di buttarne fuori uno l’anno, come Cassola, e temo fortemente che il prossimo lavoro non varrà quanto La vita agra. Ne venderò magari centomila copie, ma non riuscirò a metterci dentro la violenza del serpentone. Sai che sta per esaurirsi la terza edizione?
Ora ti lascio. Grazie ancora, cara Laura, del regalo che mi hai fatto scrivendomi, tanti auguri per il tuo lavoro, buona gravidanza, e un abbraccio.
Saluta tanto Luciano
tuo Luciano
(continua in libreria…)
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