Le frasi fatte sono al centro di “Peste e corna”, il nuovo libro sulla lingua italiana del romano Massimo Roscia

I neri hanno il ritmo nel sangue. Sean Connery è più bello adesso che da giovane. Non ci sono più le mezze stagioni. 

Ah, le frasi fatte. Sono al centro di Peste e corna (Sperling & Kupfer), il nuovo libro “ibrido” sulla lingua italiana del romano Massimo Roscia (nella foto di Donatella Francati, ndr), autore di romanzi, saggi, guide turistiche, ma anche critico enogastronomico, condirettore editoriale del periodico Il Turismo Culturale, “esperto di HTTP Error 404 ¿ File not found” e un sacco di altre cose.

Roscia Peste e corna

In fin dei conti, ognuno di noi le usa. Certo, non si dovrebbe, ma le frasi fatte le capiscono tutti, sono un vero e proprio salvagente nel mare della linguistica. Ve ne sono parecchie nel “burocratese”, nel “giornalese”, in cucina, nel meteo, nei racconti dei nostri amici istrionici. Ma dopo un po’ stufano, appiattendo il discorso e dando la fastidiosa sensazione di non star dicendo (e ascoltando) niente. Dopo Uno strano morso ovvero sulla fagoterapia e altre ossessioni per il cibo (Edizioni della Meridiana), La strage dei congiuntivi (Exòrma) e Di grammatica non si muore (Sperling & Kupfer), Massimo Roscia torna a occuparsi di lingua: “il non-linguista, non-lessicografo e non-grammatico più innamorato dell’italiano” gioca con il lessico e scherza sulla tendenza dell’italiano medio (appunto) a utilizzare formule stereotipate. Come lo fa?

Attraverso la storia di Mario, un impiegato romano che, ovunque si volti, si imbatte nella banalità espressiva, e giocando con le parole a mo’ di Flaiano e Campanile, ci invita a riflettere sull’uso, alle volte bizzarro, della lingua italiana.

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