Matteo Fumagalli, uno dei booktuber italiani più seguiti, arriva in libreria con “Travolti dal trash nell’immenso mare del brutto”, un libro che ci fa viaggiare nel lato oscuro del gusto e del bello, nell’arte, nella musica, nello spettacolo e nella moda, fuori e dentro di noi, con una sezione dedicata anche all’editoria

Quando si pensa di saggistica legata al tema del trash viene subito in mente Tommaso Labranca, autore, tra gli altri, di Andy Warhol era un coatto. Vivere e capire il trash (Castelvecchi, 2005), morto alla fine dell’estate del 2016 a soli 54 anni (e a cui Claudio Giunta ha dedicato l’imperdibile Le alternative non esistono. Vita e opere di Tommaso Labranca, uscito per Il Mulino).

Dal canto suo, Matteo Fumagalli, che nel 2017 si era raccontato in quest’intervista a ilLibraio.it (sito per cui in seguito ha scritto), è uno dei booktuber italiani più seguiti (circa 120mila gli iscritti al suo canale YouTube, e oltre 40mila i follower su Instagram). Tra le video-rubriche più amate dai suoi fan, proprio quella dedicata alla stroncatura dei libri trash.

Non stupisce, dunque, che ora Cairo porti in libreria Travolti dal trash nell’immenso mare del brutto, un libro che ci fa viaggiare nel lato oscuro del gusto e del bello, nell’arte, nella musica, nello spettacolo e nella moda, con una sezione dedicata all’editoria. Ambito in cui, come sanno bene i fan di Fumagalli, non mancano le uscite “trash” (non solo libri di vip o presunti tali, ma anche testi autopubblicati di vario genere).

fumagalli travolti dal trash

Ecco, il volume di Fumagalli punta proprio a farci pace con il trash dilagante, e a trovare la bellezza anche nel “brutto”. Riconoscere questa verità, eliminando lo snobismo che spesso ci inibisce, per l’autore (che si occupa di comunicazione libraria in ambito digitale) ci porterà a fuggire da quello che è universalmente considerato “accettabile”, a non vergognarci più se – per caso – ci viene da ridere di fronte a una barzelletta considerata di cattivo gusto o superficiale. Stando a Fumagalli, infatti, bisogna avere il coraggio di danzare tra l’alto e il basso e farsi contaminare da ogni stimolo per vivere più liberi e sereni.

I temi affrontati sono diversi, e l’autore del volume, tra le altre cose, parla anche di come oggi vengono divulgati i libri sui social. Scrive Fumagalli in proposito: “L’influencer di libri parlerà soprattutto ai lettori accaniti, ma è attraverso personalità, modi di dire e autorappresentazione che può incuriosire i lettori casuali o i non-lettori. È il suo universo umano (anche banale), quello fatto di gatti, figli, piccole ossessioni e segni particolari, ad accendere nel fruitore la stima, l’empatia e l’immedesimazione. Ed è attraverso queste che scatta la voglia di leggere quel libro che il suo nuovo beniamino ha amato così tanto. Ho perso il conto di quante volte ho ricevuto commenti quali ‘Se ho scoperto l’amore per la lettura, è grazie a te’ o, ancora, ‘Prima non mi avvicinavo a un libro neanche morto, poi in un video hai parlato di quel romanzo e me lo sono divorato in tre giorni’. Non è capitato solo a me, ma anche a tanti miei colleghi. Con questo discorso non sto cercando di fare una comparazione tra giornalismo e divulgazione della lettura online. Il discorso su chi sia meglio e chi sia peggio lo trovo futile. Sono due modi diversi di comunicare. Nessun bookblogger si sognerebbe mai di spacciarsi per un rinomato critico letterario e, se lo facesse, dovrebbe mettersi una mano sulla coscienza, a meno che non lo sia sul serio anche al di là dei propri spazi sul web. Chi parla di libri online è prima di tutto un lettore appassionato con una sua linea editoriale, che coincide con i suoi gusti e la sua curiosità. Una persona che ha deciso di mettersi in gioco con la propria faccia per trovare suoi simili e per appassionarne altri”.

E prosegue: “I bookblogger leggono critica letteraria. Spesso è attraverso recensioni e segnalazioni sulle testate che si innesca in loro il desiderio di accostarsi a un libro e proporlo. Non temono l’ibridazione, il contatto con quell’altro mondo, quello del giornalismo, che non vedono per nulla distaccato e che si ostinano ad ammirare con grande enfasi. Com’è anche giusto che sia. Aspettiamo, tuttavia, il momento in cui la stampa non avrà più paura di comunicare dall’altra parte. Quando non avrà più il timore di capire che cosa sta succedendo e del perché certi titoli riescono a ottenere discussioni appassionate e numeri nelle classifiche grazie alla presenza sui social. Quando andrà oltre l’articolo sul nuovo movimento dei bookblogger, proposto ciclicamente da dodici anni. Quando sorpasserà anche gli articoli ricchi di polemiche, quelli del ‘su Instagram i libri sono rappresentati al pari degli oggetti’ e ‘i profili dei bookblogger sono solo vetrine’, e cercherà di comprendere come funziona la dialettica di quel mezzo”.

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