Cos’è, davvero, la felicità? La classicista Edith Hall riflette sui parametri che determinano la felicità e li analizza, spiegando l’etica e gli insegnamenti aristotelici con un linguaggio contemporaneo, per poi applicarli a sfide pratiche della vita reale

Tutti pensano di voler essere felici, ma cos’è, davvero, la felicità? È uno stato psicologico duraturo nel tempo o un attimo così effimero che, appena ci si rende conto di viverlo, è già passato?

È qualcosa di oggettivo, riconducibile a determinati parametri (ad esempio godere di buona salute, essere liberi da preoccupazioni finanziarie o dall’angoscia esistenziale) o è qualcosa di soggettivo, che non può essere misurato né osservato, qualcosa che non va accostato al “benessere”, ma alla “soddisfazione” o alla “letizia»?

Aristotele fu il primo filosofo a chiedersi davvero cos’è la felicità e cosa si può fare per diventare persone felici: un programma che mantiene ancora intatta la sua validità.

Edith Hall, insegnante di Lettere classiche al King’s College di Londra, nel suo nuovo saggio Il metodo di Aristotele (Einaudi, traduzione di Duccio Sacchi) presenta l’etica aristotelica usando un linguaggio contemporaneo.

Il metodo Aristotele Edith Hall

Hall, ritenuta una delle più importanti classiciste al mondo, che in Italia ha già pubblicato un saggio sull’antica Grecia (Gli antichi Greci, pubblicato sempre da Einaudi), applica gli insegnamenti di Aristotele a svariate sfide pratiche della vita reale: prendere una decisione, scrivere una domanda di lavoro, parlare in un colloquio, usare la tabella dei Vizi e delle Virtú per un’analisi del proprio carattere, resistere alle tentazioni, scegliere gli amici e i partner.

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