Occupazioni, edonismo, nuovi spazi e modi di socialità, controcultura: il volume “Milano off 1980 – 198X – Racconto imperfetto di una città invisibile”, mostra come il capoluogo lombardo cambiava grazie agli sforzi della cultura alternativa giovanile, che liberava le proprie energie trasformative negli spazi urbani – Su ilLibraio.it la prefazione dello scrittore Alessandro Bertante, secondo cui “gli anni del ‘riflusso’ sono tutt’altro che pacificati e molto difficili da raccontare, non possono essere derubricati in modo dispregiativo a un semplice periodo di passaggio…”

Con un’irriverenza che indispone tanto la borghesia quanto la sinistra militante, l’antagonismo politico attraversa una mutazione estetica, le ideologie si esprimono in un nuovo individualismo che soppianta lo spirito collettivista: è il 1980 e a Milano si intrecciano la crisi del movimento studentesco e operaio e le prime pulsioni punk e new wave.

Il tessuto sociale riannoda i suoi fili in maniera radicale: tra occupazioni, edonismo, nuovi spazi e modi di socialità, controcultura. 

È una storia off, fuori dal canone, fuori dai binari dell’ufficialità e della visibilità, quella raccontata in Milano off 1980 – 198X – Racconto imperfetto di una città invisibile (Milieu edizioni), a cura di Stefano Ghittoni – musicista, dj, producer, sound designer, agitatore culturale, con la prefazione di Alessandro Bertante. Un ritratto in frammenti restituito dalle voci delle persone che hanno vissuto la città in quegli inaspettati primi anni Ottanta: da Ivan Cattaneo a Nicola Guiducci; da Patrizia Di Malta Marina Spada e molti altri.

La spinta artistica diventa il motore trainante di movimenti sociali e tendenze culturali emergenti. “Prende credibilità una forza creativa […] che crea le condizioni per non essere come i propri padri, che investe su un lavoro appagante, che se lo inventa, che sceglie di essere precaria prima del precariato”, scrive il curatore Stefano Ghittoni

Milano Off

Il passaggio agli anni Ottanta, infatti, è segnato da una pesante eredità di lotta armata e abuso di droghe, strategia della tensione, stanchezza ideologica e poi conformismo, e la reazione agli “anni di piombo”, troppo spesso tacciata di imborghesimento, passa in realtà da una nuova esplosione di creatività. Dietro l’immagine della città della moda, della finanza e del produttivismo, le giovani generazioni reinventavano la propria vita e il proprio futuro.

Il lavoro di Ghittoni, che ha raccolto testimonianze, interviste, ma anche materiali come fotografie, ritratti e flyer, ha dato vita a un racconto collettivo, in cui le voci e i ricordi si intrecciano, si sovrappongono, si confondono. Milano off mostra come la città cambiava grazie agli sforzi della cultura alternativa giovanile, che liberava le proprie energie trasformative negli spazi urbani.

Punk, gothic rock, industrial music, new wave, e poi Londra, Manchester e Berlino, ma anche quartieri e locali storici sono alcuni dei punti di riferimento estetici e culturali di questa storia milanese underground, in cui i ragazzi di Milano siedono fianco a fianco a nomi come Andy Warhol, Keith Haring, Prince, Madonna.

Gabriella Disa, Caty, Maurizia Orsi e Rossana Salomone, 1981

Gabriella Disa, Caty, Maurizia Orsi e Rossana Salomone, 1981

Su ilLibraio.it, per gentile concessione della casa editrice, proponiamo la prefazione

di Alessandro Bertante

Il termine “riflusso” è prosaico e medicale. Rimanda a problemi gastrici, all’ordinarietà dei pomeriggi impiegatizi e alla noia delle festività comandate. Non può evocare un periodo complesso e tormentato come i primi anni ottanta. Eppure, da decenni siamo ancorati a questa rappresentazione depressiva che peraltro categorizza il fenomeno in modo molto arbitrario, riconducendolo perfino a una data precisa: dal 1978 al 1982.

“Riflusso” nel privato, dunque, successivo a una straordinaria stagione di lotte e rivendicazioni politiche.

Lo schema teorico è molto semplice: durante gli anni settanta c’era stata un’onda rivoluzionaria potente e immaginifica, inquinata dalla strategia della tensione prima e dalla lotta armata poi, con una coda estenuante di conformismo gruppettaro. Al declinare del decennio, il reducismo è già un dato di fatto.

Ritorniamo nei ranghi della pace borghese e cerchiamo di dimenticarci tutto. Confondiamoci nelle metropoli grigie e desolate. Non è andata proprio così. Gli anni del “riflusso” sono tutt’altro che pacificati e molto difficili da raccontare, non possono essere derubricati in modo dispregiativo a un semplice periodo di passaggio. Le semplificazioni sommarie non ci aiutano a capire.

Credo a distanza di quarant’anni sia necessario allargare lo sguardo, adeguarlo a una prospettiva più ampia che vada oltre l’esperienza italiana e s’inquadri in un contesto europeo. Nonostante il brusco arretramento delle lotte politiche e sociali, i primi anni Ottanta furono teatro della fase più violenta e crepuscolare della lotta armata (omicidio Peci, sequestri Cirillo e Dozier) e la Strage alla stazione di Bologna ci ricorda ancora oggi quanta parte di Stato fu coinvolta nelle trame occulte di neofascisti, massoneria e servizi segreti.

Alle problematiche politiche si aggiungevano quelle sociali. Metropoli e provincia erano invase dall’eroina, tanto che nel 1984 si raggiunse la cifra enorme quanto assurda di 300.000 consumatori di droghe pesanti.

I tossicodipendenti, anzi i “tossici”, in breve tempo diventarono una presenza importante del paesaggio urbano, ma anche una presenza inedita, senza alcun precedente nella storia moderna occidentale. Si muovevano a piccoli gruppi apparentemente esclusi dal mondo reale ma in grado di aumentare la microcriminalità a livelli esponenziali. Erano tuo fratello e tua sorella, il tuo vicino di casa e il tuo vecchio compagno di classe delle elementari. Disoccupazione dilagante, inflazione al 21%, criminalità organizzata in forte ascesa in tutta Italia, delineavano un quadro sociale molto cupo. Eppure, in questo paesaggio plumbeo ci furono minoranze di giovani capaci di interpretare il presente con uno sguardo anticipatore ed esclusivo.  Milano off 1980 – 198X – Racconto imperfetto di una città invisibile ci racconta proprio questi ragazzi.

Curato da Stefano Ghittoni – musicista, dj, producer, sound designer, agitatore culturale – il libro è un arcipelago di testimonianze raccolte nel corso di diversi anni, durante i quali Ghittoni ha dato vita a un affresco vasto e significativo di una scena culturale e artistica i cui riverberi giungono ancora luminosi fino a noi.

Testimonianze personali scritte in prima persona, diversissime fra loro ma che ci aiutano a cambiare il nostro punto di vista e le nostre categorie interpretative. È curioso, infatti, che gli anni del “riflusso” nel privato (1978-82) coincidano esattamente con la canonizzazione del post-punk, la corrente musicale, artistica e sociale proveniente dal Regno Unito che invase l’Europa, rinnovandone l’immaginario.

“No future” prima di tutto ma anche sperimentazione, coraggio, fantasia, volontà di distinguersi e aprire nuove strade, individualismo, anticonformismo e soprattutto energia. Il punk, il gothic rock, l’industrial music, la new wave con tutte le sue diramazioni elettroniche e sperimentali, furono il presupposto estetico di una nuova postura esistenziale. Londra, Manchester e Berlino sono punti di riferimento importanti che irradiano la propria influenza fino a Milano, metropoli tramortita e inquieta che riesce però a trovare un linguaggio proprio, scrollandosi di dosso le scorie del decennio precedente.

Un fenomeno che fece da detonatore per esperienze non solo musicali ma anche artistiche e in ultima istanza politiche perché era proprio quello il nuovo modello da seguire. I ragazzi che si raccontano nel libro vivono il presente in modo innocente e feroce al tempo stesso perché intuiscono di essere gli unici autentici testimoni della contemporaneità. Il tempo sta viaggiando velocissimo e loro ne sono consapevoli, il nuovo decennio sarà la porta verso un mondo nuovo.

Attraverso i racconti di donne e uomini più o meno celebri – c’è una formidabile pillola di Ivan Cattaneo – ci immergiamo nel clima di quegli anni, rievocando una Milano notturna e nascosta – non è un caso che il curatore usi il termine invisibile nel sottotitolo – di grande fascino underground. Perché questa è una storia milanese, inevitabilmente contemporanea e anticipatrice. Ed è soprattutto una storia di luoghi e di locali: la fiera di Senigallia e Rattazzo, ma anche New Kary, Zabriskie Point e Buscemi, negozi di dischi che diventarono punti di ritrovo identitari, dove ci si poteva riconoscere con uno sguardo; poi l’esplosione politico creativa del Vidicon; il seminale Viridis di San Giuliano, l’Histeryka, il bar Concordia e il Pois. E infine il Plastic, vera e propria gemma mitopoietica degli anni Ottanta, ricordata con grande emozione da molti degli autori presenti nell’antologia.

Aperto proprio nel 1980, il Plastic con la sua insegna al neon colorata, brillava in un anfratto buio della circonvallazione di viale Umbria ma avrebbe potuto essere benissimo a New York. Era il luogo dove succedevano le cose, dove incontravi le persone prima solo immaginate: Andy Warhol, Keith Haring, Prince, Madonna e Grace Jones, seduti di fianco al giovane fotografo punk e al ragazzotto che qualche anno dopo sarebbe diventato un famoso stilista o magari uno scrittore.

L’insieme delle testimonianze dell’antologia, accompagnate da una splendida raccolta iconografica, danno vita a un caleidoscopico collage di stili che vanno dal narrativo puro, al memorialistico, alla prosa poetica, allo storico descrittivo ma è evidente che si tratti sempre di esperienze personali e spesso avanguardistiche – non ho nessun timore a usare questo termine – piuttosto isolate e talvolta mal comprese. Ciò che rimaneva dell’area della militanza comunista ed extraparlamentare, infatti, guardava con grande sospetto e commiserazione questi nuovi giovani che spesso arrivano dai loro ranghi ma non solo. L’estetica romantica, i capelli rasati, i vestiti neri, le spille, le catene e soprattutto l’irriverenza verso gli schemi precostituiti, disturbavano i compagni tanto quanto i borghesi benpensanti. E qui che si è creata la vera frattura sociale e politica, frattura secondo me mai ricomposta.

Scorrendo i vari contributi dell’antologia, emerge forte una rivendicazione di alterità che nasce come una istintiva scelta di distinzione ma che forse nasconde qualcosa di più profondo e profetico. Il sussurro emotivo di una prossima decadenza che non può in questo caso essere solo un destino individuale ma bensì collettivo e fatalmente ineluttabile, un destino al quale nessuna generazione successiva potrà veramente sottrarsi. Questo sussurro è l’ultima vera scintilla creativa di un Novecento che si avviava alla conclusione. Milano off 1980-198X diventa così un viaggio bellissimo ma anche coraggioso e illuminante, nel ventre profondo di una stagione unica e probabilmente irripetibile.

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