“Il futuro della musica è meraviglioso. Di lei conosciamo ancora poco”. Franco Mussida, membro fondatore della Premiata Forneria Marconi, parla con ilLibraio.it dei temi che ha sviluppato nel libro “Il pianeta della Musica”. E spiega: “Emozionarsi è l’unica cosa che davvero conta per ogni ascoltatore”

In occasione dell’uscita del libro Il pianeta della Musica, pubblicato da Salani, abbiamo intervistato Franco Mussida, chitarrista e compositore, membro fondatore della Premiata Forneria Marconi.

In questo volume il musicista esplora il rapporto tra musica ed emozioni, propone un modo diverso di ascoltarla e la rilancia come sistema operativo per la comunicazione affettiva.

La musica comunica emozioni ed è un’esperienza universale. Ma perché raramente ci si occupa del rapporto tra musica ed emozioni?
“Intanto va precisato che la musica non comunica emozioni, ma le fa sorgere in noi, le evoca. Se guardi i programmi universitari delle facoltà di Scienze della Comunicazione, della musica non c’è traccia. Eppure, tra i mezzi per la comunicazione delle emozioni e degli affetti, è il più importante e potente che abbiamo. Nei conservatori si studiano gli aspetti tecnico-strumentali, quelli teorico-matematici, la storia, l’espressività in tutte le forme, la vita degli artisti, il rapporto tra musica e sociale. Ma anche qui del rapporto emotivo tra musica e persona non c’è traccia. Tuttavia emozionarsi è l’unica cosa che davvero conta per ogni ascoltatore. Questo aspetto fondamentale, primario, sta in una specie di terra di nessuno. Eppure ciò che lega a filo doppio la Musica e l’emotività della persona è un territorio meraviglioso, esaltante. Ma è un fenomeno che riteniamo ovvio, naturale come bere o respirare, qualcosa di acquisito che viviamo per abitudine. Se aria e acqua si analizzano per certificarne natura e purezza a salvaguardia della salute, la Musica è invece un elemento invisibile che non si tocca né si assaggia. È un fenomeno emotivo considerato così normale che sembra del tutto irrilevante occuparsene. La Musica non è solo un’arte espressiva e performativa, è un generatore di emozioni, sentimenti, stati d’animo, per questo, di fatto, è una scienza umanistica. Quando si apre questa nuova porta si entra in uno spazio luminoso tutto da scoprire, dove al centro ci siamo noi stessi con le nostre private correnti emotive che danzano in nodo naturale con quelle che provengono dai flussi musicali”.

Riscrivendo l’adagio di Cartesio, lei scrive: “Sento dunque sono”. Perché è necessario imparare a sentire e non solo ad ascoltare?
“‘Penso dunque sono’ è un’affermazione che illumina il territorio del pensiero. Ma in profondità, prima ancora del pensiero, si vive l’esperienza emotiva, quella del ‘sentire’ nel senso di percepire e trasmettere ad altri intenzioni emotive. All’uomo è data la facoltà di educarsi emotivamente, di orientare eticamente le nostre emozioni in azioni concrete oltre che in pensieri. Da questo dipendono non solo i nostri rapporti personali, privati di lavoro, ma il futuro stesso del pianeta. Il mondo emotivo è prioritario, arriva prima e condiziona il resto. Ed è a questa priorità che si aggancia la comunicazione musicale. ‘Sentire Musica’ è necessario per ampliare lo spazio, la sensibilità interiore che ci fa comprendere meglio chi abbiamo davanti. Sentire è necessario per imparare ad elaborare le emozioni, ad accorgerci della loro esistenza, dargli valore e, quando serve, governarle. Sentire Musica è riempirsi interiormente di suoni, di emozioni e sentimenti percepibili, che sono il concime per il terreno emotivo che nasce ed emerge nel periodo dell’adolescenza. Significa da adulti vivere e godere di climi emotivi che ci portano e ci parlano nel territorio affettivo. Sentire la Musica significa accorgersi di poter sognare ad occhi aperti, allargare la nostra percezione emotiva. ‘Sentire’ significa percepire l’emotivo che sta tutto attorno a noi, che ci avvicina a tutto ciò che è vivente; ci avvicina agli altri, accorcia le distanze create dall’ego. Pensate quanto è importante imparare a Sentire, quanto è importante lasciar entrare in noi la Musica in modo consapevole senza fare null’altro”.

Che cos’è l’ascolto emotivo consapevole? A che cosa ci può servire?
“È una particolare tecnica di ascolto della musica sperimentata per anni in tante carceri italiane attraverso audioteche divise per stati d’animo. Un progetto chiamato CO2 che ha coinvolto centinaia di detenuti. Si impara ad attuarlo per gradi, vivendo consapevolmente l’esperienza d’ascolto della Musica immaginandola, prima di tutto, come un reagente emotivo naturale. Quando si parla di musica intendo musica solo strumentale, di ogni genere e forma, senza alcuna parola. Quando si ‘ascolta’ musica, ovvero suoni prodotti da strumenti, senza parole, senza un testo, di solito ci si allontana dalle fonti sonore, si fa dell’altro: si chiacchiera, si studia, si fa la spesa, si guida. Ci si limita ad apprezzare il clima emotivo generale. Se si impara ad ascoltare con questo metodo, ci si orienta invece verso le singole sorgenti di suono e si osserva cosa succede emotivamente dentro di noi mentre le sentiamo. Si può godere disgiuntamente delle componenti ritmiche, timbriche, melodiche e armoniche. Provare simpatia o antipatia per esse. Ascoltare in modo consapevole significa quindi accogliere il flusso sonoro ed elaborarlo affettivamente. Con questo metodo si promuove un contatto ravvicinato con la nostra struttura emotiva ed affettiva, ci si conosce meglio intimamente. Il tutto è reso possibile in quanto la musica è un naturale stabilizzatore dell’umore. A cosa può servire conoscerci meglio emotivamente? Beh non è difficile da capire”.

Lei parla di un’ecologia delle emozioni. In tempi in cui ci preoccupiamo del cambio climatico, in che modo possiamo occuparci del clima emotivo?
“In fondo, il clima del pianeta e quello interiore, in questo momento storico sono scossi da sollecitazioni di sempre maggiore violenza. Gli scoppi di rabbia e di odio sono sempre più diffusi, come gli uragani e gli sconvolgimenti naturali. I due pianeti vivono un momento di crisi e di grandi cambiamenti. Non c’è molto da fare, se non provare a metterci mano cambiando i comportamenti: verso il pianeta terreno promuovendo un’ecologia di sistema che guarda alla sostenibilità, verso il pianeta interiore promuovendo un’ecologia che esalti ciò che di positivo abbiamo, controllando con fermezza ciò che vorrebbe fare la guerra agli altri. La guerra esteriore nasce prima dentro di noi, nel nostro sentire, poi si manifesta con le armi. Inutile, però, limitare la nostra sensibilità emotiva”.

Perché?
“Emozioni e sentimenti non possono essere limitati nei loro poteri. Se lo si fa, se si prova ad eliminarli con le più fantasiose tecniche, non solo si riduce la persona a una macchina, ma ci si fa davvero molto male. Tanto male da far sì che prima o poi chi schiavizza il proprio sentire finisce per produrre a se stesso guai serissimi. Possiamo vivere meglio insieme, renderci migliori, se si aiuta la gente a comprende che ciò che accomuna tutti: non è solo la comune struttura fisica ma quella interiore. La Musica in questo è qualcosa di straordinario, un mezzo da riscoprire, valorizzare, da utilizzare in modi più consapevoli. Abbiamo bisogno di educare con la musica i ragazzi raccontando loro cosa fa dentro di noi piuttosto che raccontare cosa fa sui diversi palcoscenici dello spettacolo”.

L’esperienza diretta di musicista (la PFM e poi molto altro), l’esperienza di una scuola per musicisti che dirige (il CPM), il progetto di audioteche e ascolto emotivo consapevole nelle carceri (CO2). In che modo queste esperienze l’hanno portata a questo libro?
“L’esperienza di scrivere, suonare, espormi a un pubblico di tante nazionalità diverse, che ho fatto e faccio da oltre sessant’anni, mi ha insegnato a sentire il mio mondo emotivo, a confrontarmi con lui accettando le mie fragilità, ma anche ad affrontarle con coraggio accettando sfide difficili. Aver contribuito a fondare il CPM Music Institute, la Scuola che dirigo da 35 anni, mi ha aiutato invece a ricercare gli strumenti didattici più utili per dare entusiasmo, motivazioni forti, studiare uno strumento, diffondere la pratica musicale a livello nazionale e oltre. Ha temprato in me la voglia di comunicare tutto ciò che sta nell’area dell’invisibile emotivo con parole precise e chiare. E per farlo per prima cosa ho dovuto impegnarmi in un uso appropriato delle parole. Per parlare dei processi emotivi molte le ho anche dovute inventare. Attraverso il Progetto CO2 nelle carceri ho potuto sperimentare per decine di anni quanto la Musica sia uno straordinario stabilizzatore dell’umore, una vitamina per l’anima che, se somministrata, fatta ascoltare nel giusto modo, permette di comprendere, di sentire come vera l’affermazione che la Musica e la persona, da un punto di vista emotivo, in fondo sono una sola cosa”.

In che modo la musica può aiutare persone che vivono una prigionia (concreta) o una gestione problematica delle emozioni? La musica può avere una funzione emancipatoria, un ruolo politico/sociale?
“Ascoltare musica strumentale di ogni genere, consapevolmente, per tanto tempo, imparando a distinguere come lavorano le diverse parti del suo codice sorgente (dalla descrizione del libro capiscono cosa sia anche i non musicisti), apre a una diversa visione di sé stessi da un punto di vista emotivo. Come ho già detto, la musica strumentale è uno straordinario mezzo per vivere appieno le proprie emozioni in quanto le stabilizza, le rende osservabili nel tempo mettendo in risalto i diversi climi emotivi. Nel convegno su CO2, organizzato dall’Università di Pavia, attraverso l’analisi di diverse decine di migliaia di brani di ogni genere, ascoltati da un centinaio di detenuti, si è dimostrato come questa pratica d’ascolto li abbia aiutati a rafforzarsi affettivamente, accentuando le loro curiosità, a comprendere che il cuore della loro vita sono appunto le loro emozioni, e che rispettarle equivale a dare valore e rispetto a sé stessi e per conseguenza agli altri. La politica è gestione della cosa pubblica, che è anche cultura. Mi auguro davvero che per renderci migliori in futuro si investa molto di più sullo studio della musica nelle scuole, cominciando a formare insegnanti consapevoli del potere emotivo della musica stessa”.

La musica è uno stupefacente. Una battuta, una provocazione, o c’è del vero in questo parallelo?
“La musica è uno stupefacente naturale. Nel libro descrivo come le principali sostanze stupefacenti quali cannabis, ecstasy, cocaina, eroina, dialoghino con i singoli elementi del codice musicale: timbro, ritmo, melodia, intervallo-armonia. È incredibile come questo ci insegni ad aiutare i genitori a capire meglio la voglia di sperimentare il senso del limite dei propri figli. Le droghe nel libro vengono intervistate, diventando protagonisti parlanti che svelano come di fatto l’esperienza delle sostanze sia una scorciatoia per vivere esperienze del limite. Esperienze che si possono anche fare in modo simile attraverso la musica. Il mondo musicale è la chiave della nostra cassaforte più privata, quella che ci apre il mondo emotivo. Solo per fare un esempio, si può dire che l’eroinomane sia un perenne assetato d’armonia, saperlo aiuta a trovare rimedi efficaci da affiancare ad ogni cura disintossicante. Rimedi che, come si racconta nel libro, non sono solo musica”.

Nel suo libro si parla di un test di ascolto? Come possiamo capire meglio il nostro tipo emotivo con la musica?
“La musica andrebbe considerata un reagente naturale. A seconda della quantità e qualità di suoni, timbri, ritmi, melodie armonie etc. usate nelle composizioni, eccita in modo più o meno forte i nostri quattro comuni continenti emotivi. Li eccita facendo uscire da loro l’arcobaleno dei nostri sentimenti. La lettura del libro apre al riconoscimento di questi continenti emotivi. Lo fa anche attraverso un test musicale che si basa sui nostri rapporti istintivi di simpatia e antipatia con il mondo del suono. Ogni canzone, o composizione strumentale, contiene precise componenti del codice musicale che, del tutto istintivamente, ciascuno di noi decodifica. Musica e persona si attraggono, si potrebbe dire, per la forza magnetica, sono i due poli di una calamita. La Musica si attacca al filtro emotivo individuale, personale, unendosi alle rispettive polarità emotive delle singole persone, ai loro specifici continenti emotivi trasformati in qualcosa di unico e personale, offrendo così un grande piacere affettivo. Se si impara ad osservare l’effetto emotivo che fa in noi una certa musica, si può arrivare anche a riconoscere meglio le nostre propensioni temperamentali, caratteriali, quelle che rendono unico il nostro filtro musicale affettivo”.

A quale lettore si rivolge il suo libro?
“A tutti gli ascoltatori, di qualsiasi genere e forma musicale, dal rock di tutti i tipi al pop, dal jazz alla classica, ai generi più lontani tra loro, dalla trap all’elettronica di ricerca. Gente che ha la curiosità di voler vivere lucidamente il proprio rapporto con la musica, sentendosi pienamente protagonista del fenomeno emotivo che la musica dona a ciascuno, anche se non si sa suonare nulla. Perché la musica non è un genere, è il genere che li contiene tutti, anche quelli che verranno. È un sistema operativo aperto come Linux, un libero giacimento di materiale vitale e vibrante a disposizione di chi vuole organizzarlo in forme. Un giacimento inesauribile che continuerà a sorprenderci. Per questo il futuro della musica è meraviglioso. Di lei conosciamo ancora poco. Forse per questo quelli della mia generazione dicevano che avrebbe cambiato il mondo. La strada è lunga, ma in fondo il pensiero è giusto”.

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