Su ilLibraio.it un estratto da “Parole intonate. 20 abbinamenti tra letteratura e musica pop” del giornalista musicale Franco Capacchione. Tra i protagonisti, artisti e autori come De André, Kurt Cobain, William Burroughs, Patti Smith, Jean Genet, James Baldwin e Nina Simone

Che cosa lega Loredana Bertè a Charles Bukowski? E perché Madonna, la regina del pop, ha trovato sintonie personali nel romanzo del premio Nobel Mario Vargas Llosa? La musica del nostro tempo, rock, pop o leggera (il fenomeno è trasversale), ha avuto una fonte di ispirazione nella letteratura del passato. Si è lasciata attrarre da un’opera letteraria o dalla personalità del suo autore, usandoli come terreno fertile sul quale costruire qualcosa di nuovo.

Nel libro Parole intonate. 20 abbinamenti tra letteratura e musica pop (Franco Cesati Editore, collana Ciliegie) del giornalista musicale Franco Capacchione sono raccolti venti esempi di affinità elettive tra un libro e un disco. In alcuni casi il musicista ha ripreso dal libro, personalizzandoli, trama e personaggi (come De André con l’Antologia di Spoon River o Bennato con Pinocchio), in altri ha formato il suo immaginario su un testo e sul suo autore, come Kurt Cobain con William Burroughs o Patti Smith con Jean Genet. Le assonanze possono essere anche legate a un momento storico o a un percorso individuale, privato, come la lotta per i diritti civili che ha impegnato tanto lo scrittore James Baldwin quanto la cantante Nina Simone.

Come si spiega nella presentazione, tutti i libri e i dischi presi in esame sono considerati alla pari, come opere frutto di ingegno, senza distinzioni tra “alto” e “basso”: al di là del mezzo espressivo scelto, sono infatti testimonianza preziosa dell’epoca nella quale hanno visto la luce e raccontano l’essere umano.

"Parole intonate" di Franco Capacchione

Su ilLibraio.it, per gentile concessione della casa editrice, il capitolo dedicato a Pier Vittorio Tondelli & CCCP:

Il mito della strada, il viaggio come scoperta di sé e possibilità di ripartire con una nuova vita, da qualche altra parte. Sembrava che solo gli americani sapessero raccontare quest’inquietudine, l’incessante voglia di fuggire. Poi nel 1980 esce Altri libertini di Pier Vittorio Tondelli e una generazione intera scopre che la via Emilia può essere fascinosa e selvaggia come la Route 66, anzi di più perché è facilissimo riconoscersi, in quegli anni, nei personaggi raccontati dallo scrittore nato a Correggio, Reggio Emilia, nel 1955. Con una prosa ritmica, “parlata”, che sembra non prendere mai fiato, il libro dà uno scossone alla polverosa letteratura italiana, le regala aria nuova lasciando che in un testo scritto entri la vita. Per raccontarne la nascita, Tondelli descrive le sue influenze:

Penso sia un libro che appartiene alla cosiddetta letteratura “emotiva” che si basa soprattutto sulla lettura di Céline, del primo Arbasino, di Baldwin e di tutta la letteratura dura e violenta: da William Burroughs a Richard Price o anche un Selby, diciamo una specie di narrativa drammatica che si basa molto sull’azione, sull’intrigo, sul personaggio, quindi un libro tutto raccontabile che si può riassumere a voce e che nella voce trova una sua dimensione di scrittura.

I sei racconti che lo compongono sono ambientati appunto tra Bologna, Reggio Emilia e Correggio. Postoristoro, il primo della serie, racconta la ricerca estenuante di una dose di eroina: si svolge nel bar di una stazione di provincia tra tossici, mafiosetti, fuori di testa. In Mimi e istrioni, quattro donne sono alle prese con gruppi teatrali sperimentali, radio libere dai nomi improbabili, si confrontano con il rifiuto delle ideologie e la realizzazione personale è intesa come ricerca della felicità, non come carriera:

ma la Sylvia ha la forza di urlare sulla porta che a noi non frega un cazzo dell’ideologia, ma solo delle persone tout-court e che le alleanze si stringono sui vissuti e mica sulle chiacchiere.

Giorni vissuti di corsa prima di scontrarsi con l’assunzione di responsabilità: Viaggio descrive gli anni di formazione del narratore: il vagabondare dopo la maturità in giro per l’Europa, la presa di coscienza della propria omosessualità, l’esperienza con le droghe pesanti, l’università a Bologna, il clima di paranoia in una Milano presidiata dalla Polizia, impegnata a reprimere un corteo. In Senso contrario torna la provincia con i suoi abitanti anziani, testimoni di epoche scomparse:

Dice che abbiamo pagato troppo caro il prezzo per la ricerca di una nostra autenticità, che tutto quanto abbiamo fatto era giusto e lecito e sacrosanto perché lo si è voluto e questo basta a giustificare ogni azione, ma i tempi son duri e la realtà del quotidiano anche e ci si ritrova sempre a far i conti con qualche superego malamente digerito; che è tutta un’illusione, che non siamo mai state libere come ora che conosciamo il peso effettivo dei condizionamenti.

Restano in pochi qua e là e quando li si incontra è un indefinibile trapasso d’esperienza che capita, un attimo di comunicazione quella vera, persino ardente e si rimane poi lì tutta la notte a menarsela su e giù dagli anni, avanti e indietro nel tempo in una bella confusione che però è la storia viva e anche storia nostra.

In Altri libertini, racconto che dà il titolo al libro, la descrizione della stanza di una ragazza diventa il mezzo per elencare i punti di riferimento culturali e musicali dell’epoca:

a sentirci vecchiaroba ma ottima dei Jefferson Airplane e Soft Machine, qualcosina dei Gong e degli Strawbs e qualcos’altro di Lou Reed tanto per non scontentare il Miro. Poi altri spinelli assieme a Trespass dei Genesis che tutti noi ricordiamo a Reggio Emilia che eravamo quindicenni o poco più e anche se capivamo ben poco di musica ci piaceva la gente colorata e chiassosa.

Autobahn chiude il libro ed è un nuovo inno al viaggio come esperienza di vita, uno strappo liberatorio dall’immobilità della provincia per aprirsi all’esperienza:

Correggio sta a cinque chilometri dall’inizio dell’autobrennero di Carpi, Modena che è l’autobahn più meravigliosa che c’è perché se ti metti lissù e hai soldi e tempo in una giornata intera e anche meno esci sul Mare del Nord, diciamo Amsterdam, tutto senza fare una sola curva, entri a Carpi ed esci lassù.

Nel 1992, coi suoi CCCP ormai ribattezzati CSI, Giovanni Lindo Ferretti scrive un ricordo di Pier Vittorio Tondelli:

Ci siamo rivisti poche volte, lui scrittore noi musici. Io leggevo i suoi libri, lui ascoltava i nostri dischi. Io aspettavo i suoi libri. Avevo comprato […] Altri libertini caldo di stampa e fresco di polemiche. Cominciai a leggerlo subito per strada, in un pomeriggio assolato, accomodandomi poi su una panchina dei giardini cento metri più in là. Lettura nervosa, veloce, sorprendente da farmi alzare spesso gli occhi per sorridere compiaciuto.

I CCCP, proprio come Tondelli, decidono di riappropriarsi del territorio nel quale sono cresciuti, l’Emilia, e di raccontarlo a modo loro, con furia punk e attitudine situazionista. Hanno molto viaggiato prima di tornare alla base e capiscono che Berlino Est non è molto diversa da Reggio Emilia, in fondo. E rimandano al mittente le influenze musicali provenienti da Inghilterra e Stati Uniti, luoghi “sacri” per ogni musicista che imbracci la chitarra elettrica. In più dalla loro terra recuperano, anche come messaggio estetico, l’ortodossia comunista. Manifesto del loro primo album, pubblicato nel 1986, Emilia Paranoica: i luoghi abitati dai personaggi di Altri libertini incontrano un suono che sa di ossessione.

Camminare leggero, soddisfatto di me
Da Reggio a Parma, da Parma a Reggio
Da Modena a Carpi, da Carpi al Tuwat, da Carpi
al Tuwat, da Carpi al Tuwat
Emilia di notti, dissolversi stupide sparire una ad una
Impotenti in un posto nuovo dell’ARCI

Lo sgomento esistenziale, il vivere oggi senza prospettive per il futuro sono al centro di Noia:

Mi annoio
normalmente
mortalmente
Mi annoio
mortalmente
normalmente
Non so bene non so cosa non so quando non so dove
Non so più
Non so non so non so

Io sto bene diventa un classico dei live della band anche dopo la trasformazione in CSI. Una cantilena infantile per raccontare ancora una volta la confusione esistenziale di un momento (giovanile) della vita:

Io sto bene, io sto male, io non so dove stare
Non studio, non lavoro, non guardo la tivù
Non vado al cinema, non faccio sport

Valium Tavor Serenase è uno schizzo tossico con al centro una citazione del classico del liscio Romagna mia di Raoul Casadei, tanto per dichiarare al mondo da dove viene quell’urlo.

Una sequenza di pezzi nati nel tempo e registrati con le doverose difficoltà di chi muove i primi passi. Racconta Massimo Zamboni:

Abbiamo dovuto lavorare un casino. Eravamo in uno sfigatissimo studio di Bologna, ci passava il tram vicino ed entravano dentro le vibrazioni. La gestazione è stata lunga e difficile soltanto per ragioni tecniche: avevamo tutto pronto in realtà, le canzoni e il resto.

I CCCP non si identificano con niente e nessuno, tanto da avere diversi scontri con i centri sociali che li ospitano per i loro primi concerti. Vogliono solo raccontare un mondo che va in frantumi: il loro personale, quello dell’Emilia, l’Oriente comunista come l’Occidente imperialista. Per farlo creano un insieme musicale e concettuale mai sentito prima in Italia. Vedono quello che li circonda e reagiscono. Seguendo l’invito del protagonista-narratore di Autobahn, il racconto di Tondelli:

Solo questo vi voglio dire credete a me lettori cari. Bando a isterismi, depressioni scoglionature e smaronamenti. Cercatevi il vostro odore eppoi ci saran fortune e buoni fulmini sulla strada.

(continua in libreria…)

 

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