Noam Chomsky, intellettuale e stimato linguista internazionale, nel libro “Precipizio. Il capitale all’attacco della democrazia e il dovere di cambiare rotta” torna a esprimersi con pungente lucidità sui temi che gli sono stati cari durante tutta la sua carriera: politica statunitense e internazionale, controversi interessi economici e dinamiche di potere. Su ilLibraio.it un estratto dal capitolo “Per riprenderci dal COVID-19 dobbiamo immaginare un mondo diverso”

Noam Chomsky, intellettuale e stimato linguista internazionale, nel libro Precipizio. Il capitale all’attacco della democrazia e il dovere di cambiare rotta (Ponte alle Grazie, traduzione di Valentina Nicolì) torna a esprimersi all’alba dei suoi 93 anni con pungente lucidità sui temi che gli sono stati cari durante tutta la sua carriera: politica statunitense e internazionale, controversi interessi economici e dinamiche di potere.

Si tratta di un saggio (la cui uscita è prevista in contemporanea mondiale) in cui le idee di Chomsky prendono vita grazie alle domande di C.J. Polychroniou, economista politico e giornalista, che ha intervistato il linguista durante gli anni della presidenza Trump.

Tema centrale che unisce le riflessioni di Chomsky è infatti il fenomeno politico del populismo autoritario, che ha interessato gli Stati Uniti con l’elezione di Donald Trump, ma anche molti altri paesi del mondo in cui sembrava che la democrazia si stesse solidificando. Un fenomeno che secondo Chomsky vale la pena analizzare nonostante la vittoria elettorale di Joe Biden, poiché anche se Donald Trump ha perso consensi, tutte le caratteristiche del trumpismo sono ancora ampiamente diffuse nella popolazione, e creano le basi per una polarizzazione politica che continua a dividere l’America e non solo.

La crisi politica che ha colpito le democrazie a livello internazionale, la crisi sanitaria e il cambiamento climatico: questo è l’aspetto del precipizio verso cui il mondo è diretto e che Chomsky cerca di analizzare da un punto di vista critico e politico. Non manca, comunque, una nota ottimista nella contestazione della politica e della società contemporanea portata avanti dall’autore, e cioè la grande mobilitazione che ha portato moltissime persone a protestare contro la crescente inegualità, contro il razzismo endemico e contro le violenze delle forze di polizia. Infatti, per Chomsky l’unica chiave per superare questi problemi su scala globale, profondamente interconnessi, è proprio l’azione, a cui ognuno di noi è chiamato affinché l’umanità possa sopravvivere.

precipizio noam chomsky

Per gentile concessione della casa editrice, su ilLibraio.it un estratto:

Per riprenderci dal COVID-19 dobbiamo immaginare un mondo diverso

con Robert Pollin

Noam, quali sono gli insegnamenti che possiamo trarre dalla crisi sanitaria globale provocata dal coronavirus?
N.C. Gli scienziati da molto tempo avevano previsto il rischio di pandemie, soprattutto a partire dalla SARS del 2003, provocata da un ceppo del coronavirus simile a quello del COVID-19. Essi prevedono inoltre che ci saranno altre, e forse peggiori pandemie. Se vogliamo prevenire le prossime, dobbiamo quindi domandarci come tutto questo sia potuto accadere e modificare ciò che non ha funzionato. Gli insegnamenti da trarre sono di vario tipo, dalle cause profonde della catastrofe ai problemi che riguardano i singoli paesi. Io mi concentrerò soprattutto sugli Stati Uniti, benché sia un po’ fuorviante dal momento che il nostro paese è sicuramente in fondo alla classifica quanto ad adeguatezza della risposta alla crisi.

I fattori fondamentali sono piuttosto chiari. Il male affonda le radici in un colossale fallimento del mercato, esacerbato dal capitalismo dell’era neoliberista; sussistono poi degli elementi specifici degli Stati Uniti, che vanno dal disastroso sistema sanitario e dalla debole tenuta della giustizia sociale – gli Stati Uniti sono agli ultimi posti nella classifica dell’OCSE – a quella macchina demolitrice che si è impossessata del governo federale.

Il virus responsabile della SARS fu identificato in breve tempo; furono sviluppati dei vaccini, ma la fase della sperimentazione non fu poi portata avanti. Le compagnie farmaceutiche mostrarono scarso interesse: esse reagiscono ai segnali del mercato, e non c’è grande profitto nel destinare risorse per prevenire una catastrofe annunciata. L’epitome odierna di questo fallimento generalizzato è la mancanza di ventilatori, il più grosso problema nell’immediato: un disastro micidiale, che costringe medici e infermieri a fare la scelta atroce di chi sacrificare.

L’amministrazione Obama si era già resa conto che ciò poteva costituire un serio problema. E infatti ordinò ventilatori di alta qualità e a basso costo da una piccola società che fu poi acquisita da una grossa multinazionale, la Covidien; quest’ultima mise da parte il progetto, evidentemente perché quei prodotti avrebbero potuto competere con i suoi costosi respiratori. Dopodiché informò il governo di voler rescindere il contratto perché non era sufficientemente redditizio.

Fin qui, rientra tutto nella solita logica capitalista. A quel punto, però, la patologia neoliberista si è manifestata ancora una volta. Il governo sarebbe potuto intervenire, ma questo è assolutamente vietato dalla dottrina dominante enunciata a suo tempo da Ronald Reagan: il governo è il problema, non la soluzione. Dunque, non si è potuto fare nulla.

Vale la pena soffermarci un momento sul significato di quel precetto. In pratica, significa che il governo non è la soluzione quando è in gioco il benessere della popolazione, mentre invece è certamente la soluzione quando il problema coinvolge la ricchezza privata e il potere societario. Gli esempi sono innumerevoli, da Reagan in poi, e non c’è bisogno di elencarli. Il mantra del «governo malvagio» è affine a quello del tanto decantato «libero mercato», che viene puntualmente distorto per adeguarlo alle pretese del capitale.

Le dottrine neoliberiste sono penetrate anche nel settore imprenditoriale privato. Il modello aziendale esige «efficienza», ossia la massimizzazione del profitto, e al diavolo le conseguenze. Per quanto riguarda la sanità privata, ciò implica non avere nessuna capacità di scorta: appena quel tanto che basta per tirare avanti in condizioni normali, e anche in quel caso giusto l’essenziale, con costi ingenti per i pazienti ma con il bilancio in ordine (e lauti compensi per il management). E se accade qualcosa di inaspettato, che sfortuna!

Questi inviolabili principi aziendalisti hanno numerosi effetti su tutta l’economia. Il più grave riguarda la crisi ecologica, la cui importanza mette in ombra l’attuale crisi legata al coronavirus. Le multinazionali dei carburanti fossili sono sul mercato per massimizzare i profitti, non per fare in modo che la società umana sopravviva, un fatto di secondaria importanza. Cercano costantemente nuovi giacimenti petroliferi da sfruttare. Non sprecano certo le loro risorse in energie sostenibili e anzi ne demoliscono i progetti, per quanto redditizi, perché possono fare più soldi accelerando la distruzione di massa.

(continua in libreria…)

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