Come ritrovare il senso della realtà perduto? Sentirsi disconnessi dal presente, dal proprio corpo, è una condizione che riguarda sempre più persone. Abbiamo intervistato Francesca Ramsay, autrice del saggio “Toccami – Viaggio in cerca della realtà”, che parte alla ricerca delle esperienze in grado di riallineare mente e corpo, qui ed ora: “La crisi contemporanea con la realtà può essere considerata una crisi spirituale…”

“Da che mi ricordo, ho sempre vissuto a una certa distanza dalla mia vita”: con questo incipit, Francesca Ramsay dà una delle definizioni forse più evocative di cosa significhi sentirsi disconnessi dal proprio corpo, dal qui ed ora, insomma, dalla realtà.

Toccami – Viaggio in cerca della realtà è il titolo del saggio, tradotto da Paola De Angelis e pubblicato da Atlantide BLU, che riporta le tappe di un percorso molto personale, ma estremamente condivisibile, alla riscoperta della realtà perduta

Toccami Francesca Ramsey

Dal lockdown in poi, sempre più persone hanno provato l’esperienza, straniante e angosciosa, del sentirsi dissociati dal momento presente: vuoi perché si è venuti a contatto con eventi di spaventosa incertezza, vuoi anche perché il ruolo della tecnologia è diventato sempre più centrale nelle nostre vite.

Sviluppare un’identità digitale non è un’attività che appartiene solo alle aziende o ai personaggi pubblici, ormai, ma accomuna chiunque abbia una presenza sui social media. Ciò, secondo Ramsay, una storica dell’arte inglese, influisce prepotentemente sulla nostra psiche e sul nostro modo di stare al mondo: siamo sempre più distaccati dal nostro corpo fisico e le esperienze lontane dagli schermi non vengono vissute con la pienezza che ci si aspetterebbe. Come suggerisce il titolo originale, Pinch me, ovvero “dammi un pizzicotto”, Ramsay – che abbiamo intervistato – nel suo libro parte alla ricerca delle esperienze più semplici e basilari che riescono a riallineare la sua mente al suo corpo, come le è successo davanti a un quadro minore di Picasso a Parigi…

Il suo libro racconta un percorso molto personale, eppure potenzialmente universale, su come ritrovare il senso della realtà perduto. Perché la disconnessione con la realtà ci riguarderà sempre di più?
Toccami asseconda il mio tentativo di vivere una vita più connessa. Il libro è iniziato proprio come un viaggio personale: volevo esplorare i miei sentimenti di dissociazione e disconnessione dal momento presente. Ma, mentre proseguivo con la mia ricerca, mi sono resa conto che lo stato di disconnessione che stavo vivendo riguarda molti di noi e che sta andando sempre peggio”.

Ci spieghi cosa ha osservato.
“Il libro afferma che un accumulo di norme culturali presenti nella vita di oggi ci ha portato a una crisi della realtà. Incredibili progressi nella tecnologia significa che le news e le tragedie mondiali (su una scala globale) sono ormai i nostri compagni di stanza. Incredibili progressi nella scienza ci hanno confermato teorie che rigettano l’anima, l’aldilà, l’esistenza di un senso in questo universo. Ci viene detto come vivere, chi essere, chi ‘seguire’ e come essere ‘seguiti’ sui social, sino al punto che la nostra presenza online diventa irriconoscibile persino a noi stessi. E, ciliegina sulla torta, beh, questi sono tempi spaventosi in cui vivere…”.

Il presente e il futuro non lasciano ben sperare…
“Abbiamo paure molto reali sulla crisi climatica, le guerre e i genocidi che avvengono nel mondo, l’avanzata inarrestabile delle tecnologie e dell’intelligenza artificiale. Farsi coinvolgere emotivamente in tutto questo è estenuante, quindi è più facile disconnettersi”.

Quanto tempo ha impiegato a maturare questa sua convinzione?
“Può sembrare difficile da credere, se guardiamo l’angoscia esistenziale con cui vi ho appena bombardato, ma l’idea da cui è partito il libro ha avuto origine da un momento molto bello, che ho vissuto alcuni anni fa”.

Ci racconti.
“Mi trovavo a Parigi, accompagnavo un gruppo di adolescenti americani annoiati in gita. Non ero per niente qualificata per quel lavoro, ero stressata e incapace di occuparmi dei loro bisogni di alunni. Ho reagito estraniandomi completamente dal presente, fluttuando come se fossi in un sogno. O meglio, fino a una mattina in particolare. Avevo un paio di ore libere e quindi mi sono recata al Museo Picasso e ho visto questo dipinto – niente di incredibile, una natura morta con alcune mele e una caraffa bianca di ceramica – ma ha avuto un effetto veramente strano su di me…”.

Cioè?
“Guardarlo mi ha scosso e riportato nel presente in un modo che non ho provato per l’intera gita. Il dipinto ha fatto scattare qualcosa in me… che mi ha fatto sentire reale. Quando sono tornata ho pensato: dunque, come posso averne ancora? E poi siamo stati chiusi in lockdown, e il mondo per tanti di noi appariva confuso. Ho immediatamente capito che quella legata all’esplorazione della realtà e a come la possiamo trovare era una conversazione di cui avevamo bisogno”.

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Per lavoro si occupa di arte, da tanti punti di vista. In che modo essa influenza la nostra percezione del reale? E per lei che ruolo ha avuto?
“Le arti visive sono molto importanti per me: ho studiato come storica dell’arte e ho insegnato in collezioni in ogni parte del Regno Unito e dell’Europa, quindi mi sembrava giusto fondare il mio libro sulle opere che hanno avuto un effetto autentico sulla mia persona. Proprio a causa di ciò che è successo con il dipinto di Picasso, ho avuto l’idea (forse naif, con il senno di poi) che avrei potuto dissezionare il dipinto per arrivare al cuore del perché ho reagito in maniera così forte e vedere se può funzionare con qualsiasi altra cosa”.

E com’è andata a finire?
“Se si legge il libro, si scopre che non è stato così facile! Una cosa che ho capito, però, è che gran parte di ciò che i miei artisti preferiti facevano era semplificare tutto ciò che dipingevano ai loro tratti essenziali, alla loro essenza. Questo atto di placare le distrazioni e gli stimoli mi avvicina al sentimento di realtà più di ogni altra cosa. Sta tutto nel concentrarsi su una cosa sola alla volta (e quando mai ci capita oggi?). Ne è risultato che vale per tutte le cose che sono finita a cercare: sesso o meditazione, ascoltare musica assordante… tutto ciò che semplifica la molteplicità di stimoli con cui siamo sballottati ogni secondo. È lì che ho trovato il nascondiglio della realtà”.

Proprio per via del suo lavoro, cita abbastanza spesso l’Italia…
“La mia relazione con l’Italia è passata attraverso la sua arte: inevitabilmente, mi sono innamorata del Rinascimento da adolescente, e mi sono soffermata sul Quindicesimo e Sedicesimo secolo durante i miei studi. Negli ultimi tre anni, però, ho lavorato in Italia piuttosto regolarmente, ed è stato bello poter coltivare una relazione quotidiana con questo paese, imparando a conoscerlo come un luogo che esiste oggi, piuttosto che come la terra fantastica del cibo, del vino, dell’arte e dell’amore che viene raccontato ai turisti. Dunque, in modo pratico e forse adeguato, la mia relazione con l’Italia sta diventando sempre più reale”.

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Il senso della realtà che lei cerca, nel libro assume spesso i contorni sfumati di una ricerca spirituale e religiosa. Forse la crisi che caratterizza questi tempi è proprio di questo tipo?
“Immagino che in un contesto più ampio il mio viaggio di ricerca abbia assunto le sembianze di un percorso spirituale. Mi è venuto in mente, ma solo piuttosto tardi durante il processo di scrittura, che molto di ciò che è in grado di riportarmi nel reale può essere trovato in un contesto ecclesiastico o spirituale. I paesaggi, il cielo, il contatto, l’acqua, dipingere, la musica: tutte queste esperienze sensoriali che ci fanno volgere verso il divino, ho scoperto che funzionano anche nel farmi tornare a me stessa. La crisi contemporanea con la realtà può essere considerata una crisi spirituale. Vivendo in una società sempre più secolarizzata (e mi considero parte di essa, non facendo parte di nessuna religione strutturata), abbiamo perso il codice morale che la fede dà per vivere e la ferma statura che lo accompagna all’interno del nostro universo conosciuto. Non dico che vogliamo le regole, ma l’assenza di guida sembra che ci abbia lasciato un po’ sperduto. Non c’è da stupirsi che tanti di noi stiano ancora cercando un sistema di credenze alternativo. In un mondo guidato dalla scienza, cerchiamo qualcosa di più. In sostanza, cerchiamo un senso…”.

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