Nel saggio “Il sugo della storia” Massimo Montanari ci guida in un viaggio tra storia e cucina, mostrandoci come il cibo sia parte della storia e della cultura di una società

Ne Il sugo della storia (Laterza) Massimo Montanari – professore di Storia medievale e Storia dell’alimentazione all’Università di Bologna, già autore di numerosi libri sulla storia dell’alimentazione, fra cui Il riposo della polpetta – torna a raccontare storie che hanno al centro il cibo: riflessioni, gesti, atteggiamenti, mode, pratiche, storie di vita da cui, appunto, spremerne il sugo. Nella convinzione che cibo e cucina siano una parte importante della storia e della cultura di una società, e che possano rivelarne il carattere, e i meccanismi dell’agire, materiale e intellettuale.

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“Una curiosa tradizione insegna che per condir bene l’insalata ci vorrebbero almeno quattro persone: un saggio, un avaro, un prodigo e un matto. Il primo, dotato di ‘sale in zucca’, doserà al meglio la quantità del sale. Il secondo terrà sotto controllo la (piccola) quantità di aceto da versare. Il terzo spargerà olio a piene mani. Infine il matto mescolerà tutto con energia, saltando l’insalata in lungo e in largo, amalgamando il tutto con furia gioiosa.”

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Alla fine de I promessi sposi, Alessandro Manzoni tira le somme del racconto appena concluso e presenta “il sugo della storia“. È un’ennesima metafora gastronomica, giacché agli uomini viene spontaneo da sempre rappresentare il mondo come una cucina, una pentola, una pietanza: d’altronde il cibo è strumento (e immagine) della vita. Nel caso del sugo, la metafora funziona perché anche in cucina – come nelle storie – è il sugo a dare senso e personalità ai piatti. Salse, sughi, condimenti si aggiungono e si combinano all’ingrediente principale ma non sono accessori secondari: hanno un’importanza decisiva nel definire lo specifico carattere della vivanda, e con esso gusti, abitudini, identità gastronomiche e culturali. Sono quei particolari a dare senso e calore alla cucina, a fare del cibo – ben oltre il suo valore nutrizionale – uno strumento di piacere e un’occasione di socialità. È il tocco in più (o in meno) che fa la differenza e a lungo andare genera abitudine, affezione, quasi dipendenza.

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