Qual è la cosa più importante che sta alla base della comunicazione? Valentina Falcinelli, copywriter, esperta in brand language e formatrice, non ha dubbi: la chiarezza, nel pensiero prima e nella formulazione poi. E nel suo libro “Testi che parlano. Il tono di voce nei testi aziendali” propone una serie di accorgimenti per rendere chiari i propri testi, aziendali e non…

Qual è la cosa più importante che sta alla base della comunicazione? Valentina Falcinelli, copywriter (nel 2009 ha fondato Pennamontata, una ‘boutique della comunicazione’), esperta in brand language e formatrice, non ha dubbi: la chiarezza, nel pensiero prima e nella formulazione poi. E nel suo libro Testi che parlano. Il tono di voce nei testi aziendali (Franco Cesati Editore), l’autrice propone una serie di accorgimenti per rendere chiari i propri testi, aziendali e non.

I testi hanno infinite personalità, proprio perché scritti in infiniti modi, su diversi supporti: ce ne sono di scritti male e scritti bene, ma hanno tutti una caratteristica in comune: la volontà di esprimere qualcosa. E come? Attraverso le tecniche usate dal suo autore, dalla costruzione del ritmo, al tono, alla punteggiatura; può sembrare semplice, quasi naturale, ma non lo è affatto. Anzi, molto spesso i messaggi mostrano ambiguità, spesso non volute dall’autore. In Testi che parlano, Falcinelli si propone di dipanare questi dubbi, per identificare la propria voce, che sia per un progetto personale o aziendale poco importa: l’importante è farsi capire.

copertina Falcinelli

Per gentile concessione dell’editore, su ilLibraio.it ne pubblichiamo un estratto:

Testi aziendali (e non): 5 suggerimenti per essere sempre “più chiari di così”

“Ti giuro: so cosa voglio dirti ma non riesco a dirtelo”. Quante volte vi è capitato di pronunciare questa frase a un amico? La verità è che quando non sappiamo come dire qualcosa, nella stragrande maggioranza dei casi è perché non siamo stati in grado di riorganizzare le idee e le informazioni; finisce quindi che diciamo quello che vorremmo dire nel modo in cui non dovremmo farlo: con giri inutili di parole, concetti troppo difficili, idee distribuite a casaccio. Càpita.

Il primo pilastro che rende solida la struttura di un contenuto, piccolo o grande che sia, è la chiarezza. Ogni volta che il lettore, di fronte al nostro testo, torna indietro, noi abbiamo fatto male il nostro lavoro.

Ogni volta che il lettore non si sente sicuro di aver capito al cento per cento quello che avevamo da dirgli, abbiamo fallito. È per questo che per rendere al lettore un testo chiaro dobbiamo prima aver chiaro noi, come autori, cosa vogliamo comunicare.

La chiarezza, a differenza di ciò che pensano in molti, non corrisponde sempre alla sinteticità. Non fa per forza il paio con l’economia testuale. Spesso, per essere chiari, più chiari, abbiamo bisogno di usare qualche parolina in più. Se l’aggiunta di battute è funzionale alla chiarezza del messaggio, allora ben venga.

Come si fa quindi a scrivere nel modo più chiaro possibile? Ecco qualche suggerimento.

1. Chiarite prima il messaggio (o i messaggi)

Prima di scrivere, raccogliete le idee e organizzate le informazioni. Soprattutto, chiedetevi: “Cosa voglio dire?”. Non dimenticate di farvi anche la domanda delle domande, ovvero: “A chi sto comunicando?”. Questo quesito è oltretutto alla base dello studio del giusto tono di voce.

In merito alla prima domanda (“Cosa voglio dire?”), sappiate che il più delle volte vi troverete a scrivere testi che conterranno diversi messaggi. A quel punto dovrete lavorare dando loro un ordine gerarchico preciso: messaggio primario, messaggio secondario, dettagli.

Un esempio:

Messaggio primario

Posso aiutare la tua azienda a trovare la sua personalità unica e riconoscibile attraverso le parole e il giusto tono di voce.

Messaggio secondario

-per clienti consolidati

Vi conosco già e posso potenziare la vostra comunicazione.

-per clienti potenziali

I vostri concorrenti stanno capendo l’importanza di avere un tono di voce distintivo. E ci stanno già lavorando.

Dettagli

Ho già lavorato sul tono di voce di NOME AZIENDA, NOME AZIENDA e NOME AZIENDA.

Così facendo, ossia dando un ordine chiaro, i vostri messaggi risuoneranno con grande chiarezza.

2. Occhio agli “ismi”

Neologismi, tecnicismi e forestierismi sono all’ordine del giorno, soprattutto nel marketing e nella comunicazione. Bisognerebbe considerarli dei sorvegliati speciali e non esitare a metterli alla porta.

Esempi:

XX La serata prevede dei numeri di magia in close-up

✓✓ La serata prevede dei numeri di magia a distanza molto ravvicinata.

XX Penso lei soffra di bruxismo

✓✓ Penso lei abbia l’abitudine di stringere o digrignare i denti.

Per evitare i tecnicismi dovete ricorrere a giri di parole, che generano una trasposizione più lunga.

Le parole tecniche, infatti, per essere rese nel linguaggio comune, richiedono sempre una sorta di “traduzione” con conseguente allungamento di testo. In questo caso, però, l’aggiunta di battute è funzionale alla chiarezza del messaggio, quindi è un’operazione necessaria. Se invece vi state rivolgendo a un pubblico omogeneo, un pubblico che è avvezzo al linguaggio specialistico del settore che state toccando, allora nessun problema. L’importante è farsi capire.

3. Preferite la forma attiva a quella passiva

Il processo cognitivo che si attiva durante la lettura si basa su tre livelli: lessicale, sintattico, inferenziale. Dopo aver assegnato un significato alle parole (livello lessicale), cerchiamo di dare un senso anche alla frase (livello sintattico); a livello inconscio, poi, facciamo altro: utilizziamo le parole che circondano la frase che stiamo leggendo per anticipare quella successiva e decodificare prima il messaggio (livello inferenziale).

Questo gioco di anticipazioni è una costante e chiunque scriva un testo aziendale se ne deve ricordare. In che modo? Per esempio preferendo la forma attiva a quella passiva.

✓✓ Forma attiva: Pubblicheremo il nuovo sito a giugno.

XX Forma passiva: Il nuovo sito sarà pubblicato a giugno.

La forma attiva aiuta ad anticipare il senso della frase e rende i concetti subito più chiari e facili da memorizzare. La forma passiva destruttura la costruzione classica soggetto + verbo + oggetto e aumenta il carico cognitivo del lettore, il quale si ritrova costretto a riassemblare i pezzi della frase. Ci sono eccezioni che confermano la regola – come per tutte le cose sulla faccia di questo pianeta. La forma passiva, per esempio, è consigliata:

-quando parti sostanziose di testo riguardano metodi e procedure e vogliamo dare più risalto al processo rispetto agli attori;

-quando gli attori sono meno importanti del contesto/dell’azione che stiamo descrivendo;

-quando non vogliamo attribuire responsabilità a un soggetto preciso o non vogliamo prendercela noi per primi (ecco spiegato perché gli avvocati usano così tanto la forma passiva, e sviluppano le esposizioni in forma impersonale evitando di parlare in prima persona. Per esempio, è assai improbabile che un avvocato possa dire “ritengo che”; preferirà, quasi di sicuro, l’impersonale “si ritiene che”).

4. Evitate le nominalizzazioni

Quando trasformiamo un verbo in un sostantivo, mettiamo in atto un progetto diabolico chiamato “nominalizzazione”. Avete presente i vampiri energetici? Ecco, le nominalizzazioni sono il male: sono i vampiri energetici dei verbi. Li privano dell’azione, succhiano via la loro potenza e se ne stanno lì, nel mezzo della frase, in panciolle e col ghigno beffardo di chi ce l’ha fatta. Come potete leggere sul sito Treccani.it, «la nominalizzazione è molto frequente nel linguaggio burocratico, scientifico e in generale nei linguaggi tecnici e settoriali per il carattere impersonale e astratto che l’uso del nome al posto del verbo conferisce alla scrittura».

Leggete queste frasi e vi renderete subito conto della differenza tra le due versioni.

✓✓ Contenere l’epidemia è possibile

XX Il contenimento dell’epidemia è possibile.

✓✓ Scrivere questo articolo ci ha richiesto due giorni

XX La scrittura di questo articolo ci ha richiesto due giorni.

✓✓ Per scorporare l’IVA, fate così

XX Per lo scorporo dell’IVA, fate così.

✓✓ Rimuovere le cellule morte è importante

XX La rimozione delle cellule morte è importante.

La riscrittura contrassegnata dalla X contiene una nominalizzazione ed è la versione debole. Ridate forza alle vostre frasi: liberatele dei vampiri energetici.

5. Disambiguate (e non date nulla per scontato)

Disambiguare richiede una grande attenzione, un’attenzione costante. L’autore del testo, infatti, nel momento in cui ha chiaro quello che vuol dire, rischia di dare per scontati dei passaggi mentali che, invece, deve palesare. E deve farlo perché quegli stessi passaggi, fissi e chiari nella sua mente, nella mente del lettore non è detto che siano presenti. Così come alcuni concetti.

Un suggerimento valido per non cadere nella trappola dell’ambiguità è evitare di iniziare le frasi con un pronome isolato (tipo questo, quella, quelli, ecc.) come soggetto reggente. Meglio trasformare forme come “Questo sembrerebbe non bastare” in “Questo accorgimento sembrerebbe non bastare”: l’aggiunta del sostantivo aiuta il lettore ad avere subito chiaro il concetto, senza dover tornare indietro sui suoi passi. Come già detto, spesso per disambiguare un concetto occorre spendere più battute. Allungare il testo con l’obiettivo di migliorarne la comprensione non è un male, anzi.

Ci sarebbe molto altro da dire sulla chiarezza, ma il discorso può essere sintetizzato così: che ogni frase scritta da voi vi faccia tribolare, che vi richieda lavoro e fatica.

La chiarezza non vuole scorciatoie; la chiarezza è una meta cui si arriva tramite ripide e sudate salite.

(Continua in libreria…)

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