In “Transiti. Percorsi di scrittura femminile tra Iran e America”, Giulia Valsecchi abbatte le mura invisibili sollevate attorno alle opere di autrici irano-americane di differenti retaggi e generazioni, raccogliendo tracce di straniamento che vengono esaminate come prove di riscrittura del sé – I dettagli

Negli anni che hanno preceduto e seguito la rivoluzione iraniana del 1978-79, il crescendo di atti di restrizione libertaria ha motivato tentativi di fuga e volontà di autodeterminazione. E le ondate diasporiche, per lo più verso Europa e Stati Uniti, hanno lentamente tramutato le estraneità vissute in patria in un posizionamento instabile, contrassegnato da “stati del tra” e definizioni confuse.

Copertina del libro Transiti. Percorsi di scrittura femminile tra Iran e America

Nel volume Transiti. Percorsi di scrittura femminile tra Iran e America, portato in libreria dalla casa editrice Mimemis, nella collana Eterotopie, Giulia Valsecchi (scrittrice e dottoressa di ricerca in Studi umanistici interculturali all’Università degli studi di Bergamo) vorrebbe ora abbattere almeno una parete delle mura invisibili sollevate attorno alle opere letterarie di autrici irano-americane di differenti retaggi e generazioni.

Poesie, racconti, romanzi e memoir sono quindi la mappa di un’indagine che raccoglie tracce di straniamento e le esamina come prove di riscrittura del sé. Oscillazioni e spaesamenti sembrano predisporre ogni scrittura a essere strumento di revisione di una condizione identitaria incerta, trame e composizioni sono rilette come drammatizzazioni visibili di un transito.

L’invito, si legge nell’introduzione, è pertanto “ad ascoltare e, perché no, a popolare un palcoscenico di personaggi in cerca di lettori temerari e dialoghi inediti, evitando che nessuno risulti importuno o straniero all’altro. Anche perché, a distanza di poco più di quarant’anni dalla Rivoluzione: ‘Homebase Iranians and their satellite cousins […] still do not comprehend one another‘”.

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