Finalmente in Italia “Anime” di Christine Schutt, romanzo corale di grande forza narrativa, tra i finalisti del Premio Pulitzer per la narrativa nel 2009. L’autrice, che ha insegnato a lungo in un istituto privato femminile, in un libro scomodo e irriverente, dimostra di conoscere il mondo della scuola, i problemi degli adolescenti, e anche i loro genitori

Quando si frequenta la scuola, si ha la sensazione che tutti siano monadi egocentriche, indipendenti se non addirittura impermeabili ai bisogni degli altri. Poi, guardandosi indietro o frequentando di nuovo la scuola da adulti, in qualche altro ruolo, ci si accorge che c’è una profonda interdipendenza tra gli individui, e può bastare un evento a smuovere tanto l’umore quanto le riflessioni dei presenti.

È quello che avviene alla Siddons, la scuola immaginata da Christine Schutt nel pluripremiato Anime (Playground, traduzione di Chiara Messina), quando tutti scoprono che la danzatrice dell’ultimo anno Astra Dell ha una grave forma di cancro. Astra, assente perché ricoverata, è in realtà sempre presente tra i pensieri, i turbamenti e le fantasie sul futuro dei suoi ex compagni di scuola (non solo di classe) e dei suoi insegnanti.

Per rendere ancor meglio lo scopo del libro, ovvero, per dirlo con l’autrice, “mostrare come una comunità reagisca di fronte a un destino avverso“, Christine Schutt struttura i suoi lunghi capitoli in brevi episodi che, con un sottotitolo, segnalano chi sarà protagonista o l’ambientazione (domina, su tutte, la Siddons). È così che ci districhiamo più abilmente tra i tanti cambi di scena e tra i numerosi personaggi, che impariamo a conoscere poco alla volta. In effetti, “’Povera Astra Dell!’ è il sentimento generale” (p. 95), ma ognuno reagisce a suo modo.

Per cominciare, c’è Carlotta, detta “Car”, l’amica storica di Astra prima della malattia, adesso ripiegata su se stessa, sulla “rabbia feroce” (p. 163) con cui si alza ogni giorno per i suoi problemi familiari, che la portano a rifiutare il cibo con una frequenza sempre più preoccupante.

Car fatica a entrare in empatia con Astra e persino ad andare a trovarla in ospedale: tanti fattori la frenano, a cominciare dalla paura di dover dire addio all’amica. D’altra parte, è proprio Car a scrivere in una delle rare e spietate lettere mandate ad Astra, che “l’assenza è il modo più efficace per incidere sulla vita degli altri” (p. 77).

Chissà se stava pensando anche alla sua situazione familiare, al padre perennemente lontano, che le lascia usare il suo appartamento immacolato, in cui non c’è però traccia di vita?! Sola e bloccata in un trauma che scopriremo solo alla fine del romanzo, Car è ossessionata dal pensiero della probabile morte di Astra e sceglie la via della solitudine per non vedere i cambiamenti che la malattia sta portando sul corpo della sua amica.

Al contrario, Marlene, prima schiva e solitaria, si è avvicinata ad Astra soprattutto in ospedale, e spera di potersi guadagnare il suo affetto stando costantemente al suo capezzale, leggendole libri e lettere (tranne quelle di Car, che ritiene troppo sconvolgenti). Lei, che è sempre stata pigra e disinteressata alla scuola e alle regole, nonostante i sacrifici materni per permettersi la retta, inizia a ricevere un’influenza benefica dalla tenacia di Astra, che diventa una sorta di modello a cui aspirare, per quanto inarrivabile. Per Marlene rintoccano perfettamente queste parole: “Quello che speriamo è che le nostre allieve trovino la loro passione. Ma la verità è che certe persone sono solo all’appassionata ricerca di un amico” (p. 151).

Invece Lisa è in una perpetua competizione con i suoi famigliari e non si sente mai all’altezza rispetto alle loro aspettative, così prova ad essere ribelle e a sperimentare: ad esempio, cerca nuove conferme personali avviando una strana relazione con una professoressa della Siddons.

Ci sono poi Alex, Suki e Ufia, che rappresentano la Siddons più ricca, viziata e indolente. In particolare, Alex ha una noia patologica, che sente di dover continuamente combattere con frivolezze che la tengano impegnata.

Se queste sono le ragazze su cui ci si sofferma più a lungo nel racconto, tra gli insegnanti spiccano le figure di Tim Weeks, avvenente professore dallo spirito di un dodicenne, idolatrato infatti (anche in modo sfacciato) dalle ragazzine delle medie; e la professoressa Anna Mazur, che accetta una vita di compromessi pur di restare a New York e lavorare alla Siddons, anche – tra gli altri motivi – per restare vicino a Weeks, di cui è segretamente innamorata. Anna sa di non avere grandi speranze, come confessa telefonicamente alla madre, eppure non può fare a meno di stringersi almeno idealmente al collega, con cui va spesso a trovare Astra in ospedale.

I genitori delle ragazze restano, invece, piuttosto sullo sfondo e sono semmai stigmatizzati per i loro vizi. Il più rilevato è comprensibilmente il signor David Dell, il padre di Astra, “un uomo ordinato, con un passo lungo e scattante ma rilassato” (pp. 127-128), un vedovo che si è visto recapitare la notizia che la moglie era stata uccisa barbaramente. Abituato ormai a trattenere le sue emozioni per non gravare sulla figlia malata, confida nella possibilità di una remissione. In particolare, “il rischio di perdere sua figlia per sempre non gli ha lasciato altra scelta che avere fede” (p. 141).

Nel 1997, anno in cui è ambientato Anime, tante studentesse hanno come obiettivo finale il diploma e l’ammissione al college: anche Astra, e questo è anzi un pensiero che la motiva ulteriormente a lottare, mentre il desiderio di tornare a danzare resta annebbiato dalla gravità del suo stato di salute. Le prospettive per il futuro sono, d’altro canto, motivo di ansia, di grandi aspettative e, al tempo stesso, di terrore anche per gli altri compagni di scuola: un buon college può fare la differenza.

Nel leggere quanto romanzo corale dalla focalizzazione variabile, emerge la grande conoscenza di Christine Schutt del mondo della scuola; infatti, l’autrice ha insegnato per tanti anni in un istituto privato femminile. Il suo obiettivo di contraddire “alcuni  cliché presenti, per esempio, nella serie televisiva Gossip Girl è pienamente raggiunto, e Anime ha meritato per la sua forza narrativa, a volte irriverente e scomoda, di essere tra i finalisti del Premio Pulitzer per la narrativa nel 2009. Adesso che è finalmente arrivato in Italia, grazie a Playground e alla traduttrice Chiara Messina, ci auguriamo che molti lettori varchino le porte della Siddons per scoprire una comunità sconvolta, ma anche fiduciosa nel futuro.

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