Enrico Galiano, insegnante e scrittore, su ilLibraio.it risponde all’editoriale di Ernesto Galli Della Loggia, critico nei confronti della proposta di legge mirata “all’introduzione sperimentale delle competenze non cognitive nel metodo didattico”: “Perché molti nostri studenti stanno così male a scuola e, quando ne escono, sembrano così impreparati ad affrontare certe difficoltà? C’è un’emergenza, milioni di giovani ci stanno chiedendo aiuto”. Per Galiano, quindi, “occorre introdurre dei percorsi guidati da figure formate in modo specifico a questo scopo, e che formino a loro volta noi insegnanti…”

Due parole sul perché scrivo queste righe.

Dunque, qualche giorno fa il professor Ernesto Galli Della Loggia ha scritto un lungo editoriale sulle pagine del Corriere, dove condannava senza molto appello la scelta del Parlamento di approvare l’insegnamento delle Soft Skills e delle competenze non cognitive a scuola.

Cosa sono queste competenze è un po’ difficile da spiegare, ma in poche parole posso dire che sono quelle che portano a comportamenti positivi e di adattamento e che rendono l’individuo capace di far fronte efficacemente alle richieste e alle sfide della vita di tutti i giorni. Per capirci: gestione delle emozioni, pensiero creativo, problem solving, gestione dello stress, eccetera.

Siccome il professore le ha presentate come un sintomo di grave decadenza della scuola italiana, mi piacerebbe offrire un punto di vista un po’ diverso con questa lettera indirizzata direttamente a lui, sperando che abbia il tempo per leggerla.

Eccola qui:

Caro Professor Ernesto Galli Della Loggia,

ho letto il suo articolo uscito sul Corriere della Sera il 28 gennaio 2022. Quello dove parla di soft skills e competenze non cognitive, ha presente? Ecco. Al termine della lettura mi sono sorte alcune domande che ora vorrei proporle, confidando magari in una sua risposta, anche breve.

1) Da quanto tempo non entra in una scuola?

2) Ha parlato di recente in modo diretto con qualche studentessa o studente?

3) Era a conoscenza del fatto che l’Italia, che di solito non ha primati in niente quando si parla di scuola, è invece ai primi posti quanto a coefficiente di ansia scolastica, tasso di dispersione e numero di giovani qualificabili come NEET (cioè che non studiano né lavorano)?

Io lavoro in una piccola scuola della campagna friulana e, grazie ai libri, ho la fortuna di frequentare ogni settimana quelle di tutto il paese. E sa cosa vedo, più di tutto? Ragazzi e ragazze che stanno male. Che non trovano nella scuola un posto sicuro, protetto, dove poter migliorare davvero sé stessi, dove trovare ascolto prima che imposizione, valorizzazione dei propri talenti prima che giudizi e voti.

Sa, è molto difficile apprendere dove non si sta bene: l’ansia – non lo dico io, lo dice la scienza – è un potentissimo inibitore dal punto di vista cognitivo. E proprio l’ansia sta diventando quasi endemica fra i nostri ragazzi e le nostre ragazze.

Non lo so se la scelta di aprirsi alle soft skills e alle competenze non cognitive sia la strada giusta: infatti è solo una fase sperimentale, peraltro su base volontaria e non imposta dall’alto, come sottotraccia forse vuole far intendere il suo editoriale, quando scomoda addirittura termini come “totalitarismo”. Di certo è fondamentale superare il pensiero anacronistico secondo cui a scuola si viene a imparare le tabelline e la grammatica e a casa l’educazione, la capacità di affrontare problemi e di relazionarsi agli altri: perché non è questo di cui hanno bisogno, non è questo che ci chiedono a gran voce ragazze e ragazzi.

Lei dice, giustamente, che le competenze non cognitive si possono insegnare anche attraverso le stesse discipline. Accidenti se sono d’accordo! Leggere L’isola del tesoro per insegnare la curiosità, Il Signore degli Anelli per conoscere il coraggio, Virginia Woolf per provare a spiegare le insondabili sfumature del cuore di una donna: abbiamo miniere d’oro nella letteratura, nell’arte, nella scienza, nella storia, e possiamo attingere da quelle per dare a studenti e studentesse sia la conoscenza che le emozioni, farli uscire da scuola che sanno scrivere, ma anche già un po’ vivere.

Ma la vera domanda è: chi è in grado di farlo? Chi lo fa davvero? Perché, pur essendoci questi strumenti, non stanno funzionando? Insomma: perché molti nostri studenti stanno così male a scuola e, quando ne escono, sembrano così impreparati ad affrontare certe difficoltà?

Occorre introdurre dei percorsi guidati da figure formate in modo specifico a questo scopo, e che formino a loro volta noi insegnanti. Che ci insegnino a insegnare meglio.

Questi sono progetti volti a migliorare il clima scolastico, la relazione coi compagni, insomma: a far venire i ragazzi a scuola più volentieri, e in più consapevoli che quello che si fa dentro quelle mura ha un qualche reale riflesso nella vita che c’è poi là fuori.

Che sia questa la strada giusta? Non lo so. So solo che c’è un’emergenza, milioni di giovani che ci stanno chiedendo aiuto. E che non possiamo più rimanere sordi a questo richiamo.

L’AUTORE – Enrico Galiano sa come parlare ai ragazzi. In classe come sui social, dove è molto seguito. Insegnante e scrittore classe ’77, dopo il successo dei romanzi (tutti pubblicati da Garzanti) Eppure cadiamo feliciTutta la vita che vuoi e Più forte di ogni addio, ha pubblicato un libro molto particolare, Basta un attimo per tornare bambini, illustrato da Sara Di Francescantonio. È tornato al romanzo con Dormi stanotte sul mio cuore, e sempre per Garzanti è uscito il suo primo saggio, L’arte di sbagliare alla grande. Il suo nuovo romanzo, in uscita a giugno 2021, è Felici contro il mondo (Garzanti), seguito del bestseller Eppure cadiamo felici.

Alla pagina dell’autore tutti gli articoli scritti da Galiano per ilLibraio.it.

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