Abbiamo selezionato alcune citazioni dai romanzi del grande Philiph Roth, morto a 85 anni, e dalle sue interviste e dai suoi libri

Abbiamo selezionato alcune citazioni dai romanzi del grande Philiph Roth, morto a 85 anni, e dalle sue interviste e dai suoi libri:

-“Mattina dopo mattina per cinquant’anni, ho affrontato la pagina a venire senza difese e impreparato. L’ostinazione, non il talento, ha salvato la mia vita”

-da Pastorale americana: “Rimane il fatto che, in ogni modo, capire la gente non è vivere. Vivere è capirla male, capirla male e male e poi male e, dopo un attento riesame, ancora male. Ecco come sappiamo di essere vivi: sbagliando. Forse la cosa migliore sarebbe dimenticare di aver ragione o torto sulla gente e godersi semplicemente la gita. Ma se ci riuscite… Beh, siete fortunati”

-Intervistato da La Lettura – Corriere della Sera nel settembre 2017, a proposito del ruolo delle recensioni, lo scrittore ha dichiarato:Le recensioni non sono scritte per lo scrittore. Sono scritte per i lettori. Che una recensione sia favorevole o sfavorevole, è una cosa che davvero non tocca quel processo lungo, arduo e intricato attraverso il quale un romanzo prende forma. Nel corso di un singolo giorno di lavoro, uno scrittore alle prese con un romanzo compie migliaia di scelte e queste scelte sono decise da migliaia di altri fattori, eccetera. Il lavoro del recensore, non importa quanto dotato, si svolge in un’altra sfera”

-da Ho sposato un comunista: “Ognuno, ogni giorno, deve opporsi e resistere. Ogni giorno bisogna puntare i piedi”

-da Il teatro di Sabbath: “Nei grandi capolavori, quando commettevano un adulterio poi si ammazzavano sempre. Lui desiderava ammazzarsi quando non ci riusciva”

-da La macchia umana: “La crudeltà è camuffata da ‘autostima’ perduta. Anche Hitler mancava di autostima. Era il suo problema”

–da Il teatro di Sabbath: “Alcuni hanno bisogno della seduzione, non dell’iniziazione”

-da un’intervista, tradotta da Repubblica, del settembre 2017: “Ho trovato una voce in Lamento di Portnoy. Non era tanto la mia voce, quanto la voce giusta per quel libro – o, se preferisce, per quel personaggio. Nella mia esperienza, ogni libro richiede – o almeno dovrebbe – una modulazione del tono, del livello e dell’enfasi che dia l’espressione più vera al soggetto. “Lamento di Portnoy” suona in un modo, il libro sul baseball ha un suono radicalmente diverso, e un libro come “Il seno” ne ha totalmente un altro. Questo è quello che succede più o meno con la maggior parte della mia narrativa”

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