Dagli aforismi di Oscar Wilde a quelli di Johann Wolfgang von Goethe, passando per classici come “Orgoglio e pregiudizio” e per libri cult come “Il diavolo veste Prada”, una guida di sopravvivenza semiseria pensata per gestire i ritrovi familiari delle festività, e che si ispira alla letteratura per stemperare alcuni discorsi che possono risultare spinosi (su lavoro, vita sentimentale, studi)…

Il giorno di Natale non è ancora arrivato, ma già cominciate a figurarvi la scena: tutta la famiglia prende posto a tavola per mangiare insieme (a seconda delle diverse tradizioni, ci si ritrova la sera della Vigilia, per il pranzo natalizio, come pure il 26 dicembre, o in tutti e tre i casi), ed ecco che una domanda un po’ indiscreta – o un’osservazione fuori luogo – mette a rischio l’allegria di questa reunion all’insegna di luci, regali e spensieratezza (anche se non mancano le persone generalmente “allergiche” a certi ritrovi…).

Una prospettiva che, a volte, può concretizzarsi nei momenti più inaspettati, e che seppure per qualche minuto potrebbe metterci in imbarazzo davanti a chi ci circonda, lasciandoci un po’ spiazzati prima di ritrovare l’armonia e le parole giuste da dire.

Se, però, questo scenario è così facile da prevedere, forse esiste anche un modo per valutare in anticipo come sia meglio comportarsi, magari provando ad attingere a frasi, esempi e storie che sono arrivate fino a noi grazie alla letteratura di ieri e di oggi.

Dagli aforismi di Oscar Wilde a quelli di Johann Wolfgang von Goethe, passando per libri come Orgoglio e pregiudizio e Il diavolo veste Prada, ecco quindi una guida di sopravvivenza semiseria, pensata per i ritrovi familiari delle festività e a cui ispirarsi per stemperare alcuni discorsi (spinosi come quelli sullo studio, sullo carriera o sulla vita di coppia), condendoli con un pizzico di ironia e magari, perché no?, con qualche spunto di riflessione

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Quanti esami ti mancano alla laurea?

Ah, i giorni rossi sul calendario, quelli in cui è impossibile che fissino un appello straordinario, una prova in itinere o anche solo un nuovo orario di ricevimento: un delizioso apostrofo rosa fra l’ultima email scambiata con la segreteria e la prossima fatica erculea che vi aspetta, e cioè quella di mantenere la calma quando vi chiederanno quante materie vi mancano alla laurea.

Un’informazione che all’apparenza può sembrare innocua, priva di conseguenze, ma che per chi è incastrato fra sessione invernale, lezioni da seguire, PowerPoint da inviare e lavori di gruppo da finire, stando al passo con un calendario a prova di viaggi indietro nel tempo, può contribuire a generare un po’ di ansia.

Invece di partire con il fatidico elenco di esami o sforzarvi di ignorare la domanda, però, provate a chiamare in causa Johann Wolfgang von Goethe (1749-1832), l’autore de I dolori del giovane Werther (Garzanti, traduzione di Aldo Busi) e de Le affinità elettive (Garzanti, traduzione di Giorgio Cusatelli), evidenziando che le sue Massime e riflessioni del 1833 ne contengono una secondo cui: “Dove vien meno l’interesse, vien meno anche la memoria“.

Una perla di saggezza che – dal canto vostro – preferireste non sperimentare in prima persona, suggerendo alla vostra famiglia che sarebbe meglio tenere d’occhio la passione con cui studiate anziché i mesi che vi separano dalla corona d’alloro, per evitare di superare una materia dopo l’altra senza essere al 100% soddisfatti del percorso che avete intrapreso.

E il fidanzatino? La fidanzatina? L* fidanzatin*?

Per questa domanda vale una proprietà commutativa ispirata alla matematica: cambiando l’ordine degli addendi – o, come in questo caso, l’età della persona coinvolta -, il risultato non cambia. Si possono avere venti, trenta o quarant’anni, ma se siete single andrete comunque incontro a battute sul fidanzatino, la fidanzatina o l* fidanzatin* che, secondo qualche parente, dovreste decidervi a trovare.

Inutile alzare gli occhi al cielo o fingere di avere appena incontrato la vostra anima gemella: niente potrà risparmiarvi l’ennesima ramanzina bonaria, mista a qualche augurio per il futuro e a una sequela di consigli su come risolvere questo apparente “problema“.

Copertina del libro Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen

Niente tranne forse citare Elizabeth Bennet, protagonista del romanzo Orgoglio e pregiudizio (Garzanti, traduzione di Isa Maranesi) della scrittrice inglese Jane Austen (1775-1817). Sì, perché Lizzy è la testimonianza del fatto che incontrare la persona giusta richieda tempo, energia, fatica. E che però, intanto, la vostra vita resti degna di essere vissuta, senza che venga percepita come incompleta o manchevole di qualcosa.

D’altronde, lo sosteneva anche Mr. Darcy: “La capacità di fare tutto velocemente è sempre molto apprezzata da chi la possiede, spesso non badando affatto all’imperfezione del risultato“. Meglio, quindi, aspettare a trovare l’amore, che affrettarsi e rischiare di prendere una cantonata: non è vero, zia Maria?

Ma quindi, tu, che lavoro fai?

Vi ricordate di Andrea Sachs, la protagonista del libro (e del suo famosissimo adattamento cinematografico) Il diavolo veste Prada (Piemme, traduzione di Roberta Corradin), scritto dalla giornalista Lauren Weisberger? Dopo la tanto agognata laurea, la giovane accetta di lavorare per Miranda Priestly, direttrice della celebre rivista di moda Runaway, facendo praticamente… un po’ di tutto.

Assistente, segretaria, informatrice, commessa, fattorina, consigliera, portavoce, portaborse e chi più ne ha più ne metta, Andrea ha difficoltà a descrivere la sua nuova attività con una sola parola, perché il mondo in cui è stata trascinata è complesso, pieno di tecnicismi e di mansioni diverse fra di loro, che spesso vanno svolte in simultanea.

Copertina del libro Il diavolo veste Prada di Lauren Weisberger

Se la sua carriera vi fa venire in mente la vostra, usare questo libro cult come punto di riferimento potrebbe far capire ai vostri parenti quanto sia difficile riassumere la professione che svolgete e quanto, invece, abbiate bisogno di parlare di lavoro in maniera nuova, ricevendo il supporto e l’empatia di chi vi circonda.

Così facendo, infatti, potreste spostare il focus su una storia che di solito non lascia indifferente nessuno, sdrammatizzando su quanto il vostro capo assomigli (o sia diverso da) Miranda Priestly o sottolineando che, per risollevarvi, dovreste seguire uno dei consigli che dà Nigel ad Andrea: “Chanel, hai un disperato bisogno di Chanel“. Cosa che, fra l’altro, potrebbe rivelarsi un’ottima idea regalo.

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A quando le nozze?

Pensavate di averla fatta franca solo perché, finalmente, il fidanzatino, la fidanzatina o l* fidanzatin* siede ora accanto a voi il giorno di Natale? Ma certo che no: questo è il momento perfetto per passare allo step successivo, rammentandovi che siete grandi e che è il caso che vi sposiate – se possibile, al più presto.

E poco importa che stiate insieme da poco, che siate contrari al matrimonio, che abbiate altri progetti in cantiere o che stiate ancora cercando la vostra stabilità economica e di coppia: “A quando le nozze?” è una domanda che accompagnerà tutti i pasti trascorsi accanto alla vostra dolce metà, specie se ci sono altri sposalizi già in programma.

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Provate allora a rispondere a questo cliché con una frase di Oscar Wilde (1854-1900), autore fra gli altri de Il ritratto di Dorian Gray (Garzanti, traduzione di Marco Amante) e noto per i suoi aforismi provocatori. Nel volume che raccoglie le sue Interviste e conversazioni, nello specifico, ne viene riportato uno che recita: “Si dovrebbe essere sempre innamorati. Ecco perché non ci si dovrebbe mai sposare“.

Un modo leggero ma efficace per motivare la vostra intenzione di prolungare il più possibile la fase dell’innamoramento ancora in corso, senza dare troppe altre spiegazioni e facendo notare alla vostra famiglia che, in fondo, l’importante non è portare un anello al dito o pronunciare il sospirato “Sì”, ma essere sicuri dei sentimenti che provate l’uno per l’altra.

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