C’è chi lo rifugge con pacatezza, chi lo disprezza, chi ne subisce segretamente il fascino, e c’è ancora chi sogna di realizzarlo con la persona giusta: impossibile non confrontarsi con una delle istituzioni più importanti della nostra società (specialmente dopo una certa età). Ma cosa rappresenta per noi, oggi, il matrimonio? E che ruolo ha avuto nella letteratura? Da “Orgoglio e pregiudizio” a “Jane Eyre”, passando per “Middlemarch”, “Ritratto di signora” e “Piccole donne”, una riflessione su come il racconto della preparazione alle nozze sia cambiato nel corso del tempo

Appena compi trent’anni, accade l’irreparabile. Il tuo feed Instagram si riempie all’improvviso di torte nuziali, altari adornati a festa, cerimonie notturne in mezzo alle colline toscane, gruppi di ragazze agghindate con magliette su cui troneggia sfavillante la scritta: Bride’s team.

È una vera e propria mania che si diffonde inarrestabile, lentamente e a macchia d’olio. Non c’è niente da fare: gli amici hanno iniziato a sposarsi.

Perfino i più cinici, quelli che di fronte a una commedia romantica avrebbero a stento trattenuto una smorfia di disgusto, adesso capitolano mentre ti annunciano con gli occhi a cuore che sì: anche loro sono pronti a compiere il grande passo. Il matrimonio.

Qualunque sia la vostra posizione a riguardo, non ci si può sottrarre al confronto con una delle istituzioni più importanti della nostra cultura: c’è chi lo rifugge con pacatezza, chi lo disprezza, chi ne subisce segretamente il fascino, e c’è ancora chi sogna di realizzarlo con la persona giusta per vivere per sempre felici e contenti, proprio come nelle migliori fiabe.

E a proposito di fiabe: sono state anche loro (o, almeno, la loro versione disneyana) a contribuire alla narrazione del matrimonio come fonte prima (e ultima) di felicità.

Chi si sposa dovrebbe riuscire a esaudire i propri desideri, a coronare il sogno di un’esistenza intera, a vivere finalmente il giorno più bello di tutti. Non si dubita che in certi casi sia davvero così, ma può essere fuorviante pensare che il matrimonio sia un punto d’arrivo, dopo il quale ci aspettano soltanto praterie di gioie e soddisfazioni. Anzi, spesso sono state proprio le narrazioni (letterarie e cinematografiche) a dimostrarci che quello che accade dopo il fatidico “sì” non è poi così semplice e allettante. A partire da Revolutionary Road di Richard Yates, passando per Scene da un matrimonio di Ingmar Bergman (che recentemente è stato adattato in una serie tv HBO con Oscar Isaac e Jessica Chastain), non è rara la rappresentazione dei coniugi come nemici, pronti a scannarsi, a sabotarsi e a tirare fuori il peggio l’uno dall’altro.

copertina del libro sul matrimonio revolutionary road

Ci troviamo quindi di fronte a una contraddizione evidente, probabilmente dettata, in entrambi i casi, da un’estrema polarizzazione del racconto: da un lato il matrimonio come grado massimo della realizzazione personale, dall’altro come frustrazione, infelicità e annientamento del sé.

copertina del libro sul matrimonio orgoglio e pregiudizio di Jane Austen

In una delle prime pagine de L’anno del pensiero magico, facendo riferimento a chi alludeva a una possibile competizione tra lei e suo marito, Joan Didion scrive che le persone “non hanno idea di cosa sia davvero il matrimonio”. E forse è proprio così: non sappiamo cos’è in genere, e non lo possiamo neppure immaginare, prima di tutto perché ogni unione è diversa dall’altra, ma anche e soprattutto perché siamo troppo condizionati dalla visione che ci è stata imposta per secoli.

libri sul matrimonio Jane Eyre

Abbiamo letto storie straordinarie sul matrimonio, addirittura si potrebbe dire che alcuni dei romanzi più belli e importanti della letteratura riguardino proprio la preparazione alle nozze (come fa notare anche Madeleine Hannah, la colta protagonista de La trama del matrimonio di Jeffrey Eugenides).

Parliamo di opere cardine come Orgoglio e pregiudizio e Emma della scrittrice inglese Jane Austen (pubblicati rispettivamente nel 1813 e nel 1815), Jane Eyre di Charlotte Brontë (1847), Madame Bovary di Gustave Flaubert (1856), Middlemarch di George Eliot (1874), Anna Karenina di Lev Tolstoj (1877),  Ritratto di signora di Henry James (1880), ma anche uno dei testi fondamentali della letteratura per l’infanzia, Piccole Donne di Louisa May Alcott (1868).

copertina del romanzo Piccole Donne

Cos’hanno in comune questi romanzi?

Oltre a vedere al centro della storia personaggi che ruotano attorno al matrimonio (lo desiderano/ne hanno bisogno/lo rifiutano/cercano vie di fuga/ne rimangono schiacciati), sono tutti stati concepiti e scritti nel corso dell’Ottocento, secolo di riferimento per la nascita del romanzo moderno, considerato il genere d’espressione della classe borghese (come invece la poesia era il genere della classe aristocratica).

In pratica (e per ridurla davvero all’osso), l’ascesa della borghesia sul piano economico e politico porta all’affermazione del romanzo (dapprima invece considerato un genere assai popolare), che si fa quindi portavoce dei principali valori della classe sociale, tra cui appunto la centralità del matrimonio. Non è un caso che anche in Italia il primo libro a segnare l’avvio della tradizione romanzesca sia proprio un testo basato sul matrimonio. Quale? I promessi sposi di Alessandro Manzoni (1827).

Copertina del libro I promessi sposi, appartenente tanto al genere del romanzo storico quanto a quello dei romanzi di formazione

Di aspetti da approfondire ce ne sarebbero molti (ma non è questa la sede più appropriata), basti sapere però che la grande narrazione sul matrimonio si arresta nel secolo successivo, il Novecento, in cui l’attenzione scivola dalla coppia (e in generale dalla collettività) all’individuo, alle sue nevrosi e ai suoi moti interiori.

Le rappresentazioni sul matrimonio iniziano a scolorare, a perdere la loro importanza, nonostante non manchino eccezioni di rilievo, come Ti ho sposato per allegria di Natalia Ginzburg (1965), testo teatrale da cui è stato tratto un film del 1967, diretto da Luciano Salce e interpretato da Monica Vitti e Giorgio Albertazzi.

Si tratta di una classica commedia italiana dal retrogusto amaro, che ci porta infine a notare come sia proprio il genere ironico sentimentale quello attualmente più frequente per raccontare la preparazione alle nozze.

Specialmente nel cinema, dove fioccano commedie romantiche al confine con la fiaba (le stesse citate all’inizio che facevano inorridire il nostro amico un tempo disilluso e ora pronto a dirigersi all’altare), un tipo di rappresentazione leggera e a tratti frivola che – per quanto piacevole quando ben riuscita – rischia di farci perdere di vista l’interrogativo più importante: che cosa rappresenta per noi, oggi, il matrimonio?

 

L’AUTRICE – Jolanda Di Virgilio lavora nella redazione de ilLibraio.it. È co-autrice, con Sara Canfailla, del romanzo d’esordio Non è questo che sognavo da bambina (Garzanti).

Al centro del libro, ambientato in un’agenzia di comunicazione milanese (e in cui la città, i suoi locali, i suoi quartieri sono co-protagonisti), si racconta cosa significa diventare adulti oggi: le relazioni finite prima di cominciare, il senso di impotenza di fronte a un sistema lavorativo precario e ingiusto, la frustrazione di vivere in una città difficile, dove dicono che ci sia posto per tutti dimenticandosi di dire che, in quel posto, ci si sente molto soli.

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