Fin dall’antichità autrici e autori provenienti da ogni parte del mondo hanno dedicato versi e pensiero all’autunno, mettendo nero su bianco riflessioni e spunti dal fascino senza tempo, che ancora oggi sono in grado di catturare in poche righe l’essenza sfaccettata di questa stagione – Una selezione fra le più belle frasi sull’autunno tratte proprio dalla letteratura, da Ernest Hemingway a Hermann Hesse, passando per Giuseppe Ungaretti e Guillaume Apollinaire…
Con le sue giornate spesso piovigginose (almeno fino a qualche tempo fa…), le sue tonalità cromatiche contrastanti e il primo fresco che porta con sé, l’autunno è una stagione che non può lasciare indifferenti, densa di malinconia e al tempo stesso di una vitalità che confluiscono nel fatidico rientro alla routine dopo le ferie estive, quando si è pronti ad affrontare un nuovo anno di impegni (e di letture).
Di conseguenza non stupisce che, fin dall’antichità, intellettuali provenienti da ogni parte del mondo abbiano dedicato un pensiero all’autunno, mettendo nero su bianco riflessioni e spunti dal fascino senza tempo, che ancora oggi sono in grado di catturare in poche righe l’essenza sfaccettata di questa stagione.
Abbiamo raccolto alcune fra le più belle frasi sull’autunno tratte proprio dalla letteratura, da Ernest Hemingway fino ad arrivare a Hermann Hesse, passando per Giuseppe Ungaretti, Samuel Butler e Guillaume Apollinaire…
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Cominciamo da George Sand (1804-1876), scrittrice e drammaturga francese che dell’autunno dà una definizione quantomai evocativa nel romanzo François le Champi (Feltrinelli, traduzione di Cinzia Bigliosi):
“L’autunno è un andante grazioso e malinconico che prepara mirabilmente il solenne adagio dell’inverno”.
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John Burroughs (1837-1921), pensatore e camminatore che viene ancora oggi ritenuto fra i più celebri esponenti del nature writing, ovvero della riflessione sulla bellezza del mondo della natura, nel suo Il vangelo della natura (La vita felice, traduzione di Luca Castelletti), annota invece con la sua sensibilità:
“Come invecchiano meravigliosamente le foglie. Come sono pieni di luce e colori i loro ultimi giorni”.
Proprio le foglie, d’altronde, sembrano fra le protagoniste indiscusse dell’atmosfera autunnale, come ci dimostra un’altra citazione a firma stavolta Hermann Hesse (1877-1962), che nel romanzo Demian (Mondadori, traduzione di Ervino Pocar) scrive:
“Così cadono le fronde intorno all’albero in autunno: esso non ne sa nulla, la pioggia lo bagna o lo colpisce il sole o il gelo, la vita gli si ritrae lentamente in uno spazio minimo e intimo. Esso non muore. Aspetta”.
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Sulla stessa scia si inserisce anche un altro autore tedesco suo contemporaneo, Ernst Jünger (1895-1998), del quale nel saggio Das spanische Mondhorn (traducibile in italiano come Lo scarabeo spagnolo) è custodita una frase sull’autunno di rara delicatezza:
“In autunno le forme acquistano una plastica maturità – la primavera è pittrice, l’autunno è scultore”.
Non solo le foglie, però, ma anche gli odori dell’autunno riescono a catturare l’attenzione degli scrittori, come accade a Ernest Hemingway (1899-1961), a cui invece dobbiamo in Per chi suona la campana (Mondadori, traduzione di Maria Napolitano Martone) il seguente passaggio:
“Questo è l’odore che mi piace. Questo è il trifoglio appena tagliato, la salvia calpestata quando uno cavalca dietro un armento, il fumo della legna e delle foglie che bruciano d’autunno. È l’odore della nostalgia, l’odore del fumo dei mucchi di foglie che bruciano l’autunno nelle strade del Missoula”.
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Restiamo in tema di percezioni sensoriali con Søren Kierkegaard (1756-1838), pensatore originario di Copenaghen, che il 29 ottobre 1837 appunta nel suo Diario (BUR, traduzione di Cornelio Fabro):
“Per questo preferisco di gran lunga l’autunno alla primavera, perché in autunno si guarda il cielo. In primavera la terra”.
Questo inevitabile desiderio di captare ciò che sta accadendo intorno a sé durante l’autunno ha poi numerosi risvolti, che oltre a riguardare il mondo circostante finiscono per avere un impatto sulla nostra interiorità. Ce lo ricorda Thomas Wolfe (1900-1938) ne Il fiume e il tempo (Mondadori, traduzione di Cesare Vivante), quando dichiara:
“Tutte le cose sulla terra fanno rotta verso casa, durante il caro vecchio ottobre; i marinai verso il mare, i viaggiatori verso mura e recinti, i cacciatori verso i campi, le cavità la lunga voce dei cani, l’innamorato verso l’amore che aveva abbandonato”.
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Non per niente, lo stesso Giuseppe Ungaretti (1888-1970) paragonava in Soldati (Vita di un uomo, Mondadori) la condizione delle foglie a quella fragile e inquieta dei soldati in trincea, suggellando in pochi versi il legame indissolubile fra l’autunno e la condizione umana:
“Si sta
come d’autunno
sugli alberi
le foglie”.
Se da una parte, tuttavia, l’autunno è spesso associato alla caducità della vita e alla nostalgia del tempo che passa, dall’altra parte ci sono stati autori che – come abbiamo già visto – non hanno mancato di indirizzare a questa stagione un pensiero di meraviglia e contemplazione, proprio come fa Guillaume Apollinaire (1880-1918) nella lirica Autunno malato (Poesie, Rizzoli, traduzione di Giorgio Caproni):
“[…] E quanto amo stagione quanto amo i tuoi suoni
I frutti che cadono e che nessuno raccoglie
Il vento e la foresta che piangono
Tutte le loro lacrime d’autunno foglia a foglia
Le foglie
Pestate
Un treno
Che passa
La vita
Che va”.
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Dello stesso avviso è anche Nathaniel Hawthorne (1804-1864), che il 10 ottobre 1842 nei suoi American Notebooks (volume in cui sono raccolti i suoi appunti dal 1835 al 1853, poco prima della sua partenza per l’Inghilterra, nonché alcuni estratti delle sue lettere dello stesso periodo) scrive la seguente frase sull’autunno:
“Non posso sopportare di perdere qualcosa di così prezioso come il sole autunnale restando in casa. Così ho trascorso quasi tutte le ore di luce nel cielo aperto”.
E concludiamo infine con una frase sull’autunno delicata e definitiva, che dobbiamo allo scrittore inglese Samuel Butler (1835-1902) e che è contenuta nell’opera Così muore la carne (Einaudi, traduzione di Enzo Giachino), pubblicata postuma nel 1903:
“L’autunno è la stagione più dolce, e quello che perdiamo in fiori lo guadagniamo in frutti”.
(Le grafiche sono state realizzate con Canva)

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