“Quella del libro preferito è da sempre una domanda a trabocchetto, perché immediatamente ti ritrovi catapultato nel girone dei vanagloriosi e, pur di fare bella figura, ti autoproclami un ‘lettore vorace’…”. Federica Bosco racconta su ilLibraio.it le sue letture preferite

Quella del libro preferito è da sempre una domanda a trabocchetto, perché immediatamente ti ritrovi catapultato nel girone dei vanagloriosi e, pur di fare bella figura, ti autoproclami un “lettore vorace” e cominci a snocciolare con una punta di noia tutti i classici da Roth a Franzen, passando per Toni Morrison e Zadie Smith, con un’incursione fra Carver e Barthelme, citando en passant Stephanie Meyer perché comunque tu non sei snob!

La verità però è un’altra, perché se è vero che ci sono libri che ti salvano la vita, ci sono anche libri che la vita tendono a rovinartela irrimediabilmente se non stai più che attento.

Quando ho letto Il Giovane Holden, per dirne una, avevo 25 anni e mi volevo sparare un giorno su due, e se lo rileggessi oggi sarei esattamente lì allo stesso punto, perché ci sono autori che ti entrano nel cervello e premono bottoni a caso (o bottoni giusti) e rimangono lì dentro a tiranneggiarti con la loro voce per giorni e giorni, finché o apri le finestre e fai uscire il fumo, o soccombi.

Il Piccolo principe per rimanere in tema di autori sensibili, letto da adulta mi fece piangere una notte intera che la mia coinquilina venne a portarmi 2 Xanax.

Mi sentii nell’ordine la rosa, la volpe, l’ubriacone e il baobab!

Dato perciò il mio livello di esagerata empatia non posso permettermi ogni lettura con troppa leggerezza, pena il conficcarmi schegge nel cuore per giorni e giorni.

Ma posso dire che un libro che ho amato moltissimo, tanto da chiamare così uno dei miei gatti (il più scemo ovviamente) è Nessuna notizia di Gurb di Edoardo Mendoza, la storia comicissima scritta sotto forma di diario, di un extraterrestre che sbarca a Barcellona durante i giochi olimpici e perde il suo compagno (Gurb appunto) e per quasi un mese lo cerca disperatamente per una Barcellona che è un cantiere a cielo aperto, prendendo le sembianze di tutto quello che capita (“Non trovo da nessuna parte boccali da birra, bevo applicando le labbra alla spina, mi esce schiuma da tutti i pori. Sembro un agnellino!”).

È divertente, acuto, irriverente, e mi predispone al buon umore ogni volta che lo leggo.

Ma se devo eleggere colei che più che scrivere compone sinfonie e che potrebbe a mio modesto parere vincere il Pulitzer con la sola lista della spesa, è Miriam Towes, con I miei piccoli dispiaceri, la storia parzialmente autobiografica della sua squinternata famiglia Mennonita (“quando il medico disse a mia madre che bisognava togliermi le tonsille, lei disse, certo, probabilmente possiamo farlo noi in casa, ma grazie lo stesso”) e del suicidio annunciato della sorella Elf, una splendida pianista in carriera, con una testa geniale e una simpatia strepitosa, ma che è “semplicemente” stanca di vivere e “tutto” quello che chiede alla sorella è di aiutarla ad andarsene.

Miriam Towes è la poesia, è l’ironia, è il saper accostare le parole in combinazioni che ti scavano buchi nell’anima, Miriam Towes è colei che non mi stancherò mai di leggere.

“Le mie parole non sono solo parole. Sono immagini e lacrime e imperfette offerte d’amore e pallottole che mi sparo in testa”.

E anche se mi fa un male cane, è un male buono. Un male che ti salva.

L’AUTRICE E IL LIBRO – Federica Bosco, scrittrice e sceneggiatrice, è autrice di diversi bestseller e manuali self help; tra i suoi romanzi, ricordiamo Pazze di me (Mondadori), dal quale è tratto l’omonimo film di Fausto Brizzi. È tornata in libreria con il romanzo Ci vediamo un giorno di questi (Garzanti), la storia dell’amicizia che lega due donne molto diverse: Ludovica, timida e riservata, e Caterina, intrepida ed energica, inseparabili fin dall’infanzia. Insieme ne hanno passate di tutti i colori, fino a crescere il figlio di Caterina, ma ora sta a Ludovica agire fuori dagli schemi per aiutare l’amica…

Nota: la foto dell’autrice è uno scatto © Luca Brunetti

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