Un libro che racconta l’arte di mettere in ordine una libreria, o sgangherarla, al tempo stesso racconta i nostri numerosi tentativi di mettere in ordine il mondo – Su ilLibraio.it un estratto da “Libri, istruzioni per l’uso”, scritto da Alessandro Mari con Ginevra Azzari e Matilde Piran

Dubbi e domande ricorrenti tra lettrici e lettori, a cui ora prova a rispondere proprio un… libro: ci riferiamo a Libri, istruzioni per l’uso – Come scegliere, ordinare, sgangherare e riordinare la propria libreria (Utet), scritto da Alessandro Mari con Ginevra Azzari e Matilde Piran.

Sì perché la libreria, ciascuna delle librerie che dà forma e personalità alle case in cui viviamo, è lo specchio del nostro modo di vedere il mondo e di come vogliamo che il mondo ci veda. Perciò un libro che racconta l’arte di mettere in ordine una libreria, o sgangherarla, al tempo stesso racconta i nostri numerosi tentativi di mettere in ordine il mondo. Di dare un nome e trovare un posto a tutto ciò che lo abita.

Il volume punta ad affrontare una serie di questioni aperte. In sintesi:
• Trasloco. Tutti i libri sono irrinunciabili? Suddividere, inscatolare e trasportare.
• La libreria. I fattori da tener presente nella scelta: dove posizionarla, come iniziare a popolarla.
• Ordine. Scuole di pensiero e filosofie sulla disposizione dei libri.
• Manutenzione. La pulizia di libri, mensole e scaffali, i nuovi arrivi, i libri dati in prestito.
• Condivisione. Unire o non unire due o più librerie quando inizia una relazione? E, se va male, come separarle?

libri istruzioni uso

Su ilLibraio.it, per gentile concessione della casa editrice, proponiamo un estratto:

(…) Ammettiamolo, però: la gran parte di noi, al pensiero di classificazioni complesse basate su categorie e sottocategorie, reagisce con noia e prurito. Che ne è della vertigine di indugiare mezz’ora con in mano il mastodontico Infinite Jest di David Foster Wallace, indecisi se stivarlo tra le distopie o i libri di sport o, chissà, tra quelli di religione o autoaiuto, o insieme alle enciclopedie? Se siete inclini alla vertigine, quella che si prospetta all’orizzonte è una decisione radicale: bando a ogni categoria. Per esempio, Hanya Yanagihara o James Dickey, la prima autrice di Una vita come tante e il secondo autore di Dove porta il fiume (da cui il film Un tranquillo weekend di paura), si sono dichiarati sostenitori della totale assenza di categorie – fiction, non-fiction, qualunque. In favore del solo, purissimo ordine alfabetico.

Ordine alfabetico in che senso, però? La lettera che regge il censimento è la prima del titolo o la prima del cognome dell’autore? In altre parole, i nostri scaffali esordiscono con Aaa! di Aldo Busi per salutarci con Zio Vanja di Anton Čechov o Zwingli. Opere scelte, oppure il primo della fila è Abelardo coi suoi trattati e chiudono i fumetti di Zuzu, a loro volta ordinati alfabeticamente secondo il titolo (tra l’altro, si tiene conto degli articoli il lo la e simili?). L’alfabeto potrebbe estendersi persino alle case editrici, dalla A di Adelphi alla Z di Zanichelli, e qualunque sia l’informazione che eleggiamo a principio, ne resteranno sempre fuori due. E cosa accade se, al cospetto di una libreria in ordine alfabetico per autore, abbiamo disperato bisogno di un libro di cui la memoria ci suggerisce solamente titolo e editore? È il bello di prendersi i propri rischi.

Una precauzione. Quando si adotta l’ordine alfabetico per autore, possono verificarsi convivenze più o meno spiacevoli, proprio come accade tra coinquilini, vicini di condominio, compagni di tenda. La contiguità tra spiriti affini può stimolare, scongiurare la solitudine e garantire il quieto vivere, ma quella tra gente che non ha nulla a che spartire può degenerare in stillicidio: sarà per questo che qualche volume, ogni tanto, precipita spontaneamente dallo scaffale? È avanzato di soppiatto, un millimetro per notte come un’esasperata lumaca, per buttarsi disotto pur di non dover più sopportare la cattiva compagnia?

«Si dice che se di notte si lasciano fianco a fianco, in certe sezioni molto gradevoli della biblioteca di Mogador, due libri con qualche affinità, al mattino se ne trovano tre», racconta lo scrittore Alberto Ruy Sánchez, ma se quei due libri si danno sui nervi? Nella nostra libreria dove l’ordine alfabetico annichilisce le barriere tra fiction e non-fiction, Giorgio Vasari e Sebastiano Vassalli avrebbero di che chiacchierare tra arte e chimere? Hannah Arendt e Pietro Aretino, Charles Bukowski e Michail Bulgakov, Elena Ferrante e Anne Fine e Richard Ford gioverebbero l’una della compagnia dell’altro?

Per disinnescare inimicizie ed evitare tirate di capelli e defenestramenti, nell’Ottocento lo storico e critico d’arte Aby Warburg ha stabilito la “legge del buon vicinato”, cioè disporre l’uno accanto all’altro esclusivamente libri – e autori – con affinità elettive. Elettive a nostro giudizio, ovvio: si diceva che l’ordine di una libreria riflette il nostro modo di vedere il mondo e persino di leggere, o almeno ipotizzare, la personalità di un autore, no? La legge di buon vicinato è quella a cui si affida il filosofo Emanuele Coccia, per esempio, a cui però non abbiamo domandato, quando lo abbiamo interpellato, se gli farebbe piacere stare spalla a spalla, col suo La vita delle piante, a l’Oppio di Jean Cocteau. Siamo certi di sì.

Un’alternativa all’ordine alfabetico è quello cronologico, dall’opera più antica alla più recente per data di nascita e venuta al mondo, dai frammenti dei presocratici alle novità di stamattina. Per disegnare così una linea del tempo con gli scaffali. Una specie di cronistoria della scrittura tout court, dal nostro punto di vista. Inutile dire che, come ogni altro sistema, anche questo ha le sue criticità: come distinguere i libri pubblicati nello stesso anno? E non c’è qualcosa di mostruoso nello smembramento di una trilogia o una saga?

La soluzione parrebbe l’ordine cronologico per autore, ma sorvolando gli eventuali problemi tra autori coevi, affiora con forza una verità che il geniaccio di Georges Perec coglieva già nel 1978, in Brevi note sull’arte e il modo di riordinare i propri libri. Possiamo eleggere a monarca qualunque criterio, quello alfabetico o la provenienza geografica, la data in cui siamo entrati in possesso di un libro o quella di pubblicazione, il formato o il genere, l’appartenenza a correnti letterarie, la lingua, la tipologia di rilegatura o la collana, il colore dell’edizione, addirittura la priorità nelle nostre promesse di future letture, ma nessun criterio può bastare da solo. Per parafrasare Perec, nella pratica nessuna classificazione è soddisfacente in sé, e l’ordine delle nostre librerie è il risultato di una combinazione di più metodi classificatori, la cui resistenza al rinnovamento o all’obsolescenza dà a ogni libreria la sua personalità unica. La nostra.

L’ordine cronologico assoluto ci parla della storia globale del raccontare e del pensare di noi esseri umani, ma la cronologia si può anche relativizzare. Lo scrittore Marco Missiroli, per esempio, ci ha confessato di ordinare le sue librerie secondo l’ordine cronologico di lettura, cosicché ogni ripiano rievoca i libri di una particolare settimana, di un viaggio in treno, di un soggiorno in Francia, del primo mese di vita della figlia. Tito Faraci, storico sceneggiatore di fumetto e narratore, riempie le sue librerie privilegiando invece l’ordine cronologico in cui i libri varcano la soglia del suo appartamento. In ambo i casi, arduo orientarsi e trovare uno specifico volume, a meno di non vivere nella loro testa. E che succederebbe dopo un trasloco? Se Missiroli e Faraci dovessero trasferirsi nella casa del come se e disfare gli scatoloni, come replicherebbero quegli ordini? Forse sono entrambi dotati di memoria prodigiosa, ma è più probabile che destinerebbero una nuova libreria ai libri post-trasloco, mentre per quelli ante chissà quale altro criterio sperimenterebbero.

Beatrice Masini, narratrice per grandi e piccini, traduttrice, direttrice di un’importante casa editrice italiana, nell’emergenza improvvisa famigliole di libri. L’abbiamo sorpresa proprio durante un trasloco, e nell’attesa della grande libreria che un paio di mobilieri le avrebbero installato di lì a qualche settimana, apriva scatoloni e sistemava libri in cumuli ordinati per apparentamento emotivo e stilistico. E non trovando quelli che cercava, alcuni ne ricomprava con emozione.

Di suo, Alessandro Baricco non si accontenta di un criterio. Nello studio di casa sistema la narrativa per lingua dell’autore e le discipline amate per categoria – filosofia, musicologia… Qui e là negli altri ambienti, invece, sparpaglia librerie dove dimorano i quattro autori statunitensi preferiti, o i quattro latinoamericani preferiti. La sua libreria più “viva”, aggettivo suo, è però quella governata dall’ordine di lettura, lo stesso di Missiroli.

Anche chi non sceglie l’ordine cronologico di lettura può avere comunque bisogno di un ripiano (o un ripostiglio, dipende dalla quantità di approvvigionamenti) dove far alloggiare almeno temporaneamente i libri ancora da leggere. Quand’è infatti che un libro si conquista il diritto pieno di cittadinanza nelle nostre librerie? Prima o dopo la lettura? Le opinioni sono discordi. Perec, già citato, sostiene che un libro – appena comprato e non ancora letto – langue in un ordine provvisorio, e quell’ordine provvisorio si può tramutare in un ordine provvisoriamente definitivo.

Qualcosa di simile accade alle librerie di chi, affascinato dalla logica dei best of e delle top ten, delle playlist d’autore e delle classifiche in generale, ci si mette d’impegno affinché i ripiani riflettano le graduatorie del suo gradimento. Di sicuro è un ordine inusuale che costringe a continui riaggiustamenti e soprattutto, alla fine di ogni lettura, a riflessioni più approfondite sul libro che si sta per riporre. Ma una sistemazione così, i migliori in alto e gli altri sempre più in basso o altrove, può far venire al pettine qualche nodo: dove collocare i grandi classici che non abbiamo ancora letto, ma che non ammetteremo mai di non avere ancora letto?

A proposito di classici, Chiara Gamberale ordina i libri per nazionalità, principalmente, ma ci ha raccontato del piccolo armadio dove tiene al sicuro – eco medioevale – i suoi classici. O meglio, parole sue, «i libri della vita». Un best of che, come la volta celeste, si allunga sull’intera carriera di noi esseri umani lettori.

(continua in libreria…)

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