Un uomo completamente nudo si inchioda lo scroto alla pavimentazione della piazza Rossa a Mosca, accanto al mausoleo di Lenin. Le immagini della protesta fanno il giro del mondo. L’autore di quell’impresa viene giudicato un pazzo e quando si inizia a parlare di performance artistica, i più storcono il naso. Pëtr Pavlenskij, performer russo e attivista contro il totalitarismo del governo, si racconta in “Nudo con filo spinato”, un viaggio di un artista che ha dato espressione al disagio di un popolo – L’approfondimento

“Il 10.11.2013 dalle ore 13 alle ore 14, sulla Piazza Rossa, Pëtr Pavlenskij, privo di vestiti, allo scopo di mettere in atto un brutale disturbo dell’ordine pubblico, che esprime un evidente disprezzo della società, avendo come movente l’odio politico e ideologico, in una pubblica piazza ha inchiodato alla pavimentazione, per mezzo di un martello, il proprio organo sessuale”.

È il giorno in cui in Russia si celebra la polizia nazionale quando un giovane uomo crea scompiglio nella sua immobilità. Completamente nudo, si è inchiodato lo scroto alla pavimentazione della piazza Rossa, una delle più importanti di Mosca, proprio accanto al mausoleo di Lenin.

Le immagini fanno il giro del mondo. L’autore di quell’impresa viene giudicato un pazzo. Quando si inizia a parlare di performance artistica, i più storcono il naso. Pochi hanno colto il fulgore politico che era il cuore dell’azione, ispirata a un vero “rituale” di protesta tipico nelle carceri. Non fu il suo primo “attacco”, né l’ultimo. 

Il 23 luglio 2012, lo stesso uomo si era presentato davanti alla cattedrale di Kazan, a San Pietroburgo, con le labbra cucite. Un’azione per ribellarsi all’incarcerazione delle Pussy Riot. Una performance in cui è il silenzio a urlare, in un paese in cui manifesti e urla non servono a nulla. 

E il silenzio contro un governo repressivo è stata la chiave anche di Carcass, un’azione avvenuta il 3 maggio 2013 che vede quello stesso uomo nudo, riverso come un cadavere in un bozzolo di filo spinato. 

Nel 2014, lui si taglierà il lobo dell’orecchio destro, seduto sul muro di un ospedale psichiatrico. Nel 2015 incendierà il portone del quartier generale dei servizi segreti. 

Ognuna di queste azioni si concluderà con l’arresto, lo scandalo, il tam tam mediatico. Unica priorità: terminare la performance prima di essere fermati. Qualunque cosa accada.

Quell’uomo è Pëtr Pavlenskij, performer russo e attivista contro il totalitarismo del governo del suo paese, a capo della rivista Propaganda politica. Un’arte politica, la sua, che svela “la violenza del potere. Parlo di quello che si nasconde dietro la messa in scena della preoccupazione per la sicurezza. Sono gli apparati a esercitare violenza”. 

Un’arte scioccante, scandalosa e da molti ancora non considerata tale, che viene raccontata nella recente uscita de Il Saggiatore Nudo con filo spinato (traduzione e prefazione di Agnese Grieco), un’affascinante viaggio nel pensiero violento ma lucido di un artista che pretende il cambiamento. 

Nudo con filo spinato

Il cambiamento contro ogni gerarchia, ogni potere, ogni pretesa di possesso: sia nel mondo macroscopico, quello giuridico e quello politico, e sia in quello intimo, microscopico. Perché le dinamiche di potere sono in ogni aspetto della nostra vita, siamo stati cresciuti così. E quindi parliamo del partner come il nostro partner, dei figli, come i nostri figli. 

Pavlenskij si racconta, svela il suo modus operandi e la sua filosofia, controversa ma chiara, in un serrato botta-risposta con Ilja e Vladimir Velminskij, che l’hanno intervistato per “indagare un artista che ha dato espressione al disagio di un popolo”.

Un lungo dialogo, che ricopre la quasi totalità del volume, non sempre semplice, non sempre “comodo” (anzi, a tratti feroce) ma che, proprio per questo, scuote la lettura, la rende carica di forza e spinge inevitabilmente alla riflessione.

E se non tutti riescono a percepire come arte le azioni di Pavlenskij, troppo facile è sorvolare il tutto adagiandosi sul mero caos mediatico. Se il violento silenzio e l’atroce immobilità di un uomo sono riuscite a urlare, allora vale la pena scavare più a fondo, con il rischio di prendersi un pugno allo stomaco. Un pugno che vale la pena sorbirsi.

 

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