Oliver Sacks (1933 – 2015), medico, chimico e scrittore, ha raccontato nei suoi libri i segreti del cervello. I suoi saggi più celebri sono “L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello” e “Musicofilia”, in cui descrive le malattie surreali dei suoi pazienti, ma il suo approccio narrativo alla clinica ha suscitato tanti apprezzamenti quanto alcune critiche – Un approfondimento dedicato alla sua opera

“Spesso, a cena, mia madre o mio padre raccontavano le vicende dei pazienti che avevano visitato quel giorno: storie di vite il cui corso era stato ostacolato da malattie o lesioni”, scrive il neurologo e autore Oliver Sacks (1933 – 2015) nella prefazione al suo libro più conosciuto L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello. Sacks è una figura peculiare, in ambito medico come in ambito letterario, con un destino professionale che sembra segnato fin dalla giovinezza e una sensibilità che lo ha portato a tornare su un genere dimenticato: la letteratura clinica dell’Ottocento. La sua opera, in Italia pubblicata interamente da Adelphi, racconta le patologie della mente con un rispetto e una devozione per la materia narrata tali da lasciar intendere come la riflessione sulla natura, meravigliosa e terribile, della vita, del corpo e della mente, andasse oltre una mera questione di lavoro.

Oliver Sacks: quando la vita e la medicina si incontrano

Oliver Sacks è il figlio minore e timido di una coppia di medici inglesi. Di discendenza ebraica, quella di Sacks è una famiglia colta e i figli – quattro – vengono stimolati allo studio. Sacks si appassiona presto alla chimica; una materia non troppo distante da quella a cui sceglierà di dedicare la vita e che ritornerà gioco forza negli studi sugli effetti dei farmaci sul cervello. Tuttavia, l’eredità che Sacks si porta sulle spalle non è solamente quella di una famiglia brillante, con una madre che, rovesciando ogni paradigma inizio-novecentesco, è una delle prime chirurghe del Paese: profondamente ancorati alla tradizione, i genitori rigettano duramente l’omosessualità del figlio, che preferisce allontanarsi dalla famiglia e trasferirsi prima in Canada e dunque negli Stati Uniti.

L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello di Oliver Sacks

In Inghilterra Sacks lascia anche le preoccupazioni per uno dei fratelli, malato di schizofrenia, la cui condizione gli creava profondi turbamenti. In realtà lo scrittore non riuscirà mai ad abbandonare i sensi di colpa provocati dalla vicenda ed è semplice immaginare che anche questo elemento abbia contribuito a spingerlo verso un ambito che, spesso e volentieri, finisce con l’incrociarsi con la psichiatria. Ma d’altronde Sacks ha sempre visto il lavoro sovrapporsi alla vita privata: dalla prosopagnosia di cui soffre in maniera lieve (la stessa malattia del paziente che dà il titolo al suo libro più celebre) e per cui faceva fatica a ricordarsi il volto di persone che incontra abitualmente; alle esperienze percettive con le droghe nel periodo universitario, che sistematizza molto più tardi, nel 2012, nel saggio Allucinazioni.

Neurologo e scrittore: un successo contestato

La cifra di Oliver Sacks, come medico e come autore, è quella della curiosità, dell’accostarsi alle problematiche dei pazienti andando oltre al dato clinico e concentrandosi sul vissuto personale del paziente e su come interagisce con la malattia. Oltre che con curiosità, alla patologia Sacks si accosta anche con umiltà, e nei suoi saggi sottolinea spesso come, quando si sono svolti alcuni episodi, non avesse ancora il bagaglio di conoscenze accumulate successivamente. È il caso, ad esempio, dell’esperienza in un ospedale di lunga degenza di New York, dove Sacks lavora negli anni Sessanta e che viene raccontanta in Risvegli (1973). I pazienti di cui parla Sacks sono alcuni sopravvissuti a un’epidemia di encefalite letargica di inizio Novecento: da allora hanno vissuto per i successivi cinquant’anni immobili come statue. Sacks decide di somministrargli un nuovo farmaco, l’ L-Dopa, che li riporta letteralmente in vita, meravigliandosi per i risultati da lui stesso ottenuti.

Il saggio Allucinazioni di Sacks

Tuttavia, la pubblicazione di resoconti clinici che vanno così a fondo nell’intimità di pazienti (si pensi ad esempio alla storia del marinaio che ha scordato tutta la sua vita, raccontata nell’Uomo che scambiò sua moglie per un cappello), suscita non poche polemiche all’interno della comunità medica. Da un lato, infatti, viene posto il problema del consenso, che nel caso dei pazienti più gravi può risultare dubbio, dall’altro viene criticata l’attendibilità dei resoconti di Sacks. Non basandosi su dati rigorosi, quanto su esperienze slegate tra loro che vengono raccontate con uno stile narrativo tipico della tradizione ottocentesca, il neurologo non può infatti aspirare alle riviste di settore, e le sue velleità di scrittore finiscono, secondo alcuni studiosi, con l’avere la meglio sul rigore dello scienziato.

Il cervello umano: un vertiginoso mistero

Nei suoi saggi Oliver Sacks predilige quindi un tono confidenziale, che richiama il memoir e la narrazione romanzesca. Per contro, Sacks non penalizza però la spiegazione analitica e l’utilizzo di una terminologia specialistica (che, sempre supportata da esempi e spiegazioni, è molto fruibile). Il suo stile letterario è da questo punto di vista unico, e l’accessibilità dei suoi testi, unita all’originalità delle storie raccontate, rende i libri di Sacks adatti per una platea di lettori vasta e trasversale.

Sacks, Il fiume della coscienza, postumo

Forse proprio in questo si nasconde il successo di Sacks: nella curiosità umana e fragile per i misteri del cervello, che spaventano e affascinano al contempo e che trovano, nella scrittura semplice e garbatamente ironica del neurologo un porto sicuro. Le patologie che formano la trama dei suoi saggi turbano e lasciano spesso sgomenti, come la sindrome di Charles Bonnet, da cui prende le mosse Allucinazioni. I pazienti affetti da questa malattia sperimentano allucinazioni con l’insorgere di una cecità progressiva, senza tuttavia avere nessun problema a livello mentale: è una sindrome ormai riconosciuta, ma certamente non famosa, e gli esempi portati da Sacks hanno dell’incredibile.

O ancora come le storie di Musicofilia, del 2007, in cui Sacks affronta i rapporti tra la musica e la neurologia. Portando come sempre una pletora di esempi, racconta l’utilizzo musica nelle terapie per i malati di Alzhaimer o Parkinson, ma anche il suo lato patologico, rappresentato, per esempio, dalle allucinazioni auditive.

Oliver Sacks, come medico neurologo, come scrittore, e come uomo, non si è mai accontentato della risposta unica. Collegando nella sua esperienza privata e lavorativa gli interrogativi sulla coscienza, sugli abissi della mente e sulla natura umana, ha saputo creare un mosaico di suggestioni che si muovono abilmente tra le discipline. Ne è esempio lampante Il fiume della coscienza, testo postumo uscito in Italia nel 2018 che può forse essere considerato la summa del suo lavoro di scrittore. Partendo da un saggio su evoluzionismo e botanica, Sacks muove verso gli argomenti a cui ha più abituato i suoi lettori, reinterpretandoli in una sorta di “teoria del tutto” in cui i processi della mente umana vengono collegati alle abitudini sociali delle vespe e alle tecniche di sopravvivenza delle piante.

“La vita sul nostro pianeta ha qualche miliardo di anni”, scrive Oliver Sacks, “e noi letteralmente incarniamo, nella nostra anatomia, nei nostri comportamenti, nei nostri istinti e nei nostri geni, tutta questa storia profonda”. Ed è questa la storia che ha provato a raccontare, ricercandola nei salotti di uomini che restavano ottimi cantanti e amabili conversatori pur ritrovandosi, di tanto in tanto, a scambiare due parole con un parchimetro.

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