In un panorama mediatico sempre più complesso, frammentato e in evoluzione, ha fatto il suo atteso debutto “Open”, il quotidiano online voluto da Enrico Mentana, che ha scelto di puntare su una redazione di giovani praticanti. Abbiamo ricostruito la genesi del progetto e analizzato il sito e la linea editoriale, soffermandoci sui contenuti, l’uso dei social, ma anche sulla grafica, gli aspetti tecnici e il modello di business scelto. Le potenzialità non mancano, come pure gli aspetti da migliorare nel tempo (e a non mancare sono anche i concorrenti) – L’approfondimento

Premessa: il debutto di una nuova realtà giornalistica va festeggiato, in particolare nell’attuale contesto italiano. Ci riferiamo naturalmente a Open, il quotidiano online nato da un’idea di Enrico Mentana, che nel primo editoriale (di martedì 18 dicembre) ha definito la creatura che lo vede impegnato nelle vesti inedite di editore “un post giornale, aperto al nuovo, alle contaminazioni, aperto 24 ore al giorno, aperto ai contributi e alle critiche. Open, appunto”.

Tutto è cominciato lo scorso 7 luglio, con un post sulla frequentantissima pagina Facebook del direttore del Tg di La7. L’idea di “far nascere un quotidiano digitale realizzato solo da giovani regolarmente contrattualizzati”, subito accolta con entusiasmo dai social, è diventata realtà dopo neppure sei mesi.

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BEN 15MILA CANDIDATI

Non stupisce che a Mentana e alla sua squadra siano pervenute circa 15mila candidature, probabilmente un record per il giornalismo italiano. Un numero enorme, che testimonia la sete di lavoro tra i ragazzi. Ma non solo: i 15mila curriculum confermano che, nonostante le critiche e gli attacchi quotidiani rivolti a giornali e giornalisti (non solo da parte della politica), e nonostante la crisi ormai pluridecennale con cui fa i conti la carta stampata (alle prese con il costante calo dei lettori e il devastante impatto del digitale, senza dimenticare la diffusione dei social network, sempre più pervasivi nell’era della grande distrazione in cui siamo immersi), il giornalismo conserva un certo fascino, anche tra le nuove generazioni. Se da tempo si dibatte sulla credibilità perduta dalla stampa, quello del giornalista resta un mestiere ambito. Ma anche in crisi, per la generale difficoltà di individuare modelli di business in grado di garantire  sostenibilità e indipendenza, con cui da tempo fanno i conti tanto le testate tradizionali quanto gran parte di quelle online.

LA SCELTA DEL DIRETTORE E DELLA SEDE PRINCIPALE

“Chi lavorerà nel nuovo giornale dovrà saper fare il giornalista web a tutto tondo, avere adeguato background, passione per la scrittura, talento per le notizie, saper lavorare nei luoghi dei fatti, trasmettere in diretta, filmare e fotografare, conoscere l’impaginazione tecnica, la grafica del web“, ha spiegato nei mesi scorsi Mentana, ovviamente molto coinvolto nel nuovo progetto. Per guidare Open si è però affidato all’esperienza e alla professionalità di Massimo Corcione, già vicedirettore del Tg5 ai tempi di Mentana direttore, e in seguito alla guida di Sky Sport.

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Corcione, classe ’57, è affiancato dalla vicedirettrice Serena Danna (classe ’82, già al Sole 24 Ore, a La Lettura del Corriere della Sera e, successivamente, vicedirettrice di Vanity Fair con delega allo sviluppo digitale). A Sara Menafra (ex vice capo servizio del Messaggero, con alle spalle esperienze televisive e radiofoniche), la responsabillità della redazione romana.

La sede principale, invece, è a Milano: “Non solo perché – come ha chiarito lo stesso Mentana – è la nuova città in cui tutto è possibile, ma perché il mio Tg è a Roma e voglio che ci sia la prova che non è eterodiretto”.

Come riporta Il Sole 24 Ore, in redazione tra Milano e Roma ci sono 25 giornalisti (di cui 18 praticanti), più 4 dipendenti con altri profili (tra questi, l’esperto Seo Salvatore Fronterré): “Tutti con contratto a tempo indeterminato. Quest’anno ho assunto più praticanti io che il resto della stampa italiana”, ha dichiarato il fondatore.

INVESTIMENTO DI PARTENZA, PUBBLICITA’ E MODELLI DI BUSINESS

Per creare Open è nata una società a impresa sociale senza scopo di lucro, di cui Mentana è azionista. Citiamo ancora Il Sole 24 Ore, che ricorda che nelle scorse settimane Mentana aveva parlato di un impegno di un milione di euro: “Un milione è l’investimento a tendere. Dipende da come andranno i conti”, precisa Mentana interpellato dal quotidiano di Confindustria – i 10.000 euro sono il capitale minimo per la società. Il mio investimento iniziale – spiega – è di 250.000 euro…”.

Quanto alla raccolta pubblicitaria, è stata affidata a una delle concessionarie di Urbano Cairo. Ma come starà in piedi Open? Attraverso la pubblicità. Niente abbonamenti o altre modalità, a quanto pare. E gli eventuali utili, stando alle intenzioni, saranno investiti nella redazione.

Sempre secondo il Sole, “per il lancio di Open sono stati collocati pacchetti pubblicitari per le prime 4 settimane. (…) Secondo fonti vicine al dossier, sarebbero stati raccolti circa 300mila euro, al lordo delle commissioni di agenzia”.

GIOVANI PRATICANTI, PER UN SITO CHE PUNTA AI GIOVANI…

Com’è fin troppo evidente dai primi articoli pubblicati, e come del resto aveva già anticipato Mentana, Open si rivolge ai “giovani”, onnipresenti nei testi del sito. Un progetto che “deve vivere della forza dei giovani”, che a loro volta “devono fare informazione per i loro coetanei”. Sempre a proposito di questo tema, il fondatore ribadisce che il nuovo giornale online è “fatto da una nuova generazione di giornalisti per una nuova generazione di lettori”.

Proseguendo la sua analisi, il direttore del Tg di La7, che sia in tv sia sui social ai giri di parole preferisce la schiettezza, e che a volte viene criticato per certi atteggiamenti (per la cronaca, la pagina Facebook “Enrico Mentana blasta lagggente” ha oltre 200mila fan), recentemente si è detto convinto che “il giornale cartaceo è una forma di informazione superata per i più giovani”. A questo proposito ha argomentato: “Oggi cosa può pensare un giovane del fatto che si deve pagare 1 euro e mezzo per comprare giornali con notizie del giorno prima. È un patto vintage. Pagare per notizie vecchie quando il mondo digitale ci porta in casa tutto quello che vogliamo? C’era e c’è la possibilità che il giornalismo cambi non l’anima, le modalità”. Chiaro, no?

L’IMPORTANZA DELL’APP

Per un’analisi tecnica del nuovo sito può essere utile leggere Wired, che “a caldo” si è soffermato, tra le altre cose, sulla grafica e sui problemi legati all’indicizzazione. Questi ultimi non di poco conto, se si considera che la tendenza generale vede prevalere il traffico proveniente da Google rispetto a quello che arriva da Facebook. Non è sempre stato così: prima delle significative modifiche man mano introdotte ai sui algoritmi, in molti casi il social più famoso era diventato la fonte di traffico prevalente, condizionando le scelte editoriali dei siti di mezzo mondo.

A proposito degli aspetti tecnici, a Open puntano molto sull’app, e sulla versione mobile, su cui ineluttabilmente è posta l’attenzione. A questo proposito, “la schermata iniziale è visualizzabile nella modalità ‘compact’, che raccoglie in una schermata i thumbnail e i titoli di quattro articoli alla volta, oppure ‘classic’, che ne mostra due alla volta e include, sotto al titolo dell’articolo, il nome o i nomi degli autori”.

OBIETTIVI AMBIZIOSI…

Prima del lancio Mentana ha anche parlato degli obiettivi di traffico, che certo non difettano di ambizione: “Un milione di utenti unici giornalieri. Potenzialmente, abbiamo i numeri per diventare il primo giornale italiano“. Detta così, l’intento sembra essere quello di giocarsela con Repubblica.it, Corriere.it e via dicendo.

Certo, gli obiettivi sono molto importanti, le potenzialità non poche, ma non bisogna dimenticare che, solo per fermarsi alla rete, la concorrenza – spesso di qualità, oltre che con una base già più o meno solida di lettori (nonostante la generale distrazione che si citava prima) – è notevole.

…MA TANTI CONCORRENTI

Open (come i suoi concorrenti, del resto) si deve confrontare con un panorama tanto ampio quanto variegato: dai siti delle testate giornalistiche tradizionali ai tanti quotidiani online nati sin dalla metà degli anni ’90, senza dimenticare i siti verticali (su qualsiasi argomento, più o meno di nicchia), o l’affollato panorama delle riviste online, spesso di qualità, per non parlare dei blog, e senza neppure considerare pagine e community social, spazi come Medium (solo per citarne uno) o, ancora, YouTube (visto che in questo caso ci si vuole rivolgere ai ragazzi).

E LE COMPLESSITA’ NON MANCANO

Ma non c’è solo il tema della concorrenza: tanto si è scritto e detto in questi anni a proposito delle nuove modalità di fruizione delle notizie, che spingono praticamente tutti i media, nativi digitali compresi, a sperimentare e tentare continuamente nuove strade. Strade che, purtroppo, raramente si rivelano quelle giuste, se non nel breve termine, in un panorama sempre più complesso, frammentato e in evoluzione. In cui da un lato Google e dall’altra i social (su tutti Facebook) giocano un ruolo dominante, a livello di traffico, introiti pubblicitari e visibilità/distribuzione dei contenuti. Così, da una parte troviamo i siti giornalistici, più o meno affermati, dall’altra i giganti della rete (è un discorso – non nuovo, e neppure semplice da sintetizzare – che vale non solo per l’Italia).

A rendere più difficile, ma anche più interessante, il percorso che può compiere Open, è proprio il fatto che il “post giornale” in questione punta a parlare ai giovani, cioè il “target” meno statico e più diversificato con cui chi si occupa di news (e non solo) può confrontarsi.

In questo caso, però, le scelte fatte a livello redazionale possono venire in soccorso: Mentana ha mantenuto le promesse iniziali, assumendo tanti under 30 (e tante giornaliste, va sottolineato), con poche eccezioni. L’impressione è che abbia puntato su ragazze e ragazzi con alle spalle esperienze all’estero (e ci auguriamo che questo presto questo emerga anche nei pezzi della sezione dedicata agli esteri), e su profili piuttosto diversi tra loro. Di sicuro i praticanti selezionati per Open hanno l’opportunità di vivere una delle esperienze più elettrizzanti che il giornalismo può regalare, quella del lancio di un nuovo giornale. Una grande occasione, ma anche una bella responsabilità.

LE PRIME IMPRESSIONI SULLE SCELTE EDITORIALI

Il debutto, va detto, è stato un successo, e lo stesso Mentana nel secondo editoriale ha ringraziato i lettori “per l’accoglienza” e “per il numero straordinario di visite”. E c’è da credergli: basta dare un’occhiata al numero di mi piace, commenti e condivisioni agli articoli postati sulla pagina Facebook di Open (e lo stesso, in queste prime ore, vale per Instagram e Twitter), per rendersi conto dell’entusiasmo. Certo, sono i giorni di lancio, e l’alto livello di engagement è conferma della grande attesa che c’era.

Staremo a vedere come andranno le cose con il passare delle settimane e dei mesi: è infatti sempre un errore giudicare i contenuti di un nuovo sito dopo poche ore, o anche dopo pochi giorni. Servono mesi per far crescere l’affiatamento in redazione e per affinare la gestione del lavoro quotidiano, e alle ragazze e i ragazzi di Open va dato il tempo di crescere man mano, facendo delle prove e, perché no, sbagliando.

Certo, qualcosa già si intravede: si diceva prima delle tante (troppe?) volte in cui la parola “giovani” ricorre nei titoli, nei sommari e in generale negli articoli proposti da Open. Allo stesso tempo, si conferma l’attenzione per i video (girati in orizzontale). Video (spesso si tratta di interviste) che vanno ad accompagnare gli articoli. Questi ultimi generalmente non sono molto lunghi. Niente longform, almeno per ora, e per gli approfondimenti si preferisce il formato video. In generale, però, non si registrano (per il momento) grandi rivoluzioni giornalistiche o innovazioni tecnico-grafiche, e non è detto che sia un male.

BENE IL FACT CHECKING, MA LE “NOTIZIE”?

Riguardo all’identità editoriale del progetto, si può inoltre già dire che l’attenzione è posta sul fact checking (non a caso, tra i primi assunti di Open troviamo il 36enne David Puente, “blogger e debunker”, subito autore di un pezzo non a caso è dedicato alle più grandi bufale e falsità del 2018).

A proposito di debunker, in tanti sono stati definiti così nelle micro-biografie dei redattori pubblicate sui social di Open alla vigilia del lancio. Ecco, il buon giornalismo (vale per l’online, come per la carta stampata) non può non porre una crescente attenzione alla verifica dei fatti, delle fonti e alla caccia delle bufale (anche per riconquistare la fiducia dei lettori), ma deve allo stesso tempo occuparsi della cronaca (su questo a Open si sono subito dimostrati sul pezzo) e della ricerca, oltre che di storie interessanti da raccontare (nella sezione Le nostre storie – la cui url, però, si chiama “inchieste” – sono stati ad esempio proposti gli approfondimenti sul Gender fluid, e anche in questo caso tanto spazio è stato riservato alle video-interviste), di notizie esclusive. Come alcuni addetti ai lavori hanno fatto notare, nel debutto di Open proprio queste ultime sembrano mancare: per ora, l’unica “esclusiva” riguarda la pubblicazione in anteprima della proposta di legge che un gruppo di rider ha deciso di presentare, dedicata a Maurizio Cammillini e Alberto Piscopo Pollini, due ragazzi di 29 e 19 anni morti recentemente mentre facevano consegne a domicilio.

Visto che ne abbiamo citate alcune, per completezza ricordiamo che al momento le sezioni del sito sono 7. Nell’ordine, “primo piano”, “le nostre storie”, “lo sport” (con i contributi video di un volto noto, Pierluigi Pardo), “il mondo”, “la cronaca”, “suoni e visioni” e “l’economia”.

E I LIBRI?

Pur considerando che si sta parlando di un quotidiano generalista (non di una rivista o di un sito specializzato), nel debutto di Open lo spazio per i libri è quasi nullo (ma ricordiamoci che il progetto è online da poche ore). Nella sezione “Suoni e visioni” (la url fa però riferimento ad “arte e spettacolo”) finora non si è parlato di letteratura (nemmeno a livello delle sopracitate “contaminazioni”), di teatro, di arte stessa. Dominano la sezione musica, serie tv e cinema, con articoli come Perché i film con le supereroine rendono di più, Springsteen on Broadway: cinque ragioni per vederlo, Perché i film con le supereroine rendono di più o Cosa c’è di vero nelle serie tv: Westworld.

Sarebbe interessante se col tempo Open trovasse un modo nuovo di occuparsi di libri e che, più in generale, contribuisse ad alimentare il dibattito culturale da un’angolazione non già vista. “Con lo sguardo di giovani senza steccati”, per dirla con Mentana.

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