Su ilLibraio.it un estratto, dedicato all’inizio dell’anno scolastico, da “Tranquillo prof, la richiamo io”, il nuovo (surreale) libro di Christian Raimo, nato su Facebook

Le interrogazioni, i compiti, il tempo che non passa mai, sono gli incubi di qualunque studente. Tranne che nel nuovo libro (nato da una serie di post su Facebook) di Christian Raimo (Tranquillo prof, la richiamo io, Einaudi), dove è il professore a non essere preparato.

In questa raccolta un docente non autorevole, spaventato, in cerca di riconoscimento, è alle prese con degli studenti precisi, attenti, consapevoli del proprio ruolo. Attraverso telefonate, mail, sms, appuntamenti in chat, si srotola così una “storia d’amore surreale”: con tanto di innamorato respinto (il prof), amata sfuggente (la classe), attacchi di gelosia (per la supplente) e paura dell’abbandono (ogni volta che una vacanza si avvicina)…

Tranquillo prof, la richiamo io

Su ilLibraio.it un estratto, dedicato all’inizio dell’anno scolastico
(per gentile concessione di Einaudi)

Ogni inizio scolastico è sempre duro. Certo le vacanze sono un periodo importantissimo, nel quale però qualcosa si smarrisce: il senso d’appartenenza alla classe. Stimoli, stimoli, stimoli, e poi ai ragazzi che cosa rimane? Un pugno di mosche che gli solleticano la mano e lasciano «il deserto della mente». Vi ricordate quel film meraviglioso, L’attimo fuggente? Ancora piango al ricordo delle centinaia di volte che l’ho visto. Che cosa offriva quel professore ai propri allievi se non la passione fino in fondo, il senso sacro della «vita della scuola»? Perché, se posso dirvi la Verità con la V maiuscola: una guida, questo vogliono i ragazzi. Ma anche un maestro, un amico, un mito.

Un capitano coraggioso, capace di buttarsi con incoscienza dentro i flutti del mondo e salvarli uno a uno dai «gorghi» del dolore sociale. Se non trovano questo capitano cresceranno soli e disperati. Noi professori ogni tanto dovremmo prendere i ragazzi per mano, fargli sentire la nostra vicinanza. Guardarli negli occhi, fargli capire che le loro angosce sono le nostre, ma che insieme, infondendoci uno spirito di fratellanza, ogni paura del futuro può svaporare.
La verità è che certi elementi dalla scuola andrebbero
eliminati. Oggi, per esempio, ho perso tutta la giornata dietro al collegio docenti. Chiacchiere, burocrazia, «il brutto potere»… I collegi docenti sono l’«agglomerato assoluto» del nulla.

Per fortuna ho la capacità di «volare via» con la fantasia, e mentre i colleghi tipo la Romiti e Tassinari si scannavano sulle decisioni da prendere, io pensavo che tutte queste scartoffie che dobbiamo compilare per oscuri decreti ministeriali dovrebbero bruciare in un fuoco purificatore. Basta registri, basta verbali da redigere! Vorrei strappare tutta questa carta in mille pezzettini, lanciandola nel vuoto interstellare e mostrare cosí la sua inutilità. A partire dalla pratica piú inutile tra tutte le pratiche inutili dell’asfissiante burocrazia scolastica: la programmazione.

Come si può «programmare» la vita scolastica? Siamo forse robot di un mondo distopico? Dobbiamo essere capaci di «ascoltare il cuore» che batte anche in una classe chiassosa, e intuire quali sono i bisogni che albergano nel profondo dell’anima di ogni studente.

E invece ecco Canepari, quella d’italiano, che ciancia con me per fare delle lezioni multidisciplinari, o De Marchi, quella di inglese, che vorrebbe sapere se ho pensato a delle misure compensative per i ragazzi dislessici… Le vorrei rispondere: Sai qual è la mia misura compensativa ? La meraviglia! Poter stupire i ragazzi e toglierli dalla routine suicida della loro vita di adolescenti, portare uno shock rivivificante! Lo so, lo so che in questa battaglia sono solo… Ma so anche che alla lunga vincerò. E i ragazzi tra vent’anni verranno a ringraziarmi.

(continua in libreria…)

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