Da molte delle serie teen prodotte in quest’ultimo periodo emerge il ritratto dell’adolescenza come un’età estremamente promiscua e pericolosa, in cui alla fine i ragazzi si comportano come gli adulti, solo con un’età anagrafica inferiore. Anche “Baby”, la nuova produzione di Netflix Italia, corre lo stesso rischio e non tanto perché parla, tra le altre cose, di due ragazze di buona famiglia che iniziano a prostituirsi, ma per il modo stereotipato e retorico con cui ha scelto di raccontare la vicenda…

L’approfondimento de ilLibraio.it dedicato all’evoluzione dei teen drama, che parte da Dawson’s Creek, Beverly Hills 90210 e The O.C, passa per Gossip Girl e Skins, e arriva a The End of the F***ing World e 13 Reasons Why

Da Dawson’s Creek a Baby, come i teen drama raccontano l’età più complessa

Una sera come tante, dopo aver guardato l’ennesimo film di Spielberg stesa sul letto accanto al suo migliore amico, Joey Potter si rende conto che forse non è più il caso di dormire con Dawson Leery come quando erano bambini. Stanno crescendo e passare la notte insieme non sembra più essere una buona idea. Ovviamente la sola ad averlo capito è la ragazza, per Dawson si potrebbe continuare senza nessun problema. E infatti, quando lei gli dice che ormai sono grandi e che le cose sono cambiate, lui risponde spaesato: “e allora?”.

E allora io ho il seno e tu hai i genitali“, ribatte prontamente lei, ma per quanto Dawson cerchi di convincerla del contrario, la paura di Joey è reale e fondata: sono adolescenti e, anche se sono amici da una vita, potrebbero finire a fare sesso.

Questa è la prima scena del primo episodio di Dawson’s Creek, uno dei titoli più citati quando si parla di teen drama. A Dawson ci vorranno un po’ di puntate per capire le ragioni della scelta di Joey, ma quello che conta è che la storia inizia nell’attimo preciso in cui il sesso entra nelle vite dei personaggi, cambiandole e innescando il motore di tutta la narrazione.

La centralità del sesso è infatti la caratteristica principale della maggior parte delle storie che vedono gli adolescenti come protagonisti. I motivi sono facilmente intuibili e ce li spiega la stessa Joey: “I nostri emergenti ormoni stanno cambiando il nostro rapporto e per questo devo limitare i danni”.

La scoperta della sessualità avviene durante l’adolescenza, di conseguenza è normale che l’argomento occupi molto spazio in quello che è stato uno dei generi più popolari tra gli anni Novanta e gli anni Zero. Oltre a Dawson’s Creek e allo storico Beverly Hills 90210, ci sono stati, per citarne solo alcuni, One Tree Hill, The O.C., Gossip Girl per poi arrivare, nel 2007, a Skins, una serie rivoluzionaria che ha segnato una vera e propria svolta nel genere teen.

Skins ha raccontato gli adolescenti in modo molto più estremo e con un tono decisamente più cupo rispetto ai precedenti teen drama (che comunque, in quanto a drammi e tragedie, non scherzavano mica). 

skins

La vita dei più giovani comincia a suscitare interesse e curiosità, perché dietro quel mondo fatto di scuola, compiti a casa e serate passate a “dormire a casa dell’amica”, si nasconde qualcosa di oscuro, a cui è impossibile accedere, se non agli adolescenti stessi. Questa, forse, è stata una delle ragioni che ha portato a vedere l’adolescenza come un’età estremamente promiscua e pericolosa, in cui tutto è possibile. Non è un caso che la maggior parte delle serie teen prodotte ultimamente si mescoli spesso al genere crime, proprio per enfatizzare il ritratto di una generazione che vive situazioni compromettenti e inimmaginabili. 

L’adolescente diventa una figura misteriosa, da cui ci si può aspettare qualsiasi cosa: che abbia ucciso un uomo (The End of the F***ing World), che si metta sulle tracce di un assassino (Riverdale), che nasconda lo stupro di una compagna di classe (13 Reasons Why), e che per “dare pepe” alla propria decennale relazione (si suppone a questo punto iniziata durante le scuole medie) decida di cominciare un ménage à trois (Elite).

In pratica in queste serie gli adolescenti si comportano come degli adulti, solo che hanno un’età anagrafica inferiore.

elite

È vero che una storia non deve per forza essere verosimile per essere una buona storia – e infatti molte delle serie citate sono parecchio avvincenti – però, dopo un po’, tutta questa aria dark e maledetta rischia di diventare fastidiosa. 

Anche Baby, la nuova produzione di Netflix Italia, sembra soffrire della stessa sindrome. E non tanto perché parla, tra le altre cose, di due ragazze di buona famiglia che iniziano a prostituirsi (questa è una realtà fin troppo conosciuta e già rappresentata benissimo in Giovane e bella di François Ozon), ma per il modo affettato con cui ha scelto di raccontare la vicenda.

Davvero può succedere che una ragazzina chieda a un uomo di strapparle il vestito di dosso e questo, in mezzo secondo, con un solo gesto decisivo, riesca a stracciarlo precisamente a metà senza compiere alcuno sforzo?

baby Netflix

Sì, forse può succedere che una sedicenne si metta davanti a un uomo più grande e gli chieda di spogliarla, ma probabilmente il loro primo approccio non sarà facile, spensierato e travolgente come se si trovassero in un film porno, ma più ruvido e complesso, da un punto di vista sia fisico sia emotivo. Infatti non sono gli eventi il problema in Baby, ma il modo in cui vengono rappresentati, che sembra rifarsi a una retorica un po’ datata.

Non risulterebbero così evidenti le stonature di questa serie se non venissero confrontate con un altro teen drama italiano, adesso alla seconda stagione, di cui però si parla (inspiegabilmente) molto meno, Skam (adattamento dell’originale norvegese).

Intendiamoci, gli adolescenti di Skam fanno esattamente tutto quello che abbiamo detto finora: spacciano, bevono, si drogano e scopano; però c’è nella messa in scena una rappresentazione molto più realistica, che non usa stereotipi o enfatizzazioni gratuite. Insomma, in Skam sembra di vedere gli adolescenti per come sono veramente gli adolescenti, e non per come gli adulti vorrebbero vedere gli adolescenti. 

In fondo è sempre la solita storia, che dura fin dai tempi de I ragazzi del muretto. Solo che l’impressione è che prima gli adulti desideravano vedere gli adolescenti come ragazzini problematici e incasinati, ma fondamentalmente buoni e semplici, mentre adesso li vogliono depravati e senza scrupoli. E dalle loro descrizioni, alla fine, rimane solo questo.

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