Umberto Eco (5 gennaio 1932 – 19 febbraio 2016), filosofo, semiologo, giornalista e scrittore, è stata una delle personalità culturali più multiformi d’Italia. Nella sua vita ha raccontato se stesso e le sue passioni attraverso una fervida attività culturale e capolavori come il romanzo-bestseller “Il nome della rosa” – L’approfondimento

Umberto Eco (nella foto di Leonardo Cendamo – Getty Editorial, ndr) è il custode di un labirinto senza nome, in cui epoche e storie si incrociano e sovrappongo in percorsi sempre nuovi. D’altronde, la sua biblioteca personale, che si snoda per corridoi, salotti e studi del suo appartamento milanese, è un buon esempio di dedalo letterario. Impossibile uscirne: scrittore, semiologo, filosofo, accademico, e chi più ne ha più ne metta, Umberto Eco è un personaggio che professionalmente sfugge a qualsiasi casella e le occupa tutte contemporaneamente. Impossibile, forse, raccontarlo davvero: la sua vita si fa piccola e scompare dietro le pagine che ha letto.

Curarsi con Tommaso d’Aquino e Alessandro Manzoni

Nato in Piemonte nel 1932, Umberto Eco, figlio di un impiegato, ha una vita simile a quella di centinaia di altri giovani italiani della sua generazione: troppo giovane per fare la guerra, è cattolico e studente del liceo classico. La guerra finisce e lui continua a studiare, si iscrive all’università, milita per un periodo con Azione Cattolica. L’aneddoto sulla sua perdita della fede è famoso, perché è dovuta agli studi su Tommaso D’Aquino (su cui, peraltro, si laurea). La sua passione per la scrittura e la letteratura, però, ha radici profonde e risale all’infanzia: nipote di un tipografo, pur venendo da una famiglia lontana dai professionismi della cultura, Eco ha sempre respirato i libri.

Qui c’è un secondo aneddoto, altrettanto celebre, circa la sua passione per I promessi sposi. Il primo romanzo italiano è nel nostro paese l’unico vero ponte tra le generazioni: tutti lo hanno odiato e continuano a odiarlo, i ragazzi degli anni Cinquanta, come quelli degli Ottanta e, ci scommettiamo, anche quelli degli anni Dieci del Duemila. Umberto Eco no, non ha fatto parte della schiera di odiatori adolescenti di Alessandro Manzoni, grazie a suo padre che, quasi subodorando il destino del figlio, gli regala una copia del libro appena qualche mese prima che Eco debba studiarlo. È inevitabile, si accende in lui quella passione per i classici che diventerà un punto fermo nella sua opera di divulgazione culturale.

L’amore per internet, l’odio per i social media

In Rai ad appena ventidue anni, Umberto Eco tocca con mano quella che negli anni a venire diventerà uno dei suoi oggetti di analisi prediletti: la cultura di massa. I mass media e la società dello spettacolo diventano argomenti di articoli e conferenze, pamphlet e saggi: tra i più importanti ricordiamo Diario Minimo (Mondadori, 1963) e Apocalittici e integrati (Bompiani, 1964). Ovviamente con l’avvento di internet l’interesse di Eco passa dalla televisione al web, ed è interessante sottolineare come colui che aveva sognato una cultura in grado, finalmente, di propagarsi a macchia d’olio (da ricordare il suo progetto Encyclomedia) sia finito vittima di un furioso clickbait – che ha coinvolto tutte le parti in causa – dopo aver dichiarato durante una lectio magistralis all’università di Torino nel 2015 che “i social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli”. Certo, internet non è i social media, sebbene oggi ogni tanto si fatichi a crederlo, e Umberto Eco non poteva, nonostante la sua inventiva, neanche immaginarli.

Apocalittici e integrati, mass media

Ma forse siamo andati troppo avanti, nelle caselle labirintiche della vita di Umberto Eco, ed è bene tornare alla fine degli anni Cinquanta, quando entra ufficialmente nel mondo editoriale come condirettore editoriale di Bompiani. Sembra che Umberto Eco abbia il potere di moltiplicare le ore: mentre lavora per Bompiani, infatti, continua con gli impegni accademici, come docente universitario (a Bologna fonda il DAMS nel 1971) e studioso di Semiotica. A questo affianca una prolifica attività di saggista e giornalista. Collaboratore di tutti i maggiori quotidiani italiani, Eco ha una fortunata rubrica fissa su L’Espresso: La bustina di Minerva, i cui articoli sono stati raccolti da Bompiani nel 1999 in un volume con titolo analogo.

Il nome della rosa e il successo editoriale

Nonostante il suo ingegno multiforme, però, Umberto Eco è noto al grande pubblico come autore del Nome della rosa (Bompiani, 1980), un caso editoriale clamoroso, le cui vendite hanno superato i cinquanta milioni di copie. Il successo del romanzo è sicuramente da imputarsi alla sua sapiente struttura, che riesce a sovrapporre più piani interpretativi – dal thriller, alla teoria sul riso, al simbolismo religioso e letterario – che permette a diverse categorie di lettori di potervisi immergere in modo soddisfacente.

Il nome della rosa di Umberto Eco

Sebbene il suo secondo romanzo, atteso spasmodicamente da critica e pubblico, Il pendolo di Foucault (Bompiani, 1988), fosse uscito in un numero maggiore di copie, poi, sulla distanza non è riuscito a battere la fortuna del suo predecessore. In ogni caso, anche nel Pendolo di Foucault si possono riconoscere facilmente i temi cari all’autore: se prima le atmosfere medievali erano affidate ai monaci, qui l’indagine verte su misteri templari e la forte carica simbolica resta inalterata.

La nave di Teseo, Il pendolo di Foucault

Un aspetto, quello del simbolismo, che Eco porterà con sé in tutto il suo percorso narrativo, dall’Isola del giorno prima (Bompiani, 1994) e Baudolino (Bompiani, 2000), alla La misteriosa fiamma della regina Loana (Bompiani, 2004), una curiosa galleria pop, un pastiche di immagini legate alla nostra cultura popolare, in cui, con un escamotage narrativo abbastanza semplice, Eco porta il suo protagonista a passeggio lungo le strade di una memoria che riconosciamo condivisa dall’autore stesso.

Umberto Eco muore a Milano nel febbraio del 2016. Negli ultimi anni della sua vita, benché malato, continua nel limite delle possibilità a portare avanti i suoi interessi, impegni, passioni per il mondo culturale. In ultimo fonda, con Elisabetta Sgarbi, storico direttore editoriale di Bompiani, una nuova casa editrice, La nave di Teseo, presso cui è in corso di ripubblicazione – scadenza dei diritti permettendo – tutta la sua opera.

I suoi 30.000 libri invece, andranno all’Università di Bologna, che dedicherà un’intera ala all’interno della sua biblioteca per ospitarli tutti.

Fotografia header: Leonardo Cendamo, Getty Editorial, Settembre 2019

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