“Elegy for a Dead World” si ispira all’immaginario di poeti come Byron, Keats e Shelley e permette di scrivere versi e racconti messi a disposizione di una community. E se fosse usato nelle scuole?

Più che un videogioco Elegy for a Dead World (prodotto da Dejobaan Games nel 2014) è un vero proprio viaggio metafisico: il team di sviluppatori della  ha creato una quarta dimensione, un mondo nebuloso figlio quasi del pre-impressionismo del pittore William Turner, decadente e decaduto, popolato da ruderi, colossi di pietra, un’alba postatomica con le rovine dei fasti che furono.

Come ogni viaggio che si rispetti si è circondati da stimoli di vario genere, visivi e uditivi in primis e, qualora il gioco fosse realtà, verrebbe voglia di scrivere un diario: ecco, lo scopo del gioco è fondamentalmente questo, scrivere, riprodurre sotto forma di frasi materiche i sentimenti che un mondo onirico, immateriale e surreale può suscitare.

La suggestione è incoraggiata anche dai tre mondi in cui è suddiviso il gioco, ognuno ispirato, almeno nominalmente, a un poeta dell’Ottocento, George Gordon Byron, John Keats e Percy Bysshe Shelley

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“Nella parte bassa dello schermo, durante l’avanscoperta, compaiono alcune penne stilizzate che invitano alla scrittura: cliccandoci sopra, si legge uno spunto narrativo che è possibile cogliere per proseguire il proprio testo, ma anche ignorare (è sempre contemplata la modalità freeform). I suggerimenti alternano imbeccate molto generiche («50 mila anni fa qua vivevano…», «Se ascolti da vicino, puoi sentire…») ad altre più invasive, che pungolano a far sterzare la trama della storia («Tutto era sintetico. Non me ne accorsi se non quando…», «Qui ebbe luogo il loro errore più grande…») o a creare ribaltamenti prospettici, soprattutto nei finali, cui spesso si affida la possibilità di una sorpresa che scardini le fondamenta del racconto” scrive l’insegnante e poeta Francesco Targhetta (per Isbn ha pubblicato il romanzo in versi Perciò veniamo bene nelle fotografie) sulle pagine de La Lettura del Corriere della Sera, dove sottolinea anche la possibile importanza didattica del gioco: “Tra le diverse cornici narrative che il giocatore può scegliere prima di entrare in uno dei mondi, molte sembrano ideali per essere proposte in una classe (tra scuole medie e biennio delle superiori, direi), e infatti sono previste agevolazioni, nell’acquisto del gioco, agli insegnanti che vogliano riusarlo con i propri studenti: per far scrivere distici in rima, una lettera all’amata rimasta lontana, un decreto imperiale, un reportage giornalistico, un diario di viaggio. Per ogni mondo è persino prevista una cornice costruita su un testo già finito, nel quale bisogna individuare gli errori di grammatica: in questo caso, visto che non è data la possibilità di cambiare lingua, l’esplorazione può tornare utile a un docente di inglese”.

Il personale modo di intraprendere il viaggio può essere condiviso con la community dei giocatori e il proprio intervento, poesia o racconto che sia, può diventare uno dei più popolari tra gli utenti; insomma, dopo il successo del gioco Dante’s Inferno,  sembra che sia ancora la poesia a trionfare nel mondo del gaming, con la sola differenza che qui il protagonista deve/può far emergere la vis poetica nascosta dentro di sé.

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