Non tutti sanno che Yoko Ono è anche una scrittrice, ma soprattutto un’artista visionaria dalla sensibilità così proiettata nel futuro da non essere sempre compresa dai suoi contemporanei. La versione di Yoko che, invece, tutti sembrano conoscere è quella di “strega” nonché causa dello scioglimento dei Fab Four. Per fortuna Matteo B. Bianchi ha deciso di rendere pubblica la sua stima per l’artista attraverso un libro, “Yoko Ono. Dichiarazioni d’amore per una donna circondata d’odio”, in cui ripercorre la vita e le opere di una figura sottovalutata e vittima dei pregiudizi

Invece di procurarti uno specchio,
procurati una persona.
Guardati.
Usa persone diverse.
Vecchi, giovani, grassi, piccoli, ecc.

Questo è il Frammento dello specchio, una delle istruzioni che compongono l’unico libro di Yoko Ono, Grapefruit. Istruzioni per l’arte e per la vita (traduzione di Michele Piumini, Mondadori).

Non tutti sanno che Yoko Ono è anche una scrittrice, ma soprattutto un’artista visionaria dalla sensibilità così proiettata nel futuro da non essere sempre compresa dai suoi contemporanei. La versione di Yoko che, invece, tutti sembrano conoscere è quella di “strega”. I fan dei Beatles – e non solo – per decenni l’hanno – ingiustamente – additata come la causa dello scioglimento dei Fab Four.

Per fortuna non tutti la pensano così. E tra questi c’è lo scrittore Matteo B. Bianchi, fan dell’artista giapponese, che le ha dedicato Yoko Ono. Dichiarazioni d’amore per una donna circondata d’odio, in libreria per Add.

In poco più di duecento pagine in fondatore della rivista letteraria ‘tina ci porta a scoprire il mondo di Yoko, dall’infanzia privilegiata ma priva di affetto e contatto con i genitori in Giappone, alla vita bohémien a New York. E tra un capitolo e l’altro, inserisce anche excursus nel suo passato. Ad esempio, ci racconta come ha scoperto Yoko Ono: attraverso il lato B di (Just) Starting Over della Plastic Ono Band: “Essendo una canzone di Ono, per settimane non mi era venuta neanche la curiosità di girare il disco”, ammette. Ma quando si decide ad ascoltare Kiss, Kiss, Kiss, la sorpresa: “Provate voi da ragazzini ad ascoltare un orgasmo con vostra sorella minore a fianco”.

Una fascinazione, quello di Matteo B. Bianchi per Yoko Ono, che non è stata un colpo di fulmine. E lo stesso si può dire del primo incontro, nel 1966, tra Yoko e John Lennon. Ma “la prima notte che John e Yoko trascorsero insieme fu l’occasione per registrare il loro album d’esordio come duo”. Una notte insolita, ma perfetta per una coppia che contrastava ogni schema.

Matteo B. Bianchi con maestria svela i motivi per cui Yoko non poteva che essere odiata dall’opinione pubblica. Per prima cosa è straniera – e c’è una lunga serie di indizi che fanno comprendere come il razzismo abbia giocato un ruolo chiave nella crocifissione mediatica di cui Ono è stata vittima. Sia Ono sia Lennon erano ancora legalmente sposati all’inizio della relazione, lei con Tony Cox – con cui aveva avuto la figlia Kyoko, che in seguito sarebbe scomparsa per decenni dalla vita della donna – e lui con Cynthia Powell, madre di Julian. E poi Yoko era un’artista sconosciuta, mentre John, beh, era John Lennon, una divinità vivente. Il massimo affronto all’opinione pubblica arriva però in occasione della loro luna di miele ad Amsterdam: il Bed In.

Peccato che il dio vivente avesse trovato in Yoko la solida terra su cui poggiare, e con cui instaurare un sodalizio artistico e familiare. Fino all’8 dicembre 1980, quando Mark David Chapman spara a Lennon, uccidendolo.

Sei mesi dopo Yoko pubblica un suo nuovo album, con in copertina gli occhiali insanguinati del marito. E continua a lavorare, un disco dopo l’altro, e una performance dopo l’altra, per decenni. Nonostante le critiche. Nonostante gli insuccessi. Fino a diventare l’icona che è oggi. Eh, sì, perché, come afferma Matteo B. Bianchi, a un certo punto, ascoltare Yoko Ono, che ora lavora con il figlio avuto con Lennon, Sean, è diventato cool.

In Yoko Ono c’è un ritratto completo di una donna e dei pregiudizi che l’hanno avvolta per decenni, anzi ormai mezzo secolo. Ma che forse si stanno finalmente dissipando. C’è l’amore per l’arte, a un certo punto condivisa con John, poi tornata tutta nelle sue mani. E c’è la fascinazione e l’affetto che si provano per un idolo, ma anche tanta obiettività. Perché è facile scrivere della genialità, un po’ meno dei comportamenti peculiari e delle idiosincrasie del proprio beniamino. E invece Matteo B. Bianchi fa anche questo, per restituirci, più che un dipinto, una statua di Yoko Ono, che la rappresenta in tutta la sua tridimensionalità.

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