“La crociera” di Lara Williams è un’opera che si costruisce dal nulla per finire nel nulla, ma in questo chiama a raccolta le fissazioni della contemporaneità e le sbeffeggia: diretta, spietata, divertente…
La versione migliore di noi fa acqua da tutte le parti. Questo ci racconta La crociera di Lara Williams (Blackie edizioni, traduzione di Dafne Calgaro e Marina Calvaresi), secondo romanzo dell’autrice di Le divoratrici.
L’apatia rassicurante della routine quotidiana, l’illusione dell’upgrade finale, di continuare a lavorare su noi stessi fino al capolavoro: il meglio che può capitarci è trasformarci nel nostro nemico. Anche quando non sappiamo chi è il nemico.
Williams, invece, ce l’ha molto chiaro. La crociera è un’opera che, dal primo capitolo, dichiara di costruirsi dal nulla per finire nel nulla, ma in questo chiama a raccolta le fissazioni della contemporaneità e le sbeffeggia: diretta, spietata, divertente.
Ingrid lavora su una nave da crociera. Ci sta da cinque anni, nel suo passato un marito senza nome e una vita lasciata impacchettata. È assegnata a un negozio di souvenir e da quando è a bordo ha stretto solo due amicizie significative, i due fratelli Mia ed Ezra. Nel luogo delle mille possibilità, la metropoli galleggiante che offre ogni attrattiva, il loro passatempo preferito è giocare alla Famiglia, assegnandosi a turno il ruolo di mamma, papà e bebè.
Poi Ingrid viene presa a un programma di management, gestito dal grande capo in persona: Keith, solo nome di battesimo, atteggiamento da startupper e concezione orientalista dell’esistenza. Té matcha, filosofia del wabi sabi a tanto al chilo. Una rappresentazione chirurgica del perfetto guru della Silicon Valley, qui trapiantato in mezzo all’oceano.
La nave da crociera è il correlativo oggettivo d’elezione per raccontare il capitalismo: da Titanic, con la sua divisione in classi, a Una cosa divertente che non farò mai più di David Foster Wallace, che sottolinea l’eccesso dell’intrattenimento a tutti i costi e il vuoto che lo bilancia. Williams ha superato queste narrazioni – del resto la fase in cui viviamo si è arricchita di molti più aspetti – e il vuoto è quello che circonda la nave, non solo quello che le sta sopra.
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Ingrid trova la quiete nell’ambiente circoscritto, nei turni che ruotano, nell’imitazione della vita che rimane a terra e che non è mai all’altezza delle aspettative. Il programma per manager risveglia in lei una nuova voracità. Non è un termine casuale: già nelle Divoratrici Williams lasciava che la fame delle sue protagoniste si risvegliasse, fagocitasse tutto. Affermare la propria insaziabilità è ribellione.
Di contro, il corpo rifiuta quello che gli viene immesso a forza: più ci si riempie, più si è incapaci di contenere tutto. Il regista Ruben Östlund in Triangle of sadness, ambientato su uno yacht, fa vomitare tutti i ricchissimi ospiti a bordo. La loro cena raffinata fatta di aria di ostriche e spume di tartufo diventa un liquido giallo a spruzzo su tutte le pareti.
Non manca neanche nelle pagine di Williams l’osservazione degli stati del corpo: il sangue, il vomito, la pelle che si gonfia, diventa traslucida, tumefatta. Non è una scrittura cruda, ma una scrittura che si immerge con curiosità, e anche con un certo divertimento, in quello che consideriamo disgustoso.
In La crociera ogni eccesso sulla terraferma alza la posta in gioco: ma ogni volta che Ingrid sfida il potere, il potere a bordo la imita. La sua ribellione viene inglobata, diventa un nuovo requisito per essere una Ingrid ancora migliore.
Il titolo originale del romanzo è The Odyssey: un viaggio per mare che è un viaggio di ritorno a casa, a sé. Qual è, nella nostro società, il vero sé? Dove impera la narrazione dell’arrivare a una versione migliore, a essere completi; dove la necessità di sentirci speciali e scelti ci soffoca: come si ritorna a se stessi? Il lettore segue la “crescita” di Ingrid, sapendo dalla sua voce che non è una narratrice del tutto affidabile. Per quanto rovesci se stessa sulla pagina, nasconde qualcosa, in attesa che a qualcuno interessi abbastanza sapere tutto.
Un esercizio che le fa fare Keith è raccontare più volte lo stesso aneddoto, lasciando che ogni volta si sveli un dettaglio di più. La brutale onestà ci permette di riappropriarci della nostra esistenza: ma dove si arrivi quando finalmente ci sentiamo completi è un altro tema. Qualsiasi sia la fase della Storia che stiamo vivendo, è alla deriva: e se i ruoli si possono ribaltare, qual è il senso di pilotare una barca che affonda?
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Fotografia header: La crociera di Lara Williams (c) Justine Stoddart