“Amo soprattutto andare in Taiwan e in Corea. Ho la sensazione che in quei luoghi resista qualcosa della vecchia Asia, che altrove è andato perduto”. Su ilLibraio.it Banana Yoshimoto (in libreria con “Another world”) si racconta: parla dell’importanza della Natura, del suo rapporto con il Giappone e del nuovo romanzo, l’ultimo della saga intitolata “Il Regno”… – L’intervista

Banana Yoshimoto, pseudonimo della scrittrice giapponese Mahoko Yoshimoto, è tornata in libreria con Another world (Feltrinelli, traduzione di G. M. Follaco), l’ultimo volume della quadrilogia Il Regno. 

banana yoshimoto another world copertina

Another world racconta la storia di Kataoka Noni, la figlia di Shizukuishi, la protagonista dei primi tre volumi della saga; Kataoka Noni, che ha due papà e un rapporto difficile con la madre, giunge in queste pagine al compimento del suo percorso e dovrà imparare ad affrontare la perdita e la morte, in un viaggio tra Mykonos, Okinawa e Tokyo.

La scrittrice, classe ’64, molto amata in Italia sin dagli anni ’90, già autrice del romanzo Kitchen (Feltrinelli, traduzione di Giorgio Amitrano), conclude come un cerchio la saga, riportandola alle proprie origini: la storia ritorna ai temi che l’avevano aperta, dalla forza della natura e delle piante al potere dell’amore, sentimento incontrollabile e imprevedibile, che lega gli esseri umani l’uno all’altro. IlLibraio.it ha incontrato Banana Yoshimoto per parlare del nuovo libro e di diversi temi che le stanno a cuore.

Banana Yoshimoto, con questo libro ha concluso la quadrilogia de Il Regno, che effetto fa doversene allontanare?
“Devo confessare che rileggendolo ha avuto la sensazione di trovarmi davanti una scrittura quasi infantile. Ma scrivere per lungo tempo sempre degli stessi personaggi, seguendo il loro evolversi nel corso dei quattro romanzi, credo sia stato soprattutto un esercizio di perseveranza”.

Anche se in questo libro la focalizzazione si sposta su un’altra protagonista...
“È vero, i primi tre libri si concentravano sulla storia di Shizukuishi, questo invece si focalizza su sua figlia, Kataoka Noni; un personaggio che sento molto più vicino a me rispetto alla madre, in un certo senso”.

Cosa intende dire?
“Che mi trovo più vicina a Kataoka Noni che a sua madre, Shizukuishi. Per esempio, Noni vede la madre in modo parzialmente negativo, è come in conflitto con la figura materna; e in questo conflitto mi riconosco molto”.

Il tema dell’altrove rispetto al proprio Paese di origine è molto forte in Another world, sin dal titolo. A cosa vuole alludere?
“In questo caso il ‘mondo’ a cui il titolo fa riferimento non è un mondo fatto di nazioni, ma di natura: quello che ho voluto evidenziare è una Natura sempre più assente dal nostro mondo, per cui quando penso a un ‘altro mondo’ lo intendo letteralmente, un’altra Terra”.

Qual è il suo rapporto personale con la Natura?
“Essendo nata e cresciuta a Tokyo, è piuttosto limitato. Durante l’infanzia è stato pressoché nullo. Nel primo libro della saga, quando la protagonista lascia la montagna e ne sente nostalgia, io, scrivendo, tra me pensavo: ‘Ma perché? Si sta così bene in città!'”.

Quindi si può dire che la tematica naturalistica sia più ideologica che autobiografica?
“Sì. Certamente è ideologica la credenza nel potere che le piante avrebbero sulla nostra vita; è una cosa in cui credo fermamente e penso che dovremmo fare il possibile per preservarle. Ma è un discorso che vale anche per gli animali: in Giappone, per esempio, per mantenere l’equilibrio tra le specie animali, vengono presi provvedimenti che prevedono l’uccisione di alcuni di essi. Ciò è una cosa molto crudele”.

Lei che rapporto ha con il suo Paese?
“Ci sono diversi aspetti del Giappone contemporaneo che sento molto distanti dal mio modo di pensare e, per questo motivo, non posso dire di trovarmici veramente bene. Mentre ci sono molte zone dell’Asia dove mi piace  andare e dove mi trovo a casa”.

Per esempio? Dove le piace viaggiare?
“Amo soprattutto andare a Taiwan e in Corea. Sono luoghi in cui mi trovo bene perché ho la sensazione che qui esista e resista qualcosa della vecchia Asia, qualcosa di autentico, che altrove è andato perduto”.

Come è vissuta in Giappone la possibilità per le coppie omosessuali di diventare genitori, in un modo o nell’altro?
“Dal punto di vista strettamente legale non è prevista questa possibilità. Però nella realtà ci sono veramente molte coppie omosessuali che trovano diversi modi per crescere di figli. Ci sono coppie che hanno dei fratelli con figli e scelgono di crescerli come propri, per esempio. Oppure spesso, quando la coppia si rivolge a una persona esterna, che funga soltanto da genitore biologico per il concepimento, questa persona poi rimane a far parte della vita del figlio. È veramente molto comune”.

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