Su ilLibraio.it l’approfondimento che analizza la ricerca dell’identità sessuale (e dell’amore) attraverso opere come “Love my life” di Ebine Yamaji, “Il blu è un colore caldo” di Julie Maroh, “La Generazione” di Flavia Biondi e “Dykes: lesbiche, lelle, invertite” di Alison Bechdel

Che non esista soltanto l’amore eterosessuale è una realtà che, finalmente, trova ampia rappresentazione nel mondo dell’editoria e dell’intrattenimento. Fino a qualche tempo fa, invece, se ne occupavano soprattutto forme di cultura di nicchia: come il fumetto che, prima ancora di affermarsi come categoria editoriale mainstream, ha dato un contributo importante alla visibilità della comunità LGBT.

Nel 2009 è uscito Nuvole e arcobaleni. Il fumetto GLBT (edito da Tunuè), un saggio di Susanna Scrivo, traduttrice di manga, esperta di fumetto orientale e cultura giapponese. Nell’introduzione l’autrice descrive com’era dieci anni fa la distribuzione editoriale del fumetto: “Forse pretendere ulteriori suddivisioni al suo interno sarebbe davvero chiedere troppo. Invece, è proprio grazie a questa suddivisione che si è accesa la curiosità che mi ha portata a scoprire un mondo di storie a fumetti piene di sentimenti, passioni, emozioni e, in una parola, umanità. Storie e personaggi che farebbero innamorare chiunque, se solo fosse dato a chiunque l’opportunità di conoscerle”.

Per dare avvio alla trattazione è necessario fare un distinguo sui fumetti selezionati: cosa rende un fumetto LGBT? Lo fa l’orientamento o l’identità di genere dell’autore (che spesso si trova a scrivere una storia autoreferenziale), dei personaggi o del pubblico?

In definitiva, e questo è uno degli assunti a cui si è arrivati oggi, la rappresentazione è importante perché contribuisce alla visibilità della cultura LGBT e della sua comunità. Il fumetto, proprio in quanto più vicino alle culture alternative, negli anni è sempre stato un mezzo privilegiato per raccontare, nella totale libertà espressiva, storie di coming of age e coming out, storie d’amore e battaglie per il riconoscimento dei diritti.

La stessa Scrivo parte, per esperienza personale, dall’esempio dei fumetti giapponesi: in un certo senso pioneristici perché, sin dagli anni ’80, i manga si sono popolati da personaggi ambigui, dediti al cross-dressing e alla bisessualità, a partire da Lady Oscar e Sailor Moon. Titoli comunque rivolti a un pubblico di giovani donne, se non di adolescenti: in ciò si rivela l’assenza di giudizio della cultura giapponese verso l’espressione sessuale nel privato, in forte contrasto con la poco velata misoginia e omofobia che ne caratterizza la società.

Aspetti che colpiscono direttamente la categoria delle donne lesbiche, rendendola particolarmente vulnerabile: è anche come sfogo che nascono dei cult internazionali come Love my life di Ebine Yamaji (Kappa Edizioni, 2005) e My lesbian experience with loneliness di Kabi Nagata (2017, inedito in Italia).

Se il primo è diventato una sorta di manifesto LGBT generazionale per denunciare come la società giapponese sia assolutamente intollerante verso gli individui omosessuali, costretti a reprimersi e a camuffarsi, il secondo svela la diretta esperienza personale dell’autrice con la timidezza patologica e l’omofobia interiorizzata.

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È possibile tracciare un immediato parallelismo con Il blu è un colore caldo di Julie Maroh (Panini Comics, traduzione di F. Zicchiero), che ha ispirato il film La vita di Adele di Abdellatif Kechiche. Il libro, che ha generato una grande attenzione in Francia e poi nel resto del mondo, rappresenta uno degli esempi più importanti di storia di formazione e di scoperta della propria sessualità. Maroh ha poi continuato a scandagliare le diverse espressioni dell’amore LGBT nel volume Corpi Sonori, uscito nel 2017 sempre per Panini Comics.

In Italia sono due titoli a distinguersi in questo ambito, importanti perché in grado di uscire dalla nicchia della letteratura di genere e parlare al pubblico di storie ambientate nel nostro paese: il primo è Matteo e Enrico di Massimiliano De Giovanni e Andrea Accardi, datato 2007, riedito in una versione integrale del 2015 da Kappalab, e il secondo è La Generazione di Flavia Biondi, uscito per Bao Publishing sempre del 2015.

La prima ambientata a Bologna, la seconda tra Milano e un paesino del sud Italia: queste due opere sono legate dalla delicatezza con cui trattano l’amore e, soprattutto, la ricerca di identità. Flavia Biondi non nasconde l’importanza che il libro di De Giovanni e Accardi ha avuto nella sua formazione e aggiunge a tal proposito, in un’intervista a Gay.it: “La cosa importante è proporre letture che possano entrare nella vita ordinaria delle persone. Creare degli esempi, dei modelli vicini alla vita di tutti i giorni. Quando ero adolescente io, non ce n’erano. La graphic novel può fornire questo tipo d’esempio, storie che si mescolano alla vita delle persone, alla loro quotidianità”.

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La prima volta che il fumetto a tematica LGBT diventa un argomento di dibattito pubblico è con il lavoro di Alison Bechdel, fumettista americana nata nel 1960 in Pennsylvania, ispirazione per un’intera generazione di autori (non soltanto di fumetti). Diventata famosa tra gli anni ’80 e ’90 come autrice della prima comic-strip a tema apertamente omosessuale e una delle prime rappresentazioni del mondo lesbico nella cultura pop, Dykes to watch out from (in Italia raccolte nel volume Dykes: lesbiche, lelle, invertite di BUR – Rizzoli) è uscita ogni settimana dall’’83 al 2008 su vari quotidiani americani; proprio da una sua striscia nasce il Bechdel test, applicato universalmente come metro di giudizio per l’adeguata rappresentazione femminile in ogni tipo di narrazione (ma usato soprattutto per il cinema).

L’opera di Bechdel che segna in maniera definitiva la sua produzione, anche grazie ai riconoscimenti letterari internazionali, è Fun Home (Rizzoli, 2007, traduzione di M. Recchiuti), graphic novel in cui l’autrice racconta la propria crescita, la famiglia e la scoperta della propria identità sessuale: partendo dalla morte del padre, avvenuta in circostanze poco chiare, l’autrice riafferma la consapevolezza della propria omosessualità e quella del padre, attraverso continui riferimenti letterari, da Joyce a Kafka, e psicanalitici. Il lascito di questa storia, che risuona come un autentico classico, continua con la trasposizione in musical a Broadway del 2015 e con il graphic novel Sei tu mia madre? (Rizzoli Lizard, traduzione di Isabella Zani), che in un certo senso riprende le fila di chi rimane della famiglia Bechdel.

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Negli Stati Uniti, prima di Bechdel e prima dell’ondata di coming out di molti supereroi dei tempi più recenti, esistevano comunque diversi personaggi LGBT che animavano i comic book, soprattutto donne: è il caso di Love and rockets (Panini comics, 2014, traduzione di G. Agozzino), opera cult dei fratelli Hernandez degli anni ’80, e Strangers in paradise (Bao Publishing, 2013, traduzione di L. Favia), serie a fumetti di Terry Moore del 1993. In entrambe le protagoniste sono donne oltre qualsiasi convenzione, libere e forti, che spesso sono coinvolte in relazioni travagliate tra loro e che si allontanano dalla tipica eroina rappresentata in romanzi o film fino a quel momento.

Oggi i personaggi LGBT sono diventati la norma nei fumetti per adulti. Ma cosa accade quando vengono introdotti nelle opere rivolte a bambini e ragazzi? Come è facile immaginare, le polemiche investono spesso quei prodotti che affrontano questa tematica, come è avvenuto per la serie animata Steven Universe e le Crystal Gems (ora diventata una serie a fumetti per Tunuè, con la traduzione di O. Martini), in cui due personaggi femminili si dichiarano. Se l’obiettivo del fumetto che tratta tematiche LGBT è di spostare e abbattere i confini, probabilmente i prossimi sono proprio quelli rivolti all’infanzia.

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