“In Italia abbiamo decine di comuni privi di biblioteche funzionanti, o di librerie. Credo che la carenza delle infrastrutture della cultura sia la questione centrale su cui porre l’attenzione”. La legge sul libro, e in particolare la riduzione degli sconti, sta dividendo la filiera del libro. ilLibraio.it ne ha parlato con Giuseppe Laterza, secondo cui “la questione centrale oggi è la riqualificazione di tutta la filiera del libro in un tempo nuovo: l’attività tradizionale non basta più, né ai librai né a noi editori. Possiamo tener fede alla nostra missione di diffondere la cultura anche facendolo in modo diversificato…”. L’intervista, in cui si toccano le principali questioni aperte

In queste settimane la proposta di legge sul libro e la lettura, approvata ieri dalla Camera (qui i dettagli , ndr), e in attesa dell’esame al Senato, sta dividendo il mondo del libro. Se da un lato (cosa che capita assai raramente) i partiti si sono trovati d’accordo, lo stesso non è avvenuto tra editori e librai: da una parte c’è l’Aie (Associazione italiana editori), che rappresenta la maggioranza dei marchi grandi, medi e piccoli, e dall’altra si pongono Adei (Associazione degli editori indipendenti), Ali (Associazione Librai Italiani) e Sil (Sindacato Italiano Librai e Cartolibrai).

Tra i punti più discussi, la revisione della legge Levi del 2011, che regola gli sconti in libreria, e ai tempi definita norma “anti-Amazon”: si prevede infatti un abbassamento, dal 15% al 5%, del limite massimo di sconto applicabile. Scelta che non trova d’accordo l’Aie, oggi guidata proprio da Ricardo Franco Levi: “Tutti gli studi dimostrano che la lettura è connessa al Pil. La nuova riforma deprime questa miccia propulsiva, si presenta solo come riforma del prezzo, addossa tutto il fardello sulle famiglie e sui consumatori… questa riforma penalizza non il lettore appassionato e forte che compra comunque, ma proprio l’italiano medio che legge pochissimo e che sarà più disincentivato” (da un’intervista al Messaggero).

Il 16 luglio l’Assemblea della Camera ha approvato, apportandovi modifiche, la proposta di legge A.C. 478 e abb.-A. – QUI IL TESTO DEL PROVVEDIMENTO 

A favore della riduzione degli sconti ci sono invece Adei, Ali e Sil: “Per la prima volta questa proposta introduce regole ineludibili che permettono concorrenza più equa fra tutte le aziende che operano nel nostro settore. Questa Legge sancisce una cosa importantissima: la delimitazione chiara di sconti e campagne promozionali, sulla base di quanto avviene da decenni in gran parte dell’Europa, che permette di recuperare dal mercato quanto serve per offrire giusti compensi ad autori, traduttori, redattori, grafici, alle decine di migliaia di addetti del nostro settore, garantisce il pluralismo e la diversità culturale”.

Le due posizioni, dunque, sono piuttosto distanti. Da una parte troviamo quella sintetizzata da Annamaria Malato di Salerno edizioni, che è anche presidente della fiera Più libri più liberi, oltre che vicepresidente del gruppo piccoli editori dell’Aie, e che in un’intervista al Messaggero ha dichiarato che “abbassare lo sconto non aiuterebbe noi piccoli editori, ma andrebbe a influire negativamente sul mercato”. Per Malato, infatti, nel 2018 sono stati venduti libri per un valore (di prezzo nominale di copertina) di un miliardo e duecento milioni di euro, per una spesa reale degli italiani di 1,1 milioni, grazie agli sconti. Ora, se togliamo dalle tasche degli italiani cento milioni, aiutiamo la lettura o danneggiamo il mercato?“. Dall’altra si pone Adei, secondo cui “gli sconti selvaggi, o le promozioni continue, generano incertezza, aumentano la precarietà di tutta la filiera, abbassano drasticamente la qualità a favore della quantità. Decidono anche il tipo di offerta editoriale: più bestseller, meno ricerca, meno bibliodiversità“.

Forse, per inquadrare le divisione in atto e spiegare (l’inevitabile?) tensione di queste settimane, servono delle premesse: quello della scarsa diffusione della lettura è un problema storico, e non certo recente per l’Italia, mai concretamente affrontato dai tanti governi che si sono succeduti nei decenni; inoltre, venendo al presente, per l’intera filiera del libro, e non solo per l’economia nazionale, il contesto non è certo semplice. Dati alla mano, infatti, i lettori calano, tante librerie chiudono e la Gdo vive anni di crisi. Dal canto suo, Amazon avanza.

Abbiamo chiesto a Giuseppe Laterza, una figura stimata nel mondo librario, e un editore che in passato ha dimostrato capacità di mediazione, cosa pensa della polemica sugli sconti, e in generale di questa legge.

L’abbassamento del limite agli sconti influirà sui tassi di lettura?
“Effettivamente nel breve periodo c’è il rischio di un calo degli acquisti, penso per uno o due anni. Ma non credo che ci sarà un impatto significativo nel medio e lungo periodo: non è il livello dello sconto il fattore determinante nelle vendite dei libri. È la promozione della lettura – a cui è dedicata la gran parte della legge – il fattore decisivo. In ogni caso, nel breve periodo l’effetto più dannoso, su cui mi piacerebbe si concentrassero le attenzioni, sarebbe quello di rivedere al ribasso il bonus libri, che in questi anni ha avuto un evidente impatto sulle vendite. Mi auguro che editori e librai insieme pongano l’attenzione su questo punto”.

Sta di fatto, però, che in relazione a questa legge il dibattito si sta concentrato sugli sconti…
“È una vecchia diatriba, che negli anni ha diviso spesso il mondo del libro. Come altri settori merceologici, anche per i libri, in maniera diversa per ciascun editore, lo sconto e un possibile strumento commerciale. Ma a livello del mercato nel suo complesso – lo ripeto – non possiamo chiedere allo sconto di risolvere i problemi strutturali di un paese in cui si legge meno della media europea: neppure la legge Levi – che ha meritoriamente messo fine al caos e alle ambiguità precedenti – ha evitato il calo delle vendite conseguente alla crisi economica. La riduzione dello sconto ha probabilmente penalizzato la grande distribuzione, mentre il calo di vendite delle librerie indipendenti si deve ad altri fattori, come la concorrenza di Amazon. Allo stesso tempo, se si guarda al Regno Unito, dove non ci sono limiti agli sconti, i colleghi inglesi mi hanno sempre detto che non sembra esserci correlazione tra le vendite e gli sconti. Piuttosto, penso che per i lettori sia importante avere la certezza di trovare le stesse condizioni recandosi in piccole o grandi librerie, oppure acquistando online. In questo serve anche la responsabilità degli editori, mi riferisco alla sostanziale elusione della legge Levi, con continui aggiramenti nelle campagne promozionali”.

È ormai dai tempi della polemica sul Salone del libro di Torino che si assiste a una spaccatura nel mondo editoriale. Pensa sia possibile un riavvicinamento tra le parti?
“Credo che si possa recuperare un rapporto di collaborazione, in nome di interessi comuni, che guardano al medio-lungo periodo, e non al proprio orticello, all’immediato. A questo proposito, a Lecce, l’11 e 12 ottobre si terrà il Forum della lettura – Passaparola, a cui abbiamo invitato Aie, Adei, Ali, Sil, le scuole, le associazioni. In questi anni non sempre l’interesse comune è stato messo al centro, e nel tempo atteggiamenti di questo tipo finiscono per danneggiare tutti”.

In che modo?
“Al di là di singole eccezioni, come categoria negli ultimi anni gli editori hanno perso la fiducia dei librai. Ma, da illuminista, resto comunque ottimista, perché vedo un prevalente comune interesse ad allargare il mare in cui tutti nuotiamo: confido che nel tempo la ragione prevalga. Credo che un riavvicinamento sia possibile, oltre che necessario”.

Ma in concreto, cosa potrebbero fare gli editori per ritrovare la fiducia dei librai?
“È un discorso ampio, che prevede una maggiore collaborazione e apertura delle stesse librerie. A proposito di cambio di mentalità, alcuni librai stanno cominciando a comprendere che, per competere con Amazon – che, più che negli sconti, ha il suo punto di forza nella qualità e nella velocità del servizio -, devono attrezzarsi per comunicare la dotazione del libro che il cliente cerca nelle librerie vicine. Fino a qualche tempo fa era impensabile, oggi per fortuna non sono pochi ad aver capito che è un passo necessario. Oltre a questo, tornando alla domanda, in questo nuovo e non semplice contesto, le librerie devono ambire a diventare poli di promozione della lettura nel territorio, con la collaborazione delle stesse case editrici”.

Con quali modalità?
“Faccio l’esempio della Laterza, che 15 anni fa si è aperta all’organizzazione di eventi. Oggi siamo una delle prime agenzie che organizza eventi culturali in Italia, e questo ha portato a un aumento della redditività. Anche le librerie possono trovare nuove fonti di reddito dedicandosi all’organizzazione di eventi nei loro territori, e molte già lo fanno. In quest’ottica, una collaborazione tra editori e librerie porta a risultati concreti, anche quando si parla di coinvolgimento delle realtà scolastiche in cui promuovere progetti culturali. La questione centrale oggi è la riqualificazione di tutta la filiera del libro in un tempo nuovo: l’attività tradizionale non basta più, né ai librai né a noi editori. Possiamo tener fede alla nostra missione di diffondere la cultura anche facendolo in modo diversificato”.

Nella proposta di legge alla Camera non ci sono solo gli sconti: cosa pensa delle iniziative a sostegno della lettura introdotte?
“Ci si concentra tanto sul tema dello sconto, ma questa proposta di legge, pur mettendo a disposizione, per ora, risorse troppo limitate, e quindi inadeguate, ha il pregio di essere articolata e di prevedere una vasta gamma di azioni, dal tax credit per le librerie, al ruolo, ritenuto essenziale, delle biblioteche scolastiche (si parla esplicitamente di formazione del personale insegnante), passando per il finanziamento del Cepell, i ‘patti per la lettura’… Certo, per ottenere dei risultati concreti, è importate chiedere un aumento degli investimenti. Ma è un punto di partenza positivo il riconoscimento complessivo dell’importanza dei libri e della lettura per la crescita del Paese. Si è aperta una strada, segnando una discontinuità rispetto al passato. Non dimentichiamo che nel nostro paese questa è la prima legge complessiva sul libro e la lettura”.

Difficile, però, ottenere dei risultati con fondi assai limitati, almeno rispetto a quanto avviene in altri Paesi europei…
“È vero che l’Italia è il paese dell’ipocrisia, e che il riconoscimento in sé, senza risorse, vale poco. Ma meglio poco che nulla. E noi veniamo dal nulla, da classi dirigenti che non avevano mai messo al centro la promozione della lettura”.

Da questo punto di vista quali sarebbero le urgenze da affrontare?
“In Italia abbiamo decine di comuni privi di biblioteche funzionanti, o di librerie. Credo che la carenza delle infrastrutture della cultura sia la questione centrale su cui porre l’attenzione, ben più di altre, ma so anche che suscita meno interesse, sia perché gli eventuali effetti positivi si riscontrano dopo anni, sia perché è un tema che non suscita polemiche, su cui non ci sono divisioni. E sappiamo bene quanto i media preferiscano concentrarsi su argomenti che dividono… da questo punto di vista devo ammettere che noi editori siamo la preda ideale, vista l’abitudine a dividerci su tutto… o quasi!”.

 

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