Nadia e Olga, le due sorelle protagoniste de “La nuova stagione”, nuovo romanzo di Silvia Ballestra, devono tornare a casa per vendere dei terreni di famiglia nelle Marche. Nel corso della narrazione compiono lo sforzo di riappropriarsi dei luoghi, della lingua e dei ricordi. Ma nel mondo agricolo raccontato dall’autrice, che non si lascia mai andare a facili elegie, le donne restano marginalizzate – L’approfondimento

La nuova stagione, l’ultimo romanzo di Silvia Ballestra (foto di Isabella de Maddalena – LUZ), uscito per Bompiani, racconta di Nadia e Olga, due sorelle che hanno bisogno di vendere dei terreni di famiglia di cui sono proprietarie nelle Marche, nella Valferonia, una porzione di terra finzionale, ai piedi dei Monti Sibillini. La valle così descritta non esiste se non in ogni luogo del Centro Italia, che diventa esemplificativo: è un luogo di memoria agricola, di tradizione e di movimento, quello tellurico e quello delle generazioni più giovani che acquistano l’abitudine a tornare e sempre meno a rimanere.

Nadia e Olga non fanno eccezione: da giovani, hanno intrapreso una vita lontano da casa e dalla terra e si ritrovano, a disagio, a doverci avere di nuovo a che fare, invischiate in burocrazia, vecchi volponi approfittatori, nuovi mezzadri arricchiti ed emissari di multinazionali strampalate. Il loro percorso di riscoperta ha inizio in questo modo: arrancando tra una possibilità e l’altra, tra un colloquio con questo o quello interessato a comprato che spesso di vanifica, finché un compratore si fa avanti con forza e in poco tempo le due devono sistemare la terra, renderla presentabile, appianare ogni ostacolo presente.

La nuova stagione Silvia Ballestra

Il romanzo si apre con una passeggiata, un’ascesa contemplativa ai Monti Sibillini durante la quale conosciamo le due sorelle e l’Io narrante, una cugina di Nadia e Olga, che riceve i racconti attorno a cui ruota il romanzo: la vendita dei terreni della famiglia Gentile.

Nella prima parte del libro, l’Io narrante ci accompagna con una serie di micro narrazioni nella vita di Olga e Nadia: i fatti più importanti che le hanno portate con rassegnazione a vendere le loro terre. L’Io narrante conosce tutti e tutto, racconta e contestualizza la storia, facendoci entrare non solo nelle esistenze delle protagoniste, nei fatti specifici delle loro vite che le hanno fatte crescere e portate altrove, ma in un’atmosfera precisa, fatta di dialetti, paesi, strade di campagna e movimenti emotivi. Ci invita alla comunione dei fatti ma anche del gergo: “le lingue di questi posti, insomma, funzionano così. Devi masticarle, altrimenti non ti raccapezzi. Cioè ti pare che non siano del tutto incomprensibili – […] – ma in realtà nascondono insidie. E per comunicare con la gente, e seguire queste vicende, un po’ di fermano e un po’ di ascolano e pure un po’ di abruzzese bisogna orecchiarli. Anche nella pronuncia, nella cadenza. Ti devi adattare. Alla lingua e alla mentalità. O, come si dice, a lu genius loci“.

La lingua che racconta i monti e la terra è aulica, poetica, in certi passaggi eleva lo sguardo del lettore. La lingua che, invece, sostiene il racconto umano è a tratti ironica, a tratti cinica, malinconica nei passaggi di descrizione “generazionale” della giovinezza di Nadia e Olga, dunque quando affronta la memoria, quando cioè tratta la materia che riguarda “gli sforzi e l’umana piccolezza dell’avvicendarsi su quella terra”.

Il dialetto, inoltre, assume un ruolo fondamentale per spiegare in profondità gli atteggiamenti degli uomini: solo attraverso una cadenza dialettale si può conoscere fino in fondo le ragioni della terra, i rapporti e le relazioni che la regolano e rivendicarne, in questo modo, l’importanza rispetto alla lingua “pulita” ma meno efficace di chi arriva da più o meno lontano.

Lo sforzo che sia Olga sia Nadia compiono, il primo, è riappropriarsi dei luoghi, della lingua e dei ricordi: nel viaggio che le porta a gestire la vendita dei terreni è incluso anche quello della riconoscenza nei confronti di quei luoghi che le hanno formate e deluse in giovinezza.

Accanto alla vicenda principale, si sviluppano inoltre una serie di micro universi narrativi e corali che concorrono a definire la commedia umana di quei territori e di un mondo agricolo ancora vivo. Il geometra Palmieri, la Ciuff.co, il giallo legato alla morte di Giancarla e l’investimento nella ricerca del colpevole delle sue tre modiste, il terremoto che muove, letteralmente, le viscere della terra, la burocrazia pedante e descritta con tono canzonatorio sono portatori di figure umane che nella terra e nell’agricoltura trovano una ragione d’essere, uno sviluppo o, come nel caso di Giancarla e delle sue modiste, un territorio di scontro.

Il mondo agricolo che Ballestra tratteggia è declinato al maschile nella forza, nell’intenzione, soprattutto: nell’ostacolare l’universo femminile; le donne, in generale, sono marginalizzate dalla terra, dalla povertà materiale spesso legata a essa e l’affacciarsi dei nuovi mezzadri, delle multinazionali agricole che parlano ancora un lessico maschile sembra che non lascino spazio ad alcuna semplice risoluzione.

La nuova stagione del romanzo di Silvia Ballestra è dunque quella materiale della chiusura di una compravendita di terreni e quella emotiva della ricerca dell’identità personale e collettiva, azione quanto mai lunga, pericolosa e infruttifera; è inoltre quella delle continue mode alimentari che si avvicendano nella nuova vita agreste e che rendono la moderna vita dei campi piena di insidie.

Leggiamo un romanzo a tinte vivide che non si lascia mai andare a facili elegie di un mondo contadino che non c’è più; ogni rimando a un’epoca passata serve per spiegare meglio quella presente e ogni reazione nasce da un’azione precedente. In questo romanzo la ciclicità della vita e della terra sembra imbrigliare la storia delle Gentili, loro malgrado. Diversi sono gli impicci da fronteggiare, gli imprevisti da risolvere, ma in fondo né Nadia né Olga riescono ad avere un rigurgito di cattiveria nei confronti di quella terra, perché questa rappresenta il passato sì, ma anche il mezzo per crescere nel distacco.

La voce di Ballestra, ancora una volta riconoscibilissima e viva sorregge le vicende con il solito tocco della critica caustica e divertita, e con le note morbide che accompagnano le descrizioni dei luoghi, dei mondi finiti e di quelli a venire.

La nuova stagione è la storia di un movimento e un cambiamento che parte dalle sorelle Gentili e arriva fino in fondo alla terra, tra le radici degli alberi e nei campi, dove ci sono palme come mode da estirpare e vuoti da colmare, dove il terremoto rimescola le carte e gli uomini gli vanno dietro, apparentemente senza ragione se non quella della malinconia di ciò che non c’è più.

Fotografia header: Silvia Ballestra - foto di Isabella de Maddalena LUZ

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