Arriva in libreria il 7 novembre uno dei romanzi più attesi dell’anno: ilLibraio.it ha letto in anteprima “La vita bugiarda degli adulti” di Elena Ferrante, misteriosa autrice della tetralogia de “L’amica geniale”, che ha venduto circa 12 milioni di copie nel mondo. Le aspettative sono alte e la strategia di marketing non fa altro che aumentare l’acquolina dei lettori impazienti…

Il pdf è arrivato a mezzanotte e trentotto. Per scaricarlo era necessario inserire una password che l’ufficio stampa si era precedentemente preoccupato di diffondere ai giornalisti, tramite una mail in cui raccomandava discrezione e chiedeva, con estrema di gentilezza, di “capire la situazione”: La vita bugiarda degli adulti di Elena Ferrante, la misteriosa autrice della tetralogia de L’amica geniale, che ha venduto circa 12 milioni di copie nel mondo (1,5 in Italia, 2 negli Usa, dove finora è stata più amata sia dalla critica sia dal pubblico), è uno dei romanzi più attesi dell’anno. Le misure di sicurezza devono essere estreme.

Va bene, ci stiamo. In fondo non è completamente una novità: è successo qualcosa di simile anche a settembre con I testamenti di Margaret Atwood, un altro titolo che si è meritato l’etichetta di libro dell’anno. Si può capire. Le aspettative sono molto alte e, dopotutto, anche la strategia di marketing che la casa editrice E/O ha scelto di portare avanti – a settembre l’incipit, poi il titolo e la copertina, poi il pdf in anteprima e, infine, il 7 novembre l’uscita nelle librerie italiane – non fa altro che aumentare l’acquolina dei lettori impazienti.

la vita bugiarda degli adulti

Compresa quella di chi scrive, che si è trovata tra le mani, in piena notte, un testo importantissimo e desideratissimo. E allora, cosa fare? Le strade che si aprono, all’una e quarantacinque del mattino, sono poche. Si possono leggere velocemente le prime righe e tracciare un quadro generale che, quasi inevitabilmente, mette a confronto la nuova opera con i romanzi della celebre saga: si constata subito che la voce narrante del libro – quella dell’adolescente Giovanna, detta Giannina – è molto diversa da quella di Lenù, a cui i lettori erano affezionati; ci si rallegra che la storia sia sempre ambientata a Napoli, ma non più la Napoli del rione popolare, bensì una realtà in cui a risaltare sono le dinamiche borghesi e famigliari (emerge, proprio nell’incipit, via San Giacomo dei Capri, una strada a ridosso di uno dei quartieri più alti della città, il Vomero).

E poi? E poi si può – sempre molto velocemente, in fondo sono le due e trenta – procedere con la lettura, lasciarsi folgorare da alcuni dei passaggi più densi e salienti, citazioni impossibili da non riportare, come quella iniziale, già virale: “Due anni prima di andarsene di casa mio padre disse a mia madre che ero molto brutta“, oppure: “Povera te, pensavo, che sventurata. E avevo un trasporto emotivo per la mia stessa immagine tanto che una volta arrivai a baciarmi sulla bocca proprio mentre pensavo desolata che nessuno mi avrebbe mai baciata”. O ancora: “Lo abbracciai come negli ultimi due anni, da quando avevo voluto sentirmi grande, non era più successo, stretto stretto. Ma con sorpresa, con fastidio, gli sentii addosso un odore che non mi parve il suo, un odore a cui non ero abituata. Ne derivò un sentimento di estraneità che mi diede una sofferenza mista incongruentemente a soddisfazione”.

Si deve però andare avanti e macinare pagine, anche se è tardi, anche se ci si vorrebbe soffermare di più su questo romanzo che, per quanto possa scorrere grazie allo stile che contraddistingue la prosa della Ferrante, è denso di significati, di richiami e di analogie. Prima tra tutte quella con Menzogna e sortilegio di Elsa Morante, per il racconto capillare dei piccoli inganni e delle ossessioni che inquinano l’innocenza della protagonista, o anche qualcosa in comune con La più amata di Teresa Ciabatti, forse per quella sensazione di inquietudine e incomprensione che serpeggia tra i rapporti famigliari.

Si continua a leggere, e lentamente si apre un sistema di personaggi ampio, chiaro e definito: ognuno ha il proprio ruolo, una caratterizzazione che lo rende unico e che contribuisce a delineare un parco umano vario e dinamico. Ecco, anche questa volta, Elena Ferrante, autrice tradotta in circa 50 Paesi, non costruisce una storia, ma un vero e proprio mondo. Sarà anche per questa sua capacità che la precedente serie di romanzi si è adattata perfettamente quando è stata tradotta nella serie tv diretta da Saverio Costanzo.

È una fortuna, si pensa, poter leggere in anteprima quest’autrice che – incredibile – sembra non sbagliare nemmeno un colpo, che non delude nonostante la posta in gioco si altissima, nonostante potrebbe essere più semplice, più appetitoso, ridimensionarla, attenuare l’hype, insinuare il dubbio di un flop.

È anche un peccato, però, perché bisogna essere rapidi e scivolare senza indugio su tutto quello che il libro racconta: le piccole manie e le paure di un’adolescente, l’amore e il rifiuto per i genitori – estranei o forse nemici con cui si passa tutta una vita – , la scuola, le prime esperienze sentimentali e sessuali, le amicizie, lo spauracchio della zia Vittoria, figura centrale in cui “combaciavano alla perfezione la bruttezza e la malvagità”. Bisogna sorvolare anche sui momenti più intensi e coinvolgenti, quelli in cui la scrittrice sviscera, con la nota abilità, i sentimenti profondi e contraddittori di una ragazzina che si trasforma in adulta.

Si arriva quindi inesorabilmente al finale, dopo circa 5 ore di lettura – l’aveva preannunciato, sempre nella mail di sopra, il solito ufficio stampa -, ma quello che si vorrebbe davvero è che la narrazione non arrivasse mai all’ultima pagina. L’approdo, infatti, è spiazzante e sospeso: indizio, o forse semplicemente speranza, che fa immaginare l’inizio di una nuova saga.

 

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