“Ma se in questo gran parlare di patriarcato, il femminismo si fosse scordato dei padri?”. A queste e altre domande risponde il saggio di Katherine Angel “Bella di papà”, in cui non mancano riferimenti ai padri gelosi e iperprotettivi delle commedie romantiche, alle teorie della psicanalisi, alla letteratura e all’attualità – L’approfondimento

“Ma se in questo gran parlare di patriarcato, il femminismo si fosse scordato dei padri?”.

Sin dalla sua nascita, il movimento femminista ha lottato per scardinare quella cultura di discriminazione e sessismo che ha sempre gerarchicamente favorito gli uomini.

Uomini che nella quotidianità sono per noi amici, fidanzati, vicini, datori di lavoro. E spesso anche padri. Eppure, nonostante le molteplici riflessioni moderne sul concetto stesso di patriarcato, sembra che poco sia stato detto sul ruolo genitoriale da cui etimologicamente deriva il termine. Il nuovo saggio di Katherine Angel (in copertina, nella foto di Stacey Yates, ndr), Bella di papà. La figura del padre nella società contemporanea (Blackie Edizioni, traduzione di Veronica Raimo e Alice Spano), tenta di rispondere a quell’interrogativo iniziale ed esplora il concetto di paternità insieme alle sue implicazioni sociali e individuali.

Katherine Angel, Bella di papà

Siamo culturalmente affezionati all’idea del padre geloso, l’iperprotettivo Jack di Ti presento i miei che dichiara guerra al futuro genero perché nessun uomo potrà mai essere all’altezza della sua “principessa”. Guardare Steve Martin impazzire all’idea del matrimonio della figlia ne Il padre della sposa, quasi come se fosse un amante scaricato, ci fa sorridere e allo stesso tempo riusciamo a empatizzare con il suo dolore. Perché, ci diciamo, tutti i padri fanno così.

Attraverso questi e molti altri esempi, Bella di papà dimostra come nella nostra società tra padre e figlia esista un legame romantico, benché represso, benché determinato culturalmente, che troppo spesso diamo per scontato, senza considerarne le conseguenze.

“Dalle promesse di verginità, alle commedie romantiche che prendono le mosse dalla rivalità tra padri e fidanzati delle figlie” evidenzia l’autrice, “siamo incoraggiati a fantasticare sull’amore incestuoso”. E se a questo punto il discorso verte generalmente sull’analisi dei cosiddetti “daddy issues” delle figlie, traducibili nei termini del freudiano complesso di Edipo, Katherine Angel ribalta la prospettiva tradizionale e prende in esame quelli che per analogia possono essere chiamati “daughter issues”. Pagina dopo pagina, l’autrice disseziona il prototipo di mascolinità paterna intrecciando alcune delle principali teorie della psicanalisi con la letteratura, l’attualità e la cultura popolare.

Sono tanti i padri che popolano Bella di papà: ci sono padri soffocanti come quello di Virginia Woolf, modello delle dispotiche figure paterne di molti dei suoi romanzi; o pervasivi e ingombranti come l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, spesso accusato di avere con la figlia Ivanka un rapporto malato, dalle sfumature persino incestuose. Padri aggressivi, violenti, predatori. Ma ci sono anche padri deboli, infantili che infliggono dolore senza esserne consapevoli. Molti, forse troppi, sono semplicemente padri incapaci di essere tali, impreparati a quella che il pediatra e psicoanalista britannico Donald Winnicott definiva la “sfida della genitorialità”.

Proprio alla luce delle teorie winnicottiane, unitamente a quelle di Jacques Lacan e Melanie Klein, nel saggio di Angel femminismo e psicanalisi si incontrano: la famiglia patriarcale si rivela nella sua disfunzionalità e il padre-Re che custodisce la sua famiglia come una fortezza, impedendo lo sguardo verso il mondo esterno, viene spodestato. A patto, però, che si impari ad abbracciare la sana ostilità che si prova nei confronti del genitore e che lui faccia lo stesso verso la figlia, perché, ancora secondo Winnicott, è l’aggressività a permetterci di fare esperienza della realtà, di determinare la costruzione della propria identità, la vittoria del vero Sé sul falso Sé.

Laddove la funzione genitoriale fallisce, però, riecheggia il potere terapeutico delle parole. Secondo Angel, in assenza di quel genitore-specchio teorizzato da Winnicott, capace di accogliere l’emotività del bambino, scrivere può aiutarci a fare esperienza di noi stessi. Come accade a Vivian Gornick con la voce narrante del suo romanzo Legami feroci, attraverso la scrittura possiamo dare finalmente forma a quel genitore “sufficientemente buono”, quel padre in grado di resistere alla distruzione che l’amore di una figlia comporta.

Fotografia header: Bella di papà - Katherine Angel, foto di Stacey Yates

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